Opposizioni intrappolate nella loro stessa ambiguità sui conflitti

Opposizioni intrappolate nella loro stessa ambiguità sui conflitti

L’unità raggiunta nelle elezioni comunali a Genova è durata giusto il tempo necessario per una fotocopia e mezza. Le opposizioni si sono di nuovo divise, come se la vittoria “di tutti” fosse l’eccezione piuttosto che la regola. Sorprendente, vero? La divergenza si ripresenta su un tema strategico, perché si sa, per governare l’Italia è fondamentale avere opinioni contrastanti sulla politica estera.

Le manifestazioni del 6 giugno a Milano e del 7 a Roma non sono una semplice variazione di uno stesso tema, ma piuttosto due eventi che si guardano in cagnesco. La prima, messa in scena da Azione di Carlo Calenda e da Italia Viva di Matteo Renzi, si concentra sul tema dei massacri perpetrati dall’esercito israeliano a Gaza contro i civili palestinesi, non dimenticando di sottolineare le responsabilità del terrorismo di Hamas. La seconda, organizzata da Pd, M5S e Avs, sembra volere abbracciare un approccio più radicale fin dalle parole d’ordine. Le critiche a Netanyahu e al suo governo di destra rischiano di sfociare nell’antisemitismo, ma chi se ne frega, l’importante è essere solidali con la causa palestinese, giusto?

Il paradosso, che illumina il dramma del partito di Elly Schlein, è la sorprendente decisione di alcuni esponenti del Pd di partecipare a entrambi i cortei. Non la segretaria, naturalmente, ma una ventina di parlamentari ed eurodeputati “riformisti” che ci saranno sia a Milano che a Roma. Fantasticamente ambiguo, no? Questo mette ulteriormente in discussione l’unità della maggiore forza di sinistra, straziata tra l’agenda di politica estera anti Ucraina e anti Ue del M5S di Giuseppe Conte, e quella contraria di Azione e Iv. E naturalmente, rinfocola le polemiche contro un’ala moderata che si allontana sempre di più dal vertice del Pd. Come si dice, inevitabile, no?

Oramai, in nome di questo folle “spirito unitario” sponsorizzato da Schlein, ci possiamo solo aspettare altre sorprese. La politica italiana assomiglia sempre di più a un grande circo, dove ogni artista si esibisce nella sua numerosa e contraddittoria routine. Ma chissà, forse tutto questo ha un senso, sebbene misterioso e indecifrabile per i comuni mortali.

Oh, che meraviglia! In Italia, il partito continua a pattinare, cercando di mantenere insieme due posizioni che potrebbero anche essere opposte. Da una parte, abbiamo la storica strategia del Partito Democratico, che pratica una benedetta filosofia filoatlantica, europeista e mostra una disinteressata solidarietà verso l’Ucraina. Dall’altra, c’è l’emancipato “pacifismo” del Movimento 5 Stelle di Conte, che, paradossalmente, coincide con le posizioni anti-UE e pro-russe della Lega. E chi non ama un po’ di coerenza?

Il segretario di +Europa, Riccardo Magi, ha colto l’occasione per sottolineare l’assurdità di queste divisioni manifestando che «È un errore dividersi con due manifestazioni separate». Certamente, non ha nemmeno bisogno di sottolineare quanto sia ironico che chi dice “uniti si vince” sia proprio chi si disunisce sui temi più caldi come quello della condanna verso Gaza e la richiesta di fermare Netanyahu. Forse le due manifestazioni erano in competizione per vedere chi fosse più disinformata.

E indovinate un po’? Anche lui, il nostro caro Magi, si ritrova incastrato nelle contraddizioni della sua stessa parte. E così, per dimostrare la sua “leadership”, parteciperà a entrambi i cortei, come un artista del circo che salta da un palcoscenico all’altro, cercando di non cadere. Chapeau!

In sostanza, l’italiano medio guarda incredulo e si chiede: “Ma siamo seri?” In un panorama così confuso, non è sorprendente che i politici inseguano il consenso come cani dopo una palla. Magari un giorno arriveranno a capire che le contraddizioni non sono la soluzione — ma, ehi, chi siamo noi per rovinare lo spettacolo?

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