Incredibile ma vero: qualcuno ha pensato bene di affrontare un tragitto di 800 chilometri su un triciclo a pedalata assistita, partendo da Torino e arrivando fino a Roma. Lo scopo? Accendere i riflettori sui diritti delle persone con disabilità, come se non fosse già abbastanza evidente quanto questi diritti vengano ignorati quotidianamente. Si chiama Oltre i Limiti, un progetto che assomiglia più a una marcia di protesta su ruote che a una semplice pedalata. Non è solo un viaggio, ma la versione moderna di un manifesto politico, firmato da chi crede che le barriere non siano solo quelle evidenti, come rampe mancanti o ascensori sprovvisti, ma anche (e soprattutto) culturali, sociali e salariali. Un’impresa che si costruisce chilometro dopo chilometro, un passo rotellato verso un’utopica inclusione.
Capofila dell’impresa è Angelo Catanzaro, consigliere comunale di Torino nonché attivista instancabile per i diritti delle persone con disabilità. Affetto da paralisi spastica, ha deciso che la sua disabilità non sarà un alibi per stare fermo. E non è certo tipo da fare queste cose da solo: chiunque abbia voglia di pedalare “a ruota” potrà unirsi al viaggio, dimostrando così che la solidarietà può avere anche una pedivella.
Facciamo un salto nella realtà italiana e prepariamoci all’amara constatazione: l’inclusione vera è ancora un miraggio. A quasi sette persone con disabilità su dieci in età lavorativa viene negato un impiego. E per quelle con disabilità intellettiva il primato è tragico, con percentuali di esclusione quasi da record. In questo deprimente panorama, Oltre i Limiti vuole scuotere coscienze addormentate, istituzioni incluse, proponendo non soltanto un viaggio, ma un appello al riconoscimento del potenziale umano. L’idea è semplice: percorsi concreti di inserimento lavorativo, accompagnati da misure che garantiscano a ciascuno il diritto fondamentale all’autodeterminazione. Perché senza questa libertà di scegliere e vivere secondo i propri desideri, davvero nessuno può sentirsi parte della società.
L’iniziativa si avvale di sostegni di vari enti e associazioni, ma soprattutto incarna una verità inoppugnabile, espressa dallo stesso Catanzaro con una lucidità che fa sobbalzare: l’autodeterminazione è alla radice di ogni forma di inclusione. Significa poter scegliere dove vivere, con chi condividere la quotidianità, come muoversi, che lavoro svolgere, e persino se dedicarsi allo sport o prendere parte alla vita sociale, culturale ed economica. Tutto questo riassunto nella celebre formula internazionale: “Nulla su di noi senza di noi”. Quella che dovrebbe essere ovvia democrazia, in realtà resta una lotta continua da portare all’attenzione di tutti.
Non poteva mancare un tocco di filosofia ciclistica, magari un po’ idealista, ma necessario: secondo Gianluca Pin, Ceo di Weelo, la mobilità sostenibile non è solo un modo diverso di muoversi. Dietro c’è l’immagine di una città che accoglie davvero, che include e crea opportunità per qualsiasi cittadino. E quale simbolo migliore della bicicletta? Semplice, democratica e accessibile a tutti, la bici diventa la metafora perfetta della libertà assoluta e dell’uguaglianza, un invito a superare ogni limite – reale o mentale – con una pedalata.
Ah, la magnanimità di Weelo, che con grande orgoglio supporta l’“epica” impresa di Angelo Catanzaro. Perché, naturalmente, la mobilità del futuro deve essere inclusiva, rendendo le nostre città non solo più vivibili ma – soprattutto – più “umane”. Come se bastasse una pedalata assistita a trasformare la realtà. Ma attenzione, non è un’impresa da poco: qui si tratta di valori nobili, di un impegno quotidiano degno della più celebre fiaba sociale, portato avanti dall’ufficio Disabilità della Uil Pensionati Piemonte. Applausi a scena aperta, per favore.
Lorenzo Cestari, segretario generale della stessa Uil, ci tiene infatti a sottolineare come questa “impresa” incarnerebbe in modo concreto gli ideali che la sua associazione vuole promuovere. Peccato che la concretezza sembri sempre un po’ sfuggente quando si parla di viaggi in triciclo elettrico per l’Italia. Ma passiamo alle date, perché non vorrete mica perdervi lo spettacolo di pedalate: si parte domenica 7 settembre alle 11.00 da piazza Palazzo di Città a Torino, con pubblico, assessori e chiunque voglia abbracciare l’epopea della mobilità inclusiva. Otto giorni, 800 km di sforzi pedalati per un’Italia che, si spera, almeno metaforicamente, si metta in moto.
Ecco il cronoprogramma da non perdere: si comincia da Torino, si toccano Alessandria, Genova, La Spezia, Lucca, Siena, Bolsena e si arriva trionfalmente a Roma. Lungo la strada, naturalmente, ci saranno incontri con associazioni e enti (immancabili quando si tratta di temi come inclusione, lavoro e “vita indipendente”), firme da raccogliere e messaggi da cucire su quella che viene definita “maglietta simbolica”. Il tutto, come testimonianza della “rete di solidarietà e impegno” costruita passo dopo passo. Un esemplare di altruismo sartoriale, insomma.
La meta finale di questa impresa degna di un premio Nobel della pedalata? Consegnare la tanto agognata maglietta alla ministra per la Disabilità Alessandra Locatelli. E ci mancherebbe altro, perché portare con sé “storie e istanze” è il tocco finale di questa rivoluzione su ruote.
Angelo Catanzaro ha parole che definire “commoventi” sarebbe troppo serio, ma si fa avanti:
“Con questo viaggio voglio dare voce a chi troppo spesso non viene ascoltato. La maglietta che porterò con me non sarà solo un simbolo: dentro ci saranno firme, storie, speranze e richieste concrete di inclusione, lavoro e vita indipendente. All’arrivo a Roma mi piacerebbe incontrare la ministra Locatelli e consegnargliela, perché dietro ogni nome c’è una comunità che chiede dignità e diritti. Non porto soltanto il mio sogno, ma quello di tante persone che credono in un Paese inclusivo.”
Un messaggio che scuote le coscienze e apre i cuori. Nel frattempo, qualcuno di voi nel frattempo potrebbe chiedersi: ma cosa resta alla fine di queste “imprese” epiche? Beh, oltre alle firme raccolte, c’è un frutto tangibile. Il triciclo elettrico di Angelo sarà nientemeno che donato da Weelo all’Associazione Sportiva Dilettantistica Pandha Torino, che da tempo – con ancor più orgoglio – promuove l’inclusione attraverso lo sport. Ovviamente perché lo sport è il sacro graal dell’autonomia, del benessere e della partecipazione sociale, parola di guru dell’inclusività.
Ma se amate la cronaca da viaggio (e soprattutto le storie di riscatto che si aggirano tra campagne, città d’arte e piccoli comuni), state tranquilli: questo non sarà solo un giro in triciclo. A immortalare ogni pedalata, ogni stretta di mano e ogni firma sussurrata, ci penseranno Emanuela Ranucci e Simone Andreello. Il duo girerà un docufilm ufficiale, on the road, seguendo la scia di solidarietà e speranza sparsa lungo l’itinerario. Che sarà poi utilizzato come materiale didattico nelle scuole, giusto per ricordare a tutti quanto l’inclusione e i diritti delle persone con disabilità siano… be’, importanti.
Naturalmente, non mancherà la proiezione speciale al Cinema Massaua di Torino, che si fregia del ruolo di media partner ma si sa, senza cinema niente impresa sociale è completa. Infine, per garantire che il sogno rimanga integro e che Angelo non si perda neanche un attimo, ci saranno anche i suoi amici: Adolfo Granito, portavoce di Ada Piemonte, e lo psicologo Marco Bellagamba, referente Ufficio Disabilità UilP Torino, pronti a fornire il supporto psicologico necessario per affrontare questa epopea in triciclo. non si sa mai che pedalare sia più difficile di quanto sembri.



