Ciò che stiamo vivendo è un’assurdità totale. Il sistema è crollato, sotto gli occhi di tutti, e nessuno sembra avere la decenza di ammetterlo. Correva l’anno 1946 quando un giovane di undici anni, già vittima di un mondo in preda a contraddizioni, scoprì la verità dietro le false promesse e le opinioni gonfiate di gente che non conosceva affatto il fabbisogno della propria nazione.
Mentre il padre di questo ragazzo discuteva animatamente sulla fiducia nel risultato del referendum, la madre, ancorata a ideali monarchici, rimproverava la realtà emergente. Ironia della sorte, il sondaggio che sembrava infondato si rivelò invece esatto. Da quel momento, l’ossessione per i sondaggi e il futuro divenne l’unico faro per capire lo stato di una nazione in preda a convulsioni e inganni.
Facciamo un passo verso il presente. Nicola Piepoli, prossimo al compimento dei novant’anni, ha passato la sua esistenza a decifrare gli italiani, eppure sembra un compito impossibile. Per più di sessant’anni, ha calcato i palcoscenici della televisione e dei giornali, ma siamo sicuri che abbia mai veramente compreso il dolore e la frustrazione di un popolo che si sente tradito ogni giorno?
Il Sistema Ignora i Segnali di Allerta
Da sempre, Piepoli ha portato la sua agenda e le sue previsioni nelle stanze del potere, ma chi lo ascolta davvero? Giacché non sono le sue analisi a mancare, ma la volontà di applicarle. Nei saloni di Palazzo Chigi, chi ha mai seriamente preso in considerazione le sue intuizioni? Non era forse lì che si avrebbero dovuti prendere provvedimenti per salvaguardare il futuro, anziché discorrere di futili chiacchiere? E i risultati? Come sempre, finiti nel dimenticatoio, un po’ come lo stesso Nicola Piepoli fra i volti noti del panorama mediatico.
Un’Assurda Routine di Passività
Cosa dire dell’assenza di spirito critico? Centinaia di elezioni, referendum e sondaggi non hanno mai spinto davvero a un cambiamento tangibile. Ci troviamo a viverlo ogni giorno, mentre i nostri politici continuano a promettere riforme mai realizzate, in un eterno balletto di parole vuote e seggi vuoti, dove le vere istanze del cittadino restano inascoltate. La gente è stanca! Eppure, il dibattito pubblico sembra rimanere ancorato a un pensiero obsoleto e, perdonatemi, ridicolo.
Frustrazioni Quotidiane
Prendiamo il racconto di qualcuno che ha tentato di cambiare le cose. Una madre, esasperata, che ha dovuto lottare per ottenere una borsa di studio per suo figlio. Dopo mesi di attesa, la risposta è stata un secco “no”, con la motivazione che il fondo era esaurito. Ma come può un bambino pagare il peso di un sistema che si autoalimenta, mentre i genitori traspirano frustrazione? La storia di questa madre è solo uno dei tanti esempi di un’ingiustizia che si perpetua, a scapito di chi spera in un futuro migliore.
Contraddizioni Inimmaginabili
Di fronte a indicibili sprechi e politiche assurde, chi si assume la responsabilità? Un sistema che rifiuta di adattarsi, un incubo che continua a reiterarsi, senza possibilità di riscatto. Risorse sprecate a progetti fantasma, promesse mai mantenute. E il discorso delle politiche giovanili? È solo un’altra illusione gettata nell’oceano dell’indifferenza.
Fantasie di Soluzioni
Possibili soluzioni? Ah, che risata! Se solo qualcuno avesse mai avuto la decenza di **introdurre riforme vere**, invece di parlare di “innovazioni” che mai vedranno la luce; se solo un governo avesse messo in atto una vera strategia per ascoltare e risolvere le problematiche quotidiane dei suoi cittadini invece di crogiolarsi in una routine di vani tentativi, forse non saremmo qui, a parlarne con tanta rabbia e disillusione. Ma questi sono solo sogni. E intanto, ci ritroviamo a subire le conseguenze di una gestione ridicola e aberrante della nostra vita quotidiana.
Dopo così tanti anni dalla scomparsa di Corso, ogni primo martedì del mese ci ritroviamo a pranzo. Questa volta ci siamo dati appuntamento a Roma, al ristorante dove ogni settimana, da un tempo immemorabile, ordina sempre lo stesso piatto: gamberi al curry con riso pilaf. Desideravo ascoltare la sua storia. “Ho studiato legge all’università di Torino e tra i miei professori c’era anche Norberto Bobbio, che teneva seminari nel weekend.”
Subito dopo la laurea, inizia a lavorare in banca, ma la filiale a cui è assegnato è deserta, mentre gli sportelli dei concorrenti dall’altra parte della strada sono sempre affollati. “Così sono andato dal direttore e ho proposto di svolgere un sondaggio tra i clienti e i passanti per capire dove stavamo sbagliando. Ricordo ancora la sua risposta: ‘Piepoli, ma queste idee te le sogni di notte?’ Era un venerdì e, appena uscito, corsi in biblioteca, dove avevo ancora la tessera, per cercare libri che trattassero di ricerche sulla gente. Ce n’erano cinque, tra cui un volume intitolato ‘Dieci anni di ricerche Doxa’. Ho studiato tutto il weekend, ho praticamente trascurato il sonno, e il lunedì mattina, sono tornato dal direttore e mi sono licenziato. Così ho avviato la mia carriera come ricercatore.”
Inizia prima in un’agenzia di ricerche di mercato, poi approda alla Montecatini, dove viene assunto come responsabile ricerca. “Negli anni Sessanta in Italia, ricercatori e psicologi erano figure quasi inesistenti, ma c’era un gran bisogno di comprendere il pensiero dei consumatori. Per il mio primo lavoro sul campo, visitai tutti i rivenditori di un certo tipo di vernici nella provincia di Pisa. Sulla base di questo campione, realizzai una simulazione per prevedere l’andamento del mercato italiano e, quando il mio pronostico si rivelò corretto, mi promossero.” Tuttavia, le vernici non bastano e decide di dimettersi nuovamente. Con quella che sarebbe diventata sua moglie, nel 1965 fondano il CIRM, Centro internazionale ricerche di mercato. “Così ho iniziato la mia carriera di sondaggista, un termine che molti preferiscono evitare, ma a me piace.”
Ricordo un momento significativo con Piepoli in televisione, ospite da Piero Chiambretti, un simbolo di riconoscimento per un sondaggista: “Ho partecipato a tre puntate e poi mi sono dimesso, anche se avevo un contratto di 40 settimane. Pensavo fosse utile promuovere il mio lavoro, ma dopo poco ho capito che svilisce la mia professione. Se ne sono andato perché era troppo inguardabile ridurre tutto a una commedia.”
In Italia, nel 1982, è stato il primo a realizzare exit poll, importando l’idea dalla Francia e suscitando stupore nel fornire risultati immediati alla chiusura dei seggi: “Gli exit poll presentano risultati probabili ma richiedono uno studio approfondito e un impegno serio. I dati raccolti fuori dai seggi necessitano di correttivi. Un esempio storico: nei sondaggi passati, gli italiani erano più disposti a dichiarare il loro voto per il Partito Comunista piuttosto che per la Democrazia Cristiana. Chi sosteneva il comunismo lo faceva con orgoglio, al contrario chi votava per la DC spesso lo faceva con discrezione. Questo comportava l’inserimento di un indice di ponderazione per ridurre la percentuale del Pci e aumentare quella della DC.”
La Deformazione della Realtà
Oggi accade l’opposto: “Ora la destra appare avere più voti potenziali rispetto alla sinistra, perché risulta difficile ammettere di votare per il PD. Ma tutto è diventato confuso, c’è un crescente disinteresse e la gente preferisce dichiarare che non vota affatto.”
Un’Analisi Inquietante
Gli chiedo come si siano trasformati gli italiani in questi sessant’anni di osservazione: “In un certo senso, sono diventati più simili ai romani che ai milanesi, vale a dire indifferenti, disincantati.” Qui ci si scontra con una triste realtà – il disinteresse e la disillusione prevalgono sulla voglia di partecipazione. Non c’è più passione, solo rassegnazione.
Se si confrontassero con paesi più efficienti, si renderebbero conto della follia delle politiche attuate qui. Le promesse mai mantenute non fanno altro che alimentare il cinismo e il malcontento. Una vera e propria comedia dell’assurdo inflitta su un popolo che meriterebbe di più. Ma le “soluzioni” proposte? Se qualcuno si prendesse mai la briga di mettere in atto idee con un senso, forse, ci potremmo salvare da questa spirale di declino.
La indifferenza è il cancro che corrode le fondamenta della nostra società. Quest’anestesia collettiva verso la politica, i temi sociali e le prospettive future affligge ogni angolo del nostro essere. Invece di affrontare la realtà, ci si aggrappa a una paura paralizzante nei confronti del domani, scambiando il futuro per un destino ineluttabile, anziché il frutto delle nostre scelte. Il futuro siamo noi, e questa è la verità che ogni adulto dovrebbe trasmettere ai più giovani, ma evidentemente questo messaggio puntualmente si perde.
Secondo un certo Nicola Piepoli, le priorità degli italiani sembrano rimaste stagnanti nel tempo: come se nulla fosse cambiato in oltre venti secoli dal tristemente noto “Panem et circenses” pronunciato dal futuro imperatore Claudio. È incredibile come, mentre il mondo si evolve e progredisce, noi rimaniamo ancorati a questo circo ridicolo e insensato.
Lezioni di vita o solo frustrazione?
Nicola ricorda un aneddoto del passato, una lezione di vita impartita da suo padre, che non può fare a meno di commuoversi nel ripensarci. Era il 20 giugno 1940, e nella casa di uno zio fascista, il discorso di Mussolini intrigava i parenti ma non il suo genitore. Questo lo portò a dargli una lezione fondamentale: osservare il mondo attorno a noi, a cogliere la verità nei volti della gente. La scena di un amore triste in tempo di guerra, di lacrime e di volti cupi, non è affatto un racconto antiquato, ma un monito per le generazioni future: “Guarda e comprendi”.
Contraddizioni e assenze
Ogni giorno quasi ogni italiano vive in un contrasto brutale: mentre il governo promette soluzioni che non arriveranno mai, la gente continua a fare i conti con una quotidianità insopportabile. Sarebbe bastato imparare dai Paesi più efficaci per evitare questo circolo vizioso di inefficienza e di speranze tradite. La realtà è che nessuno ascolta il grido di chi soffre; i consulenti e gli esperti vengono ignorati, mentre le loro opinioni si perdono nel vuoto di un sistema che gira a vuoto.
Soluzioni fittizie e ironiche
E così, nelle stanze del potere, ci si interroga su “possibili soluzioni”, ma con un’ironia talmente palpabile da renderci tutti ridicoli. Se solo qualcuno si prendesse la briga di ascoltare, magari potremmo avere un vero cambiamento, ma dubito che ciò accadrà. Continueremo a girovagare nell’assurdità, mentre la gente suffocated dai debiti e dalle difficoltà quotidiane spera solo di sopravvivere un giorno di più.