Una delle mostre più importanti dedicate a Igor Mitoraj, artista polacco noto per le sue imponenti sculture, sta per concludersi il 31 ottobre. Intitolata Lo sguardo – Humanitas Physis, l’esposizione presenta 29 opere monumentali del maestro, distribuite tra il Parco Archeologico Neapolis, il Castello Maniace a Ortigia e Ragalna, sul Monte Etna. Paolo Patanè, direttore della produzione esecutiva della mostra, non ha dubbi sulla complessità e l’importanza dell’evento, come ha dichiarato durante il finissage dello scorso sabato.
Tra le chicche di questa manifestazione, le performance artistiche firmate da Gisella Calì, docente di musical theatre e creatrice di spettacoli di teatro immersivo, che hanno incantato i collezionisti e appassionati presenti. Le sue performance sono dedicate ai quattro elementi fondamentali attorno ai quali ruota l’intera mostra.
Patanè non ha lesinato nei dettagli, definendola “la mostra più articolata” incontrata finora. Tre location diametralmente opposte eppure tutte riunite da un filo conduttore potentissimo: il valore dei luoghi, tra archeologia e natura — Ortigia, Neapolis e l’Etna.
Il racconto, ha spiegato, va ben oltre la mera monumentalità delle opere. Qui non si parla di vulnerabilità umana ma di autodeterminazione, coraggio e della continua ricerca della libertà. Un passaggio emblematico da “guardare” a “vedere”: chiaro simbolo di consapevolezza, scelta e libertà. Insomma, nulla di meno che un viaggio nell’identità dell’artista — un artista che sembra far nascere le sue creazioni proprio dai luoghi dove le espone, quasi un’osmosi indelebile tra opera e ambiente.
Non a caso, Patanè ha sottolineato che la mostra dimostra come i siti archeologici, ben più di musei e gallerie convenzionali, possano e debbano dialogare con la contemporaneità. Ecco la sfida: riuscire a farlo non solo con Mitoraj, ma con altri artisti che sappiano raccontare la grandezza dell’arte, portando uno spessore culturale e una visione che, diciamolo, la nostra epoca piuttosto confusa e spezzettata non può proprio permettersi di ignorare.



