Modena si conferma paradiso sicuro: ciclabile scelta per rapine e stupri, catturato un 20enne finalmente—ma fino a quando?

Modena si conferma paradiso sicuro: ciclabile scelta per rapine e stupri, catturato un 20enne finalmente—ma fino a quando?

Come spesso accade, l’estate porta con sé anche notizie al limite del surreale, stavolta però con una dose extra di crudeltà e assurdità. Una giovane donna, mentre pedalava serenamente sulla ciclabile nella provincia di Modena, si è ritrovata vittima di un’aggressione che sembra presa da un film dell’orrore. E il colpevole? Un ragazzo di 20 anni, italiano, ma di origini marocchine, immortalato da un mix di indagini di polizia e tecnologia, e quindi finalmente finito dietro le sbarre.

Ecco la storia che fa capire quanto talvolta la realtà possa superare ogni immaginazione: la vittima, pedalando sul percorso chiamato Vivi Natura, precisamente a San Damaso, viene spintonata, trascinata in un angolo sperduto, legata mani e collo con una corda e obbligata a subire una violenza fisica disumana. Se tutto questo non bastasse, il giovane ladro si è pure preso la briga di rubarle la bicicletta, una costosa signora da 4.500 euro, per poi abbandonare qualche metro più avanti anche il telefono e altri oggetti personali della donna. Un assalto a tutto tondo, degno di un romanzo criminale con tanto di furto, lesioni e violenza, tutto racchiuso in poche, terribili ore.

Non si può certo dire che la polizia locale abbia fatto scena muta: giunta sul posto la Squadra Volante, la Squadra Mobile e persino la Polizia Scientifica si sono messe subito all’opera. La vittima, portata in ospedale per le cure di rito, ha trovato la forza – meritevole di applausi – di presentare domanda formale di denuncia offrendo agli agenti una descrizione precisa tanto da permettere la costruzione di un identikit accurato. Qui comincia il meraviglioso connubio tra tecnologia e giustizia: incrociando dati dalle celle telefoniche attive nell’area del crimine, gli inquirenti hanno puntato il dito su una utenza che combaciava con la presenza del sospettato al momento della violenza.

Il 30 settembre la procura di Modena ha decretato la perquisizione del domicilio del giovane, con tanto di fotosegnalamento. Ecco il colpo di scena: nella sua abitazione spunta la forcella della bicicletta rubata e pure gli indumenti indossati durante il misfatto. L’accusa si fa sempre più pesante. Il ragazzo, probabilmente senza un piano B decente, grazie ad alcune sue rivelazioni, mette involontariamente in mano agli agenti anche il telaio della bici, prontamente recuperato nel Canale di Castelfranco Emilia grazie all’intervento ardimentoso dei vigili del fuoco di Modena.

La scena impietosa si completa in ufficio dove la vittima, senza possibilità di errore, riconosce la forcella e il telaio come pezzi della sua amata bicicletta. La ciliegina sulla torta è rappresentata dal lavoro certosino degli esperti del Gabinetto regionale della Polizia Scientifica di Bologna: impronte digitali dell’indagato combinate con quelle trovate sugli oggetti personali della vittima, come il telefono e gli occhiali, dimostrano che il giovane ha toccato direttamente tutto quel che ha manomesso e si è lasciato dietro una scia indelebile di prove.

In tempi record, il pubblico ministero si è affrettato a ottenere un’ordinanza per la custodia cautelare in carcere, giudice compiacente incluso, che ha accolto la richiesta senza batter ciglio. Il giovane è stato trasferito immediatamente in carcere, lasciando le ciclabili di Modena un po’ meno sicure e ancora più amare, ma d’altro canto, fino a quel momento, tutto sembrava procedere come in un brutto incubo di fine estate.

Indagini rapide e una giustizia che non perde colpi (almeno questa volta)

Nonostante la gravità, l’intervento della polizia è stato efficace e tempestivo, nonché tecnicamente impeccabile. Dall’analisi delle celle telefoniche all’identikit fino al sequestro degli oggetti, fino al confronto delle impronte digitali: ogni passaggio sembra tratto da un manuale di investigazione di alto livello. Peccato che simili abilità investigative non sembrino sempre all’ordine del giorno in altri casi. Qui invece il sistema ha funzionato, ma senza certo disdegnare un po’ di quella spettacolarizzazione che fa bene ai media.

Certamente le indagini hanno fatto il loro lavoro, portando a una soluzione rapida e garantendo alla giustizia la possibilità di svolgere il suo compito. Resta però la domanda che aleggia: quanto dobbiamo ancora sopportare di casi così atroci che sembrano sfidare ogni senso di civiltà e sicurezza? Come ci rassicureranno per la prossima estate? Rinforzeranno solo le telecamere o, meglio ancora, la coscienza collettiva?

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