Finalmente, dopo un 18 mesi di attesa, la linea ferroviaria Milano-Parigi e Parigi-Milano si rimette in carreggiata, quasi come se fosse un grande spettacolo teatrale che cerca di richiamare il pubblico dopo un lungo intervallo. Ma facciamo un passo indietro: che fine ha fatto la frana del 27 agosto 2023 nella regione della Maurienne, in Francia? Questo evento ha portato alla sospensione del servizio, ma scommetto che non ne avete sentito parlare di recente, vero? Prima di questa interruzione, il servizio vantava una percentuale di occupazione del 83% e un milione di passeggeri nel primo anno. Peccato che l’entusiasmo iniziale ora rischi di affievolirsi sotto il peso di nuove polemiche.
Parlando di polemiche, non possiamo ignorare il malcontento della sindaca di Bardonecchia, Chiara Rossetti, la quale ha sottolineato quanto sia triste l’assenza di una fermata nella sua città: “Privare Bardonecchia della fermata dell’alta velocità significa danneggiare non solo il turismo, ma anche l’economia locale”. È un’osservazione pertinente, che tira in ballo il vero significato di integrazione territoriale. Quante fermate in più dovrebbero essere aperte prima che la Valle di Susa ottenga il trattamento che merita? Oulx e Bardonecchia: due nomi, un’unica, accorata richiesta. A meno che qualcuno non decida di ascoltarli, tutto rimarrà solo una bella storia da raccontare.
Nel frattempo, il ministro dei Trasporti francese, Philippe Tabarot, si preoccupa di infondere ottimismo sulla riapertura: “Oggi sarà l’occasione per rilanciare questa linea con l’Italia”. Certo, una dichiarazione che sembra promettere un futuro luminoso di ripresa e innovazione. Ma a che prezzo? E mentre il presidente di SNCF, Christophe Fanichet, si compiace dell’arrivo degli italiani sulla sua linea, ci viene da chiedere se davvero si tratti di crescita sostenibile. “È la dimostrazione dell’effetto positivo della concorrenza”, afferma, ma è proprio così? Sono davvero i passeggeri a crescere o è solo l’eco di una sapiente strategia di marketing?
La linea, con le sue quattro corse giornaliere, promette viaggi da 7 ore a partire da 29 euro. Tuttavia, un’analisi più attenta svela che il prezzo medio di un Frecciarossa si aggira intorno a 80 euro, mentre quello della compagnia francese è di circa 60 euro. È chiaro che la tentazione di cercare affari è forte, ma la realtà si rivela spesso molto più intricata.
Una visione utopistica? Non proprio.
In un mondo ideale, l’apertura di queste linee ferroviarie rappresenterebbe l’inizio di un’epoca di integrazione e progresso. Eppure, tra le promesse e la dura realtà, emerge un’altra questione: cosa accade alle piccole città quando il grande carrozzone del progresso si muove a tutta velocità, lasciando indietro chi non ha le risorse per salire a bordo? La vera sfida sta in questo contrasto apparente. E le soluzioni? Una possibilità potrebbe essere quella di stabilire un obiettivo strategico condiviso, che vada oltre il mero conteggio dei passeggeri e punti a una vera interconnessione tra i territori. Un sogno? Forse, ma considerando il contesto attuale, è sicuramente un sogno che merita di essere realizzato.