Il docente di storia del cristianesimo all’università di Modena e Reggio Emilia, un editore che si fregia del titolo di presidente de «Il Portico», ha la straordinaria audacia di proclamare che il Papato di Francesco è stato “un’avventura di freschezza ineguagliabile.” Oh, certo, è proprio da vero gesuita morire sul campo di battaglia… ma quale campo di battaglia! Chi avrebbe mai sospettato che guidare un’istituzione millenaria come la Chiesa, nel bel mezzo dell’era delle tweet, potesse essere così esaltante?
Alberto Melloni, storico delle religioni e, guarda caso, ordinario di storia del cristianesimo nella stessa università, ci regala perle di saggezza: “Se i Papi fossero amici di tutti quelli che dicono di conoscerli, non farebbero i Papi.” Già, perché trovare il tempo per essere un leader spirituale giusto, quando ci sono così tanti amici da gestire, sarebbe una follia. Amen, fratello!
Ah, la morte di papa Francesco, e noi tutti qui ad aspettare le ultime notizie… ma ci rendiamo conto della marea di notizie irrilevanti che fluiscono come un fiume in piena? Il dramma eterno delle notizie in diretta! Ma torniamo a cose più importanti, giusto?
Quando si parla di salutarlo, il nostro esperto di storia, un po’ nostalgico, ci racconta della sua “frequentazione” con il Pontefice. Un incontro a Firenze che ci offre una “schiticchio di capolavori russi” e una Madonna di Giotto. Oh, il sublime scambio culturale tra grandi opere, chi non lo desidererebbe? E il Patriarca che affronta temi “delicati” — ah, l’arte di evitare il conflitto!
Ma non finisce qui! L’editoriale editoriale lo ha portato a spedirgli un lavoro importante… perché quando un Papa è occupato a gestire la sua “freschezza”, è pur sempre bene avere un po’ di letture familiari sul tavolo, no?
Ah, e che dire del Pontefice, maestro dell’ecumenismo? Un uomo che moriva dalla voglia di “morire sul campo di battaglia”, ma che ha saputo far piangere quelli che si erano ritirati dalla religione per motivi che vivono solo nelle loro menti disfunzionali! Davvero un risultato degno di nota!
Riguardo al “governo della Chiesa”, il messaggero di Modena sottolinea uno stile “imperioso e verticale”. Una vera innovazione, considerate le innumerevoli critiche che hanno ricoperto i suoi predecessori. E chissà cosa ne penseranno le migliaia di anime in cerca di un “partito bergogliano”. Ma, ehm, non esiste, giusto perché Francesco stava decidendo di andare avanti da solo — un vero spirito ribelle!
Infine, non dimentichiamo la visita a Bologna. Gliene saremo grati per le sue parole di profezia, per averci ricordato che la via della Chiesa è quella della pace — un “diritto da non negoziare”. Niente di più che una semplicistica utopia in un mondo in fiamme, dove il dialogo viene relegato nel dodo della storia. E chissà, il nuovo Papa avrà la missione impervia di “ridisegnare la Chiesa”, perché evidentemente le cose non possono rimanere così semplici!
Umanamente, com’era? «Cosa vuole, l’ho conosciuto poco e malissimo, dava confidenza a intermittenza, cambiava continuamente interlocutori». Che bel modo di descrivere un incontro, vero? D’altronde, non è una novità che le persone di spicco come lui abbiano rapporti profondi come un laghetto secco nel deserto.
Da editore vi siete frequentati? «Siamo andati in udienza quando abbiamo rilevato l’Editrice missionaria italiana, la casa editrice che per primo lo tradusse nel 1992. Fu un’udienza buffa. Eravamo nella sala dove si è dimesso Benedetto, Francesco era in ritardo e i missionari si misero a cantare la preghiera. Non si fermarono nemmeno quando Francesco entrò. Lui non ebbe nulla in contrario, li fece finire ascoltando con piacere il loro canto. Del resto, era la gente con cui stava bene, quella che non aveva secondi fini». Ecco, amate quelle situazioni imbarazzanti dove tutti cantano mentre l’ospite atteso non sa se ridere o piangere.
Il viaggio in Emilia per il terremoto? «Ecco, questa era una sua caratteristica. La credibilità. Chiunque altro si fosse messo un casco in testa avrebbe fatto ridere. Lui no, perché era credibile». Ah sì, perché chi meglio di lui poteva incanalare quella serietà nel mettere un casco? Chissà, può darsi che per gli altri fosse semplicemente un travestimento poco riuscito.
In fin dei conti, non è incredibile come alcune persone riescano a trasformare una semplice azione in un simbolo di grande integrità? Certo, a volte si potrebbe dire che la linea tra credibilità e ridicolaggine è così sottile che si potrebbe usarla come un filo interdentale.
Ma, ehi, non c’è bisogno di preoccuparsi! La vita è bella e chissà, magari tra canti di missionari e caschi da cantiere ci sarà pure chi trova ispirazione nel caos dell’esistenza quotidiana.