Questa mattina, al solito elegante Quirinale, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha avuto la brillante idea di ricevere la gloriosa Nazionale di calcio femminile, sconfitta con onore alle semifinali dall’inarrestabile Inghilterra lo scorso 22 luglio. Una mossa evidentemente strategica: “Il vostro trofeo lo avete conquistato, avete mandato un messaggio alla società e al Paese”, ha sentenziato il presidente alle azzurre, dimostrando una sorprendente capacità di trasformare una sconfitta in un successo morale degno di lode.
Il nostro illuminato Mattarella ha poi voluto approfondire, citando niente meno che un riferimento all’articolo 3 della Costituzione, quel piccolo capolavoro che parla di uguaglianza e pari opportunità. Riferimento che la nostra eroina Sara Gama aveva già sollevato, a detta del Presidente, con la saggezza di chi sa scegliere le battute di circostanza: “Dalla preistoria per le donne è sempre stato tutto più difficile, per ogni cosa, questa condizione si sta superando, c’è ancora strada da fare ma è importante che lo sport serva anche a questo.”
Insomma, mentre gli uomini si godono comodi e inattaccabili i loro privilegi millenari, le donne inseguono, sudano e prendono calci – non solo quelli in campo – nella speranza che questo sport, evidentemente potentissimo, riesca a risolvere questioni sociali che avremmo pensato molto più complicate da affrontare nel terzo decennio del 2000. Forse il calcio femminile è la vera panacea dei mali italiani, e non ce ne siamo ancora accorti. Chi sapeva che una disfatta poteva valere un trofeo e una lezione di Costituzione? E chissà quali future battaglie sociali risolveremo con un pallone al piede.



