Puntuale e sorridente, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è presentato a Venezia, nel magnifico Palazzo Ducale, per la seconda giornata del Festival delle Regioni. Appena sceso in Riva del Todaro, nella celebre piazzetta di San Marco, è stato calorosamente accolto dal presidente del Veneto, Luca Zaia, e dal sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, prima di dirigersi verso la Sala dello Scrutinio, dove avevano luogo i lavori.
Non ha perso tempo, il nostro Presidente, e ha subito sollevato il tema centrale della discussione: «Ci sono numerosi casi in cui le Regioni e lo Stato collaborano per esercitare una funzione che spetta loro secondo la Costituzione, con l’intento di raggiungere risultati comuni», ha affermato, guardando i governatori con uno sguardo pieno di saggezza. Ma l’elemento cruciale è questo: «È indispensabile la convergenza e un corretto bilanciamento tra le diverse esigenze». Ma certo, perché non dovremmo mai dimenticare che la collaborazione, sotto forma di conferenze di vario tipo, è un modo per dare alla burocrazia un pizzico di legittimità. Senza questo nobile spirito di collegialità, dice lui, sarà impossibile tutelare gli «interessi fondamentali della collettività». Già, perché ci mancherebbe altro.
E se parliamo di salute, il Presidente ha un’illuminante perla da condividere: «Il concorso di Stato e Regioni nel raggiungere gli obiettivi sanitari è essenziale». E, perché no, è anche molto didattico! Ma il fine di questo balletto istituzionale? Semplice: il diritto alla salute dei cittadini. Un obiettivo che, sinceramente, sembra esplicarsi assai raramente nei fatti, ma chi siamo noi per contestare il grande Mattarella?
Quando si arriva al nodo delle risorse, il nostro Presidente è come un libro aperto: «Viviamo in un sistema con costi crescenti e, dal 2008-2009, ci siamo trovati a dover fronteggiare problemi di risorse e di razionalizzazione per migliorare i servizi ai cittadini», ha ribadito, quasi con riguardo. Certo, è un concetto semplice da digerire: un’unità di strategia e collaborazione tra istituzioni è tutto ciò di cui abbiamo bisogno per superare i famigerati divari tra i vari sistemi sanitari. Già, perché il bene comune sembra sempre essere la soluzione preferita, nonostante la realtà possa suggerire qualcosa di diverso. Ma, ehi, non disturbi mai un’idea astratta con fatti concreti, giusto?
Ma parliamo dell’autonomia, quella dolce melodia che fa vibrare le corde del governatore Luca Zaia. Il nostro amato presidente ha evidentemente colto la palla al balzo per enfatizzare l’importanza dell’autonomia. E così, il nostro Mattarella, che si ritiene un maestro della diplomazia, ha ribadito: “L’autonomia ha trovato una adeguata valorizzazione”. E chi non ama le frasi altisonanti? È assurdo come nel bel paese, questa autonomia sembri il santo graal, il rimedio a tutti i mali. E non scordiamoci di “sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione” – termini che suonano così bene insieme, quasi come un cliché di un film drammatico senza trama.
È curioso notare come questa meravigliosa autonomia si trasformi in una questione di “funzioni e competenze”. Ma, ahimè, per chi cerca di afferrare il significato di tutto ciò, l’ironia è che il sistema sanitario nazionale, quello che dovrebbe garantire prestazioni uniformi e accesso universale, si trova in una giungla di differenze regionali. Chi ha bisogno di coerenza, quando ci sono regioni che proprio non possono permetterselo? Del resto, il diritto alla salute è solo un’illusione, no?
Quindi, ci si aspetta che le varie regioni si impegnino a costruire un mosaico di servizi sanitari, dove alcuni pezzi sono dorati e altri di cartone. “È tutto un gioco di sussidiarietà!”, diranno, mentre i cittadini continuano a girare in tondo nella ricerca di una prestazione decente. Forse, una road-map sarebbe troppo semplice, ma chi lo sa? In fondo, l’autonomia è la nuova panacea – o sarebbe meglio dire, il nuovo miraggio – per tutte le sfide che il nostro paese affronta.


