Niente di meno, Elon Musk ha decretato che l’Unione Europea dovrebbe essere abolita. Il motivo? L’anziano visionario del tech ha appena ricevuto una multa di ben 120 milioni di euro (circa 140 milioni di dollari) per il suo social network X. Motivo ufficiale? Un “insidioso” badge blu e una trasparenza pubblicitaria definita… beh, inesistente. Ovviamente la Commissione Europea ha sentito il dovere di intervenire: durante due anni di indagini minuziose sotto il faro del Digital Services Act, la nuova legge adottata nel 2022 per mettere un po’ d’ordine nel caos digitale, è arrivata la batosta.
Da parte sua, Musk non si è certo sottratto alla resa dei conti: in risposta a un post della Commissione su X, ha semplicemente replicato con un sincero “Bulls—”. Sabato poi ha alzato ulteriormente la voce, dichiarando senza mezzi termini che “l’UE dovrebbe sparire e la sovranità restituirla ai singoli stati, perché i governi rappresenterebbero meglio i loro cittadini”. Una posizione che, guarda caso, non arriva in solitudine.
Infatti, la reazione americana non si è fatta attendere. Il Segretario di Stato Marco Rubio ha bollato la multa come un “attacco a tutte le piattaforme tecnologiche americane e al popolo degli Stati Uniti, orchestrato da governi stranieri”. Non meno roboanti le parole dell’ambasciatore USA all’UE, Andrew Puzder, che ha parlato apertamente di “eccesso regolamentare europeo che mira a soffocare l’innovazione americana”. D’altra parte, l’amministrazione Trump aveva già chiarito da tempo: niente censura e no a regolamentazioni opprimenti che colpiscono le compagnie USA all’estero. Il messaggio per l’UE? “Ci aspettiamo commercio giusto, aperto e reciproco — e nient’altro.”
La multa e le accuse: che peccato una spunta blu!
Ecco il dettaglio dell’affronto europeo: l’uso ingannevole del famigerato “check blu”, quel simbolo venerato online che ora si scopre essere, sorpresa sorpresa, una montatura che ha ingannato gli utenti; l’opacità totale sulla tracciabilità della pubblicità; e, infine, il mancato accesso ai dati pubblici per i ricercatori, quasi come se X fosse un club esclusivo e non una piattaforma social pubblica. La Commissione è stata chiara: con questa prima decisione di non conformità al Digital Services Act, si prende finalmente di mira “chi ha osato minare i diritti degli utenti e evitare responsabilità”. Peccato che la responsabilità sembri solo a senso unico…
A X sono concessi 60 giorni per presentare un piano volto a rendere trasparente l’uso del badge blu, mentre i problemi riguardanti l’archivio pubblicitario e l’accesso ai dati per la comunità scientifica devono essere risolti entro 90 giorni. Non rispettare queste scadenze potrebbe tradursi in multe periodiche, cioè in una vera e propria tortura finanziaria per il platform di Musk.
Ovviamente, né X.ai, la società proprietaria di X, né la Commissione Europea hanno voluto rilasciare commenti aggiuntivi, forse per lasciare tutto il gossip e le reazioni infuocate agli esperti di social e politica.
Così si consuma l’ennesima puntata del grande circo digitale: un magnate che grida al complotto, un’istituzione europea che si atteggia a paladina del consumatore e della trasparenza, e due superpotenze che giocano a rimpiattino diplomatico con le multe come palline da ping-pong. Nel frattempo, noi spettatori restiamo incantati dal paradosso di una “democrazia sovrana” che deve temere tanto un semplice segnalino blu.



