È proprio Luigi Abete il nuovo presidente di Confindustria Cultura Italia. Naturalmente, chi altri potrebbe dirigere un sistema federativo che rappresenta le industrie culturali e creative? È stato eletto dal consiglio generale in una sfolgorante riunione, che si è svolta proprio questa mattina, come se gli eventi importanti non abbiano già un modo di sorprendere tutti.
Ah, e non dimentichiamo la nomina di Nicoletta Righi dell’Associazione Italiana Editori come nuova direttrice della federazione. Un vero colpo di genio. Doppiamente brillante, considerando la profonda conoscenza del panorama editoriale italiano.
Abete ha commentato: “Ringrazio i colleghi per la fiducia dimostrata.” Certo! Standards da seguire, obiettivi da raggiungere… ma chi si aspettava diversamente? Prosegue affermando che Confindustria Cultura Italia è un “strumento fondamentale” per il rafforzamento dell’industria culturale nel contesto dello sviluppo del nostro Paese. Mettiamoci nei suoi panni: dove altro può esprimere visioni così illuminanti?
Ma aspetta! Confindustria Cultura Italia, secondo straordinarie e ottimistiche stime del Centro studi di Confindustria, crea un valore aggiunto di quasi 35 miliardi di euro, il che corrisponde a un meraviglioso 2,2% del PIL italiano. E non ci fermiamo qui: stiamo parlando di 690 mila posti di lavoro, che rappresentano un fantastico 2,7% del totale nazionale. È come dire che la cultura è in grado di generare miracoli, o quantomeno numeri rotondi.
Come se non bastasse, Abete afferma che “la cultura è l’anima di questo Paese”. Certo, chi non lo saprebbe? Il suo compito? Incrementare la consapevolezza del ruolo di chi produce e valorizza queste enormi risorse, come se la cultura avesse bisogno di un testimonial. Ma non preoccupatevi, i punti comuni di intervento sono già stati confermati: dalla valorizzazione industriale del comparto alla difesa del diritto d’autore. Perché perché non dovremmo tutelare i nostri insostituibili autori?
Parlando di progetti per il futuro, Abete ha delineato quattro direzioni chiare per i prossimi tre anni. Il suo piano include “investire e valorizzare il comparto con specifiche politiche industriali.” Un’innovazione che probabilmente sorprese anche i più audaci futurologi del settore. E, naturalmente, l’idea di “tutelare e valorizzare il diritto d’autore” è un classico che non passa mai di moda, perché in fin dei conti, chi non ama il buon vecchio diritto d’autore?
Affrontare il delicato tema della formazione e dell’occupazione giovanile nel settore culturale è davvero un’ardua impresa, non credete? Nonostante le belle parole, ciò che serve è una vera visione, ma chi penserebbe mai di investire in giovani talenti quando i festini e le conferenze regalano una visibilità scintillante?
Ma parliamo di Luigi Abete, che, a quanto pare, ha risolto il mistero, diventando un pioniere nella promozione di iniziative che avvicinano i giovani alle sue carissime imprese culturali. Con una carriera scintillante – da presidente di Confindustria a membro del cda dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani Spa – non c’è da sorprendersi se ha un’opinione su come guidare i giovani nel mondo splendente delle industrie culturali e creative.
In effetti, chi ha mai pensato che la vera formazione potesse nascere da centri d’arte un po’ troppo riservati, o da conferenze dove i giovani si perdono tra le parole altisonanti? Abete sembra avere la risposta, ma rimane da capire per chi, esattamente, questa risposta sarebbe realmente utile.
La realtà, però, è che mentre lui cavalca queste tematiche, il vero problema è a chi importa sottolineare che, ahimè, la democrazia nel lavoro e la meritocrazia sono ancora slogan da stilettate più che principi attuabili.
Ma aspettiamo e vediamo. Sarà curioso scoprire se queste incoerenti pratiche di avvicinamento porteranno davvero a un cambiamento o se rimarranno solo un affascinante discorso da evento, come tanti altri. Ma non fretteremo, dovremmo assicurarci una bella poltrona per osservare lo spettacolo.


