L’Ue scopre che TikTok e Meta giocano sporco con la trasparenza nel nome della legge tecnologica

L’Ue scopre che TikTok e Meta giocano sporco con la trasparenza nel nome della legge tecnologica

Il commissario europeo guarda con occhio vigile i colossi del tech, e sembra proprio che questa volta abbia colpito nel segno. L’ultima indagine della Commissione Europea, quella stessa entità che dovrebbe vegliare sulla nostra sicurezza digitale, ha deciso di dare una bella sberla a TikTok e Meta, accusandoli di una mancanza di trasparenza che lascia davvero a desiderare.

Ovviamente, non si tratta di una semplice tiratina d’orecchie: secondo l’esecutivo comunitario, entrambi i giganti della tecnologia hanno, udite udite, violato gli obblighi previsti dal tanto decantato Digital Services Act (DSA). Sembrerebbe che TikTok e Meta non abbiano esattamente aperto le porte ai ricercatori per un accesso “adeguato” ai dati pubblici. Una svista, o forse una dimenticanza davvero poco casuale.

Ma non è finita qui: per rendere il tutto ancora più esilarante, la Commissione ha anche puntato il ditino verso Meta, colpevole di non offrire agli utenti strumenti semplici e chiari per segnalare contenuti illegali o per contestare efficacemente le decisioni di moderazione. Un piccolo dettaglio, sicuramente trascurato tra un algoritmo e l’altro.

Le confortanti assurdità del Digital Services Act

Il Digital Services Act, quel prode tentativo europeo di regolamentare i servizi digitali e garantire un ambiente online “sicuro e trasparente”, si sta rivelando un capolavoro… di pure facciata. Perché, a giudicare da questi “primi riscontri”, non c’è molto di concreto sotto quell’involucro burocratico.

L’obbligo di garantire accesso ai dati ai ricercatori, ad esempio, suona bene solo sulla carta. Nella pratica, i vertici di TikTok e Meta sono riusciti ad aggirare le regole con la disinvoltura di chi ha ben chiaro chi comanda davvero nel mercato globale.

Quanto al famigerato “sistema di segnalazione” dei contenuti illegali, beh, si scopre che è più un labirinto di incomprensioni e bugie che uno strumento a vantaggio degli utenti. Una beffa di proporzioni epiche per chi contava sulla trasparenza delle piattaforme.

Un “breve” aggiornamento… da nessuno

Naturalmente, la Commissione Europea si è affrettata a parlare di “risultati preliminari”, sperando forse che la stampa e l’opinione pubblica dimentichino presto il capitolo. Ma i dubbi e gli interrogativi restano e si condensano attorno a questioni fondamentali: se le regole sono così facilmente aggirabili dalle corporazioni più ricche del pianeta, che senso hanno allora queste normative?

Intanto, gli utenti continuano a navigare a vista in una giungla di contenuti, spesso senza molti strumenti per difendersi da abusi, frodi o manipolazioni. Ma chi ha tempo di preoccuparsi di queste quisquilie quando bisogna scrollare l’ennesimo video di gattini o di balle spaziali virali?

Restiamo in attesa degli sviluppi di questa tormentata vicenda, sperando che la tanto sbandierata “trasparenza” non rimanga un altro di quei miti europei da cartellino rosso. Se poi le piattaforme reagiranno con la solita aria strafottente o con qualche leggina da emendare “in extremis”, beh, non ci stupiremmo affatto.

Siamo SEMPRE qui ad ascoltarvi.

Vuoi segnalarci qualcosa? CONTATTACI.

Aspettiamo i vostri commenti sul GRUPPO DI TELEGRAM!