L’Ue finalmente si sveglia e decide di blindare i suoi settori strategici dai soliti investimenti straniere troppo avventurosi

L’Ue finalmente si sveglia e decide di blindare i suoi settori strategici dai soliti investimenti straniere troppo avventurosi
UE, gli investimenti esteri in settori “sensibili” come difesa, semiconduttori, intelligenza artificiale, materie prime critiche e servizi finanziari saranno soggetti a un controllo obbligatorio da parte degli Stati membri. Ovviamente, questo serve a “individuare e affrontare” i potenziali rischi per la sicurezza o l’ordine pubblico, mica per altro.

Le procedure per i meccanismi nazionali di screening saranno “snellite”, un termine elegante per dire meno burocrazia e forse un po’ più celerità, rendendo l’UE un posto più “attraente” per chi vuole investirci. La collaborazione tra le autorità nazionali di controllo e la Commissione sarà intensificata, facilitando così la coordinazione e l’azione congiunta su rischi di sicurezza transfrontalieri. Non manca un tocco di genialità: la nuova legge riguarderà pure le transazioni all’interno dell’UE quando l’investitore finale è controllato da individui o entità fuori dall’UE, perché se c’è da farsi un po’ di paranoia globale, tanto vale farla per bene.

In una dichiarazione adottata come parte dell’accordo politico sul nuovo regolamento, il Parlamento Europeo e la Commissione concordano – con grande entusiasmo – sulla necessità di ulteriori azioni a livello di Unione per affrontare i rischi economici legati agli investimenti esteri. La Commissione si impegna pure a prendere un’iniziativa per fissare condizioni chiare per gli investimenti stranieri in settori strategici specifici. Come dire: facciamo la voce grossa, ma senza scomodare troppo.

Raphaël Glucksmann, relatore del Parlamento (S&D, FR), ha sintetizzato la faccenda così:

“Sono state trattative intense perché c’erano opinioni fortemente divergenti tra Parlamento e Consiglio sul concetto stesso di sicurezza economica e sul ruolo dell’Unione nel salvaguardarla. Alla fine ha prevalso lo spirito di compromesso e il risultato porterà miglioramenti importanti nel modo in cui gli investimenti esteri vengono gestiti dagli Stati membri e dalla Commissione. Procedure più chiare e rapide aumenteranno l’attrattività dell’UE, mentre un meccanismo di cooperazione snellito garantirà che tutti gli Stati membri possano sollevare efficacemente le loro preoccupazioni sulla sicurezza. I dibattiti col Consiglio hanno evidenziato la necessità di ulteriori azioni a livello europeo per assicurare non solo che gli investimenti esteri non costituiscano rischi immediati per la sicurezza, ma anche che portino valore aggiunto all’Unione. Accogliamo con favore l’impegno della Commissione a lavorare su questo tema. Il Parlamento è pronto.”

Anche Bernd Lange, presidente della commissione commercio internazionale (S&D, DE), ha voluto suonare la fanfara:

“L’UE accoglie a braccia aperte investitori da tutto il mondo che contribuiscono alla creazione di posti di lavoro, al trasferimento di conoscenze e all’aumento della produttività nel continente. Tuttavia, tali investimenti non devono compromettere la sicurezza o l’ordine pubblico dell’Unione. Il regolamento rivisitato sul controllo degli investimenti esteri offre agli investitori maggiore chiarezza sui criteri di rischio e stabilisce regole trasparenti e armonizzate per le autorità nazionali di screening. Obbligando tutti gli Stati membri a implementare un meccanismo di controllo e rafforzando la cooperazione tra di essi, il regolamento chiude le potenziali scappatoie per investimenti rischiosi nel mercato interno. Inoltre, il Parlamento Europeo ha efficacemente ottenuto un’estensione dell’ambito minimo dei meccanismi nazionali, garantendo che gli investimenti nei settori particolarmente critici siano controllati da tutti gli Stati membri.”

Un quadro normativo in aggiornamento: benvenuta complessità

Il regolamento attuale sul controllo degli investimenti diretti esteri è in vigore dal 11 ottobre 2020, con il bel compito di “salvaguardare la sicurezza e l’ordine pubblico dell’UE” fornendo un quadro per identificare e gestire i possibili rischi legati a investimenti esteri, senza però chiudere le porte ai capitali stranieri. Davvero un equilibrio delicato, se non fosse che la burocrazia è già di per sé un’emergenza.

Ha pure istituito un meccanismo di cooperazione tra gli Stati membri e la Commissione, perché l’unione fa la forza – o almeno così ci vogliono far credere. Dopo una valutazione approfondita, la Commissione ha presentato in gennaio 2024 una proposta per rivedere il regolamento, andando a tappare le “mancanze” riscontrate. Questa revisione fa parte del grande piano per la sicurezza economica dell’UE, perché nulla è più importante della sicurezza… economica, ovviamente.

Lunga vita alla burocrazia: i prossimi passi

Il tanto osannato accordo provvisorio dovrà passare ancora la prova formale, con l’adozione definitiva sia da parte del Parlamento che dal Consiglio prima di poter entrare in vigore. Insomma, il treno è pronto a partire, ma aspettiamo ancora un po’ di tempo per vedere se davvero decollerà o resterà bloccato in stazione.

Intanto, la solita commedia politica continua e l’UE si trasforma in un raffinato detective internazionale, con i suoi agenti nazionali pronti a scandagliare qualsiasi investimento che osi mettere piede nei suoi delicati meccanismi economici. Perché, in fondo, chi non vorrebbe un’Europa bella, sicura… e burocraticamente complicata?

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