In Lombardia, ogni anno, grazie a un’inarrestabile festa di cellule impazzite, si registrano più di 64mila nuove diagnosi di tumore. Inutile dire che ogni paziente dovrebbe essere coccolato con ben cinque vaccinazioni fondamentali: antipneumococcica, antinfluenzale, contro l’Herpes zoster, anti-Hpv e, ovviamente, contro il Covid-19. Peccato che, nella pratica, si stia assistendo a una brillante quanto incomprensibile “esitazione vaccinale” sia da parte dei malati che di chi dovrebbe prendersi cura di loro.
Entrando nel merito di questa impagabile situazione, la Fondazione Aiom (Associazione Italiana di Oncologia Medica) ha deciso di lanciare la riedizione del suo monumentale tour nazionale “La vaccinazione nel paziente oncologico” – la cui partenza è stata acclamata da dieci regioni italiane tramite incontri con oncologi, associazioni di pazienti e tutto il team multidisciplinare. La tappa lombarda si è tenuta al Policlinico San Matteo di Pavia, sostenuta – naturalmente in modo non condizionante – da GlaxoSmithKline, perché ogni buona opera ha il suo deus ex machina commerciale.
Lo scopo? Illustrare l’assurdità che ancora ci troviamo davanti: convincere chi ha il sistema immunitario ridotto a brandelli dalla malattia e dalle cure, a non avere paura di farsi somministrare quei cinque miliardi di inoculazioni protettive.
Angioletta Lasagna, oncologa del Policlinico San Matteo di Pavia e faro delle linee guida Aiom sulle vaccinazioni nelle neoplasie, puntualizza:
“In Italia i tassi di guarigione e sopravvivenza dei tumori migliorano sempre più, eppure l’assistenza non si evolve solo nelle terapie, ma deve abbracciare anche il benessere psico-fisico globale. Il paziente oncologico ha un sistema immunitario fragile, compromesso dal tumore e dalla chemioterapia, esposto a rischi di infezioni e ospedalizzazioni. Proteggere questi pazienti da complicazioni spesso fatali è fondamentale. La nostra società scientifica è stata tra le prime al mondo a stabilire linee guida precise su modalità e tempi di vaccinazione.”
Anna Odone, ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva all’università di Pavia, snocciola la soluzione definitiva per combattere questa riluttanza temperata all’eccesso di prudenza:
“Per aumentare l’adesione, le vaccinazioni vanno offerte nel luogo dove il paziente è già in cura, idealmente in ospedale. Fortunatamente alcune strutture lombarde hanno già adottato questo approccio.”
Tradotto: niente più corse tra una terapia e una visita per mettere un vaccino, ma tutto comodamente integrato nella routine ospedaliera. Cui prodest? Beh, certo, soprattutto al modesto benessere del paziente, ma anche a chi vuole far quadrare il cerchio organizzativo e finanziario della sanità.
L’incredibile realtà è che queste infezioni prevenibili da vaccino rischiano di mandare letteralmente all’aria le cure oncologiche, causando sospensioni temporanee dei trattamenti antitumorali. Eppure, inspiegabilmente, si continua ad alimentare sfiducia e timore verso i vaccini, quei semplici scudieri che possono invece salvarci la pelle. E così il virus dell’Herpes zoster, che colpisce molto più frequentemente i pazienti oncologici, resta il maleducato di turno, favorito sia dalla malattia sia dalla chemioterapia.
Lasagna prende la parola ancora una volta con un bel colpo di spada e un appello irriverente:
“Spetta a noi oncologi rompere le uova nel paniere della sfiducia, sensibilizzare malati e caregiver e smantellare queste paure immotivate. È questo uno degli obiettivi principali della nostra nuova campagna nazionale, che punta a coinvolgere tutta la rete degli operatori sanitari per aumentare la loro preparazione e impegno sulle vaccinazioni.”
La campagna “La vaccinazione nel paziente oncologico”, lanciata da Fondazione Aiom appena lo scorso aprile, non conosce pause: oltre al tour in dieci regioni, prevede la diffusione di opuscoli, la creazione di un portale informativo e la classica propaganda social per ricordare a tutti che, nel dubbio, il vaccino è sempre il miglior compagno di viaggio contro i tumori e le loro inaspettate complicanze infettive.