L’illusione europea dell’intelligenza artificiale SAP che già mette in cassaforte l’85% dei ricavi 2026 grazie all’assalto degli affari

L’illusione europea dell’intelligenza artificiale SAP che già mette in cassaforte l’85% dei ricavi 2026 grazie all’assalto degli affari
Microsoft a Salesforce. Ma attenzione, l’Europa non sta a guardare e fa il suo ingresso trionfale con un protagonista di tutto rispetto: SAP. Sì, proprio quella società in cui magari la maggior parte di noi pensava che l’AI fosse solo un argomento per conferenze accademiche e caffè amari nella Silicon Valley tedesca.

In un’intervista esclusiva a CNBC, il CEO Christian Klein si loda senza freni: l’intelligenza artificiale è “la ragione numero uno” per cui i clienti spalancano il portafoglio con SAP. E sapete cosa? Dopo la chiusura del quarto trimestre, è già firmato l’80-85% dei ricavi previsti per l’anno prossimo. Insomma, un successo annunciato con tanto di pipeline pronta per far girare la testa a tutti gli investitori, che possono tranquilli aspettarsi “un output molto positivo”.

Il backlog cloud di SAP è aumentato del 23% nel terzo trimestre, raggiungendo i favolosi 18,8 miliardi di euro. Nel comunicato stampa, che ha fatto capolino a tarda sera, Klein si dichiara contento e decisamente ottimista. Anzi, spiega con un sorriso a 32 denti: “Ora abbiamo il nostro trimestre più grande.”

I ricavi sono saliti del 7% a 9,08 miliardi di euro (circa 10,53 miliardi di dollari), appena sotto le attese degli analisti fissate a 9,15 miliardi di euro. Dettaglio da poco, considerato il +22% nelle entrate cloud, che Klein attribuisce al crescente mercato di AI e cloud dati.

Ma, calma, non tutto è rosa e fiori: la Deutsche Bank sostiene che SAP rimane una scelta privilegiata nell’high-tech europeo e nel software globale, peccato che l’azienda abbia appena corretto al ribasso le previsioni di fatturato cloud, portandole sul lato più basso della forchetta tra 21,6 e 21,9 miliardi di euro per il 2025.

Secondo gli analisti guidati da Johannes Schaller, “in un contesto di allungamento dei cicli di chiusura contratti e posticipi, SAP continua a fare bene. Anche se i rinvii hanno costretto l’azienda a rivedere al ribasso la crescita prevista per il fatturato cloud nell’esercizio 2025.”

Le azioni inizialmente volavano con un +2% all’apertura di giovedì, ma poi hanno deciso che era troppo bello e hanno tirato indietro chiudendo in calo del 2,5%. Un bel balzo all’indietro, ma non troppo: il titolo ha perso il 3% da inizio anno e il pubblico è evidentemente così entusiasta del comparto AI da tenersi le mani nelle tasche.

La strategia europea nel grande gioco dell’AI

SAP ha avuto il suo momento di gloria a marzo, quando è diventata brevemente la società più preziosa d’Europa grazie al vento favorevole sulla Borsa tedesca e, ovviamente, alla parola magica “AI”. Nel frattempo, la Unione Europea si è fatta mettere in croce per la sua legislazione sull’intelligenza artificiale. Evidentemente la chiave per “restare al passo con gli USA” è imporre una montagna di regole, perché nessuno ha mai pensato che gli imprenditori europei potessero in realtà voler innovare senza dover compilare un modulo in triplice copia.

Christian Klein è così cortese da esprimere un dubbio sulla strategia europea, confrontandola con quella più spregiudicata americana, che si potrebbe riassumere in un: “Dammi tutta la tua AI, la testiamo, affiniamo, ottimizziamo e vediamo cosa succede”. Nel Vecchio Continente, invece, si preferisce un’ostinata lentezza tra regolamenti e protocolli che nemmeno una burocrazia cartacea degli anni ‘70.

Il CEO appare però focalizzato come una luce laser sul valore reale, tanto da affermare senza vergogna che è “100% quello che cercano i clienti”. Naturalmente, il governo europeo e le aziende del settore si allineano con questa narrativa, mentre tutti sanno (ma fanno finta di no) che il grosso della formazione dei modelli di linguaggio su cui si basa l’AI è ancora appannaggio di Stati Uniti e Cina. La speranza riposta in Europa è quella di usare brillantemente ciò che altri hanno costruito: una sorta di riciclo tecnologico 2.0.

Klein definisce la formazione di grandi modelli linguistici una “commodity”, ovvero roba da nessuno si stupisce più. La vera questione, aggiunge, è che l’applicazione di AI diventerà sempre più fondamentale per le aziende. Inutile gridare al miracolo: SAP ha puntato tutto su questo e spera che prima o poi il mercato azionario si accorga di questa “scommessa.”

Lui insiste: “Non vogliamo solo cavalcare un hype, ma vedere una vera adozione. Roba concreta, non favole.” E giusto per non farci mancare niente, SAP ha pure qualche rapporto con la Cina, potendo agire “in Cina, per la Cina” nonostante le tensioni geopolitiche. Perché, si sa, la velocità con cui Pechino sviluppa l’AI, la scarsità di regolamenti e il suo enorme serbatoio di talenti sono semplicemente troppo allettanti per ignorarli.

Il core business di SAP resta offrire soluzioni cloud, gestione spese, controllo supply chain e analisi dati a grandi imprese che vogliono aumentare la loro complessità e confusione. Dopo aver ristrutturato pesantemente il business nel 2024, l’azienda si è pivotata verso i servizi AI, utilizzati già in finanza e nella gestione dei fornitori, sperando che il mantra “intelligenza artificiale” continui a riempire le casse e a salvare i bilanci. Chissà, magari è questa la vera grande rivoluzione europea.

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