Ah, il liceo classico Prati, un santuario dell’istruzione immerso in una tempesta che, a quanto pare, nessuno riesce a domare. Dopo l’ultimo capitolo di questa saga, ovvero la cosiddetta «verifica valutativa» – che suona molto più elegante di “ispezione” – condotta dall’assessora Francesca Gerosa, i toni non si sono affatto calmati. Anzi, l’eco del suo “basta polemiche” sembra più una fragorosa richiesta di silenzio, piuttosto che una reale soluzione.
La signora Gerosa, nell’eroico tentativo di giustificare l’invio delle ispettrici, ha spiegato che tutto è partito da «segnalazioni» (perché di altro non si può parlare) arrivate al suo ufficio e al Dipartimento. Ma chi pensava che questa chiarificazione avrebbe spento le fiamme si è clamorosamente sbagliato, dato che ora sono proprio i docenti a prendere la parola — e non per futili motivi polemici, eh! — bensì per manifestare quel sano senso di disagio e preoccupazione che scaturisce quando qualcuno ti delegittima in pubblico.
E così, più di 400 insegnanti (sì, più di quattrocento, mica bruscolini) hanno scritto una lettera al presidente della Provincia, Maurizio Fugatti. Un grido accorato che, guarda caso, non riguarda solo la questione Prati, ma soprattutto la «gestione comunicativa» dell’intera faccenda. Evidentemente, il modo in cui l’inquisizione è stata resa pubblica non è piaciuto, e Giove pluvio sembra aver avuto la peggiore delle piogge radiofoniche ed editoriali.
Gli insegnanti chiedono né più né meno di tornare a una «gestione rispettosa e istituzionale del confronto tra amministrazione e scuola». Tradotto: abbastanza con questa messa in scena mediatica che sembra più un reality show che una normale questione amministrativa. Perché, in fondo, il punto è questo: anche i docenti vorrebbero esercitare il loro lavoro senza sentirsi spiati, criticati e messi in mezzo come protagonisti di uno spettacolo indecoroso.
E non si tratta di quattro gatti: ben 436 firme raccolte in appena 72 ore, tra docenti di ogni ordine e grado, bambini della scuola dell’Infanzia inclusi (perché la solidarietà è un concetto a 360 gradi). Non proprio la maggioranza degli 8.000 insegnanti trentini, certo, ma abbastanza per farci riflettere sulla qualità dell’aria che tira in certe stanze del potere provinciale.
Incredibilmente, almeno per la storia recente, è la prima volta che un numero così alto di docenti si mette a scrivere una petizione così esplicita contro un assessore. E a cosa serve questa ribellione scritta? A rimarcare quanto poco apprezzata sia la strategia comunicativa adottata e, soprattutto, a chiedere il rispetto di un diritto fondamentale: lavorare in un contesto dignitoso, protetto e professionale, proprio come ogni lavoratore dovrebbe pretendere.
Il documento è apparso ieri mattina, 22 luglio, come un fulmine a ciel sereno tra i banchi dell’Aula consiliare, alle prese con la discussione sulla manovra di assestamento. I toni? Da dolce ninna nanna non ce n’è traccia, ma ecco la grande novità: Gerosa non apre bocca. La governance leghista, sempre pronta a sparare a zero su tutto e tutti, stavolta si limita a un silenzio degno di un monaco zen.
Per fortuna c’è chi prende la parola in casa Fratelli d’Italia, ovvero il consigliere Daniele Biada, che si lancia in una vigorosa difesa dell’operato dell’ufficio dell’assessora. Il presidente Maurizio Fugatti, novello oracolo, declina ogni commento, mentre il vicepresidente Achille Spinelli si limita a uno stringato “non ho commenti da fare”. Insomma, il contrattacco della maggioranza nei confronti dell’assessora? Al momento, zero. Si vedrà nei prossimi giorni, sperando che il silenzio non si trasformi in complicità.
Intanto, resta la lettera velenosa dei docenti, che si scagliano con veemenza contro l’operato dell’assessorato all’istruzione. La denuncia è esplicita: «Quotidianamente, l’assessora interviene sulle testate giornalistiche locali – spesso più di una al giorno – con dichiarazioni fortemente critiche rivolte al Liceo Prati, ai suoi insegnanti e alla sua organizzazione interna. La scorsa settimana la polemica ha persino varcato i confini locali ed è approdata su una testata nazionale, il Corriere della Sera. Tutte le testate locali, senza pietà né eccezioni, hanno diffuso una narrativa a senso unico, contribuendo a costruire un’immagine pubblica negativa dell’Istituto e del suo corpo docente».
I poveri studenti, nel mezzo di tutto questo teatrino, sono diventati i veri innocenti: «Vivono un clima di pressione e incertezza, così come le famiglie, in particolare quelle che ancora non conoscono la scuola e che la osservano ora con timore e diffidenza. Per non parlare degli stessi docenti, che si ritrovano a lavorare in un ambiente sempre più impregnato di disagio, precarietà e sfiducia».
«L’azione demolitrice» che nessuno si aspettava
I docenti, però, non si fermano qui e vanno subito all’attacco, bollando l’operato di Gerosa come “un’azione demolitrice”. Già, perché a loro avviso l’assessora avrebbe dovuto fare ben altro: «Credevamo che il compito di un’assessora all’istruzione fosse accompagnare, sostenere e valorizzare. Critiche, sì, ma costruttive. Questa, invece, è solo un’opera di demolizione».
Come se non bastasse, i docenti segnalano anche un allarmante aumento di casi in cui gli studenti non solo offendono ma addirittura si ribellano contro gli insegnanti: una professione che, tra equilibri sottili e delicatezze quotidiane, diventa ogni giorno più ardua. Un contesto che, arricchito da questa campagna mediatica orchestrata proprio da chi dovrebbe proteggerla, rischia di minare alle fondamenta il rispetto e l’autorevolezza dell’insegnante.
Coinvolgimenti politici e conflitti di interesse da manuale
Se pensavate che la confusione fosse finita, fate un respiro profondo. Nel mirino finisce anche Maurizio Freschi, presidente della Consulta per i genitori e vice presidente del Consiglio del sistema educativo, ma attenzione: anche consigliere nell’istituzione del Liceo Prati. Complimenti per il “groviglio” di ruoli, una vera ragnatela degna di studi specialistici.
Ma non è tutto: la tensione si infiamma quando si accusa Freschi di essersi schierato apertamente con l’assessora, condividendo quasi pedissequamente la sua linea d’attacco. Il tutto condito dal dettaglio non proprio trascurabile che entrambi militano nello stesso partito, Fratelli d’Italia. Una coincidenza formale, naturalmente, ma che rende grottesco il fatto che, proprio chi dovrebbe mantenere un ruolo super partes, abbia scelto di trasformarsi in portavoce di una guerra politica. Chiamiamolo conflitto di interessi, o almeno pessimo gusto istituzionale.
Ed infine, la ciliegina sulla torta: il silenzio tombale dei sindacati, che non si sono degnati di prendere posizione su tutta questa telenovela. Evidentemente, qualcuno ha deciso che meglio non disturbare il manovratore.


