Laura vive ancora nei tribunali delle nostre assurdità e le sue parole pestano i piedi all’oblio

Laura vive ancora nei tribunali delle nostre assurdità e le sue parole pestano i piedi all’oblio

Che sorpresa straordinaria: dopo un lungo “iter” burocratico degno di un thriller, Laura ha finalmente potuto trascorrere il suo fine-vita a casa, con accanto il marito. Un traguardo che sembra quasi un miracolo, considerando la macchina del fango istituzionale che vuole farci credere che il diritto di autodeterminazione sia solo un lusso per pochi. Ma no, caro Governo e parte della Chiesa, il diritto di decidere come vivere e morire spetta a tutti – parola di Stefano Massoli, il marito di Laura Santi, intervenuto al XXII congresso dell’Associazione Luca Coscioni a Orvieto.

Il racconto di Massoli è il perfetto esempio di come la burocrazia italiana possa trasformare una questione di diritti in una saga infinita. Dopo quasi tre anni di attesa estenuante, tra cause, ricorsi e addirittura due prenotazioni per una fine dignitosa in Svizzera prontamente annullate, perché evidentemente Laura si ostinava a trovare qualche barlume di speranza, il traguardo è arrivato. Ironico, vero? Invece di una macchina ben oliata per aiutare le persone, qui abbiamo un sistema che frena e confonde, costringendo chi soffre a continue lotte.

Massoli sottolinea con una precisione disarmante che, contrariamente a quanto si pensa – e magari si spera – chi sceglie il percorso di fine-vita non rifiuta le cure palliative a priori. Perché sembra quasi che ci sia un cliché da sfatare: ovvio che si cercano tutte le soluzioni possibili, ma quando arriva il momento di dire basta, nessuno è obbligato a soffrire oltre il necessario. Però, ammettiamolo, questo dettaglio sembra sfuggire a chi occupa poltrone e pulpiti.

Ed eccoci al momento della “vittoria”: Laura ha potuto consumare gli ultimi istanti della sua vita nella sua casa, vicino a Stefano. Ma la vera eredità che lascia, oltre alla tristezza, è un messaggio che fa tremare gli ipocriti e conforta chi lotta: “Non rassegnatevi mai”. E non è un messaggio da poco, visto che quel percorso faticoso e doloroso ha acceso un riflettore sulle contraddizioni di un Paese che proclama diritti ma li condanna a un obbligato limbo. Insomma, la storia di Laura è la testimonianza di quanto sia necessario tenere la guardia alta e non farsi incantare dai facili altolà politico-religiosi.

Infine, ci viene ricordato che la battaglia continua, nonostante le evidenti complicazioni e le reticenze istituzionali. La folla di sostenitori non manca – e chiunque abbia compreso la gravità della questione sa che senza questo tipo di determinazione, nessun progresso sarebbe raggiungibile. Un’eredità di coraggio che, per quanto amara, rappresenta una preziosa scintilla di lotta e speranza per chi verrà dopo.

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