Landini: Non è un referendum contro il governo, ma il voto potrebbe segnare l’inizio di una nuova era politica

Landini: Non è un referendum contro il governo, ma il voto potrebbe segnare l’inizio di una nuova era politica

Perché Maurizio Landini, segretario della Cgil, sostiene che l’informazione sui referendum sia carente? Beh, immaginate un mondo in cui i media ti ignorano e il governo fa finta di nulla. Così, la popolazione è all’oscuro che il 8 e 9 giugno si vota. Ma non preoccupatevi, non è un problema! Solo che, per la validità del risultato, ci vuole il quorum: il 50% più uno degli aventi diritto. Insomma, la disinformazione non è un gran modo per stimolare la partecipazione, vero?

Ci si chiede poi perché questi referendum non siano sotto i riflettori: Landini ha una spiegazione. Si tratta di una questione scottante: riunendo diritti del lavoro e di cittadinanza, ci si prepara a fare a pezzi le politiche recenti, quelle che hanno fatto piombare giovani e donne in un baratro di precarietà infinita. Pare che qualcuno tema di rimettere in discussione i rapporti di forza attuali e che il vero terrore risieda nell’osservare la nostra Costituzione in azione. Ma ehi, perché affrontare la democrazia quando il silenzio è così rilassante?

Non sarebbe stato più sensato optare per un paio di referendum semplici, invece di cinque quesiti tecnici? Non preoccupatevi, i quesiti di Landini sono suppergiù identici a quelli di un manuale d’istruzioni, tanto precisi da sembrare disegnati con un righello. Votando sì, se un licenziamento ti colpisce come un fulmine a ciel sereno, puoi riscoprire la gioia del reintegro. E nelle piccole imprese? Magia! Un aumento delle tutele, che meraviglia. Con un altro quesito, diciamo di sì al ripristino dei limiti ai contratti a termine, giusto per respingere la precarietà come un’invasione aliena. E non dimentichiamoci della salute e sicurezza sul lavoro: il sì rende le aziende responsabili anche nei subappalti. Infine, c’è il fantastico referendum sulla cittadinanza, in cui un sì potrebbe far svanire il periodo di residenza da 10 a 5 anni per chi lavora e paga le tasse. Un bel colpo di genio, non trovi?

Il Partito Democratico e i 5 Stelle danno manforte per il sì? Siamo solo all’inizio, quindi Landini nutre speranze che tutte le forze politiche, anche quelle che non si sono fatte vedere con la penna in mano, si uniscano per alzare il quorum. Si, avete capito bene: anche quelle che non hanno alzato un dito si sono impegnate a garantire il loro sostegno. È sempre confortante sapere che l’opposizione è dalla tua parte… o almeno così dicono!

La nostra richiesta è finita nel silenzio più totale da parte dei partiti della maggioranza e lasciatemi dire che questa cosa mi preoccupa non poco. Ma certo, perché mai dovrebbero rispondere? Meglio andare al mare, giusto? Questo silenzio sarebbe un atto antidemocratico. Ecco perché ho trovato fondamentale che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in data 25 aprile, abbia sottolineato l’importanza della lotta all’astensionismo per mantenere viva la democrazia. Che grande rivelazione, vero?

Ora, c’è una parte del Partito Democratico che non condivide questi referendum. Certo, non stiamo mica parlando di questioni serie. Io sosterrò la posizione ufficiale del PD, che ha votato all’unanimità per un sì pieno sui cinque quesiti. La democrazia è bella finché non si ha da discutere.

Come giudica l’atteggiamento del governo? Sinceramente, l’unico sentimento che vedo è un inquietante silenzio, che potrebbe essere per imbarazzo, ma chissà, è sempre difficile affermarlo con certezza.

Perché imbarazzo, vi chiederete? Forse perché i provvedimenti presi da questo governo vanno in direzione opposta a qualsiasi idea di progresso, sia sulla cittadinanza sia sulla liberalizzazione dei contratti a termine. Ma voglio chiarire che questi referendum non sono contro questo o quel governo, anche perché l’attuale maggioranza non ha votato il Jobs Act, quella legisla di Renzi che ogni giorno ci fa rimpiangere di essere nati. Questi referendum sono contro una cultura dominante, quella che Bergoglio ha definito la cultura dello scarto, che è stata il marchio di fabbrica di governi di ogni colore, dove il profitto e il mercato comandano come dei veri e propri tiranni. Noi, al contrario, vogliamo rimandare al centro il lavoro, le persone e i loro diritti. Una novità che ci stupisce, vero?

Basterebbe un semplice sì? Votando sì, ciascun elettore diventerebbe un vero e proprio parlamentare in grado di provocare cambiamenti immediati: 2,5 milioni di persone riceverebbero la cittadinanza come se fosse un regalo di Natale; 4 milioni di lavoratori assunti dopo il Jobs Act riacquisterebbero il diritto al reintegro. E chi non vorrebbe tornare al lavoro a sorpresa? Altro che imprevisti!

Si aprirebbe una nuova fase politica? Assolutamente sì! Immaginate una realtà in cui i giovani non sono costretti a emigrare come fosse una pratica normale. Una fase dove potremmo finalmente discutere di leggi sulla rappresentanza sindacale e sul salario minimo orario. Ma che sogno, volete scherzare?

I contrari ai referendum affermano che sono inutili perché il Jobs Act è già stato depotenziato dalla Consulta. Ma dai, chi non ama un buon depotenziamento? La Corte non è intervenuta su tutti gli aspetti di una legge scandalosa. I referendum vanno oltre e vogliono ripristinare le casistiche oggi escluse. Che senso ha voler fare di più quando si può semplicemente fare meno?

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