Lake Powell, il secondo bacino artificiale più grande degli Stati Uniti, ha perso quasi il 7% della sua capacità di stoccaggio dal lontano 1963, anno in cui è stato costruito il Glen Canyon Dam. Un rapporto appena pubblicato ce lo ricorda con tono più che sommesso.
Non solo la siccità trentennale a fasi alterne ha fatto il suo sporco lavoro, ma secondo gli analisti del US Geological Survey e del Bureau of Reclamation, il lago ha subito una perdita media annua di capacità pari a circa 33.270 ettari-piedi, o se preferite, 11 miliardi di galloni d’acqua l’anno, tra il 1963 e il 2018.
Per chi non è anglofilo, traduciamo: è come riempire la Reflecting Pool sul National Mall ben 1.600 volte. Sembra persino poco rispetto al disastro.
Ma perché questa incredibile perdita? Beh, la colpa è dei sedimenti portati dai fiumi Colorado e San Juan: questi simpatici depositi si accumulano pigramente sul fondo del bacino facendo diminuire lo spazio disponibile per l’acqua. Uno spreco niente male, davvero.
Poco più di un quarto del bacino era pieno – andate a controllare – appena lunedì scorso, secondo i dati aggiornati del Bureau of Reclamation. Qualcuno, forse, dovrebbe preoccuparsene un po’ di più.
Nel frattempo, la regione si crogiola tra carenze idriche da far invidia ad un deserto e incendi boschivi da manuale della catastrofe, tutto grazie a una siccità che sembra accanirsi con una tenacia degna di ben altre cause. Gli esperti della National Oceanic and Atmospheric Administration dicono che la situazione non solo persisterà , ma potrebbe addirittura peggiorare nei prossimi mesi. Che sollievo.
Il Colorado River Basin è uno snodo fondamentale: non solo Lake Powell, ma anche il vicino Lake Mead, il più grande bacino degli Stati Uniti, stanno evaporando a ritmi che farebbero impallidire la più stupida delle sciagure ambientali. Ad agosto, il governo federale ha ben pensato di dichiarare per la prima volta una carenza idrica ufficiale sul fiume Colorado, dopo che il livello dell’acqua del Lake Mead era precipitato a livelli mai visti, innescando tagli obbligatori al consumo per diversi stati del Sud-Ovest a partire da gennaio. Applausi.
Come se non bastasse, settimana scorsa il lago Powell ha toccato un livello critico di 3.525 piedi sul livello del mare, gettando ulteriore benzina sul fuoco delle preoccupazioni legate all’approvvigionamento idrico e alla produzione di energia idroelettrica, di cui milioni di persone nell’Ovest dipendono per l’elettricità .
Non si può sottovalutare l’importanza di questo sfacelo idrico lungo il Colorado: l’intero sistema serve infatti oltre 40 milioni di persone distribuite in sette stati occidentali e in Messico. I laghi Powell e Mead sono fonti cruciali di acqua potabile e irrigazione, supportando fattorie, allevamenti e comunità indigene sparse su vaste distese.
Tanya Trujillo, sottosegretaria per l’acqua e la scienza al Dipartimento dell’Interno degli Stati Uniti, ha voluto condividere questo toccante pensiero:
“È di vitale importanza disporre delle migliori informazioni scientifiche disponibili, come questo rapporto, per garantire una comprensione chiara della disponibilità idrica nel lago Powell mentre pianifichiamo il futuro. Il sistema del fiume Colorado affronta molteplici sfide, inclusi gli effetti di una siccità che dura ormai da 22 anni e gli impatti crescenti del cambiamento climatico.”
In pratica, pare che il problema non sia solo la siccità o i sedimenti, ma anche questo fantomatico “cambiamento climatico”, quel nuovo mostro perfetto che si accusa quando tutto il resto non basta a spiegare disastri sempre più prevedibili.



