«Si sente sempre dire che il Conclave sarà un lampo, pochi giorni, roba da nulla, ma io non mi fidavo. Così ho impacchettato sette camicie…». Le famose sette camicie del proverbio, perché eleggere un Papa è un lavoro gravoso, non è così, cardinale Mauro Piacenza? Il porporato genovese, che ha festeggiato gli 80 anni, quindi non in grado di votare, partecipò al Conclave del 2013 e, sorprendentemente, tutto si risolse in un soffio: appena un giorno e mezzo, dalla mattina del 12 alla sera del 13 marzo. La sera di papa Francesco.
«Quello che accade in un Conclave – dice incredulo sua eminenza – è completamente diverso da quanto traspare dai film, per esempio l’ultimo di Edward Berger. L’ho visto e, beh, un sacco di falsità: ma quando mai un cardinale è furente? Noi a Santa Marta, quando ci confrontiamo, possiamo al massimo far scappare un “Ma guarda un po’”, dopodiché ci salutiamo sempre con cordialità: “Sia lodato Gesù Cristo”. E ognuno torna nella propria camera».
Santa Marta, in questi giorni, è una vera e propria fiera di lavori in corso: «Vedo operai in azione, signore delle pulizie che preparano le stanze per i miei colleghi elettori in arrivo», racconta il cardinale Angelo Acerbi, l’unico non elettore autorizzato a restare nella residenza riservata ai conclavisti. Abita al quarto piano del palazzo e, per via dell’età, 99 anni portati con garbo, non subirà il destino degli altri ospiti, già relegati in alloggi temporanei nelle case del clero, lontano dalla zona off-limits – Santa Marta e Cappella Sistina – dove qualsiasi fuga di notizie potrebbe addirittura valere una scomunica, secondo le severe regole della Santa Romana Chiesa.
Ma il cardinale Acerbi, il più anziano mai nominato, assicura: «Io sono sempre stato un tipo riservato, perciò non chiederò notizie ai miei colleghi elettori sullo svolgimento delle votazioni. Per carità. Non rivelerò neppure a voi giornalisti quanto mi costa la stanza a Santa Marta». Ah, la riservatezza cardinale, un valore fondamentale che viene prima di tutto, specialmente quando si parla di tariffe alberghiere in un contesto così sacro e prestigioso!
Il 7 maggio, se avessi potuto votare, chissà per chi avrei scelto. Ma, per dirla con sincerità, mi aspetto solo un bel Conclave, visto che questo sarà l’unico per me, dato che il papa Francesco mi ha nominato il 7 dicembre.
È interessante notare come, durante il Conclave, ci siano delle restrizioni così severe per i cardinali elettori che sembra quasi una punizione corporale. Guai a infilare il naso all’esterno, guai a spiare i notiziari o accendere la televisione. «Ma io, onestamente, a Santa Marta, la tv l’ho vista la sera prima dell’elezione di Francesco, e guarda un po’, non sono stato scomunicato», rivela il cardinale Domenico Calcagno, 82 anni, originario di Parodi Ligure in Alessandria. Ironico, vero? Pensate, è addirittura vietato aprire finestre e persiane, perché, chissà, magari ci sarebbe qualcuno disposto a origliare. Eppure, nel 2013, un cardinale infranse la regola a causa di un caldo insopportabile; non chiedetemi chi fosse, ma certo è che fu molto imprudente.
La situazione, però, sembra essere migliorata, grazie alla decisione di Giovanni Paolo II di costruire Santa Marta. Mi raccontava il cardinale Giuseppe Siri che, quando morirono Paolo VI e papa Luciani nel 1978, i cardinali si trovavano persino a dormire fuori dalla Cappella Sistina, in corridoi e uffici su brande improvvisate. Che vita interessante, eh?
E che dire dei controlli draconiani sul cibo? «Beh, mi sembra saggio», commenta Calcagno. A San Pietro, mangiando nei ristoranti circostanti, è già capitato che dopo il pranzo qualcuno di noi venisse colto da dolori addominali. Proprio quello che ci servirebbe durante un Conclave, non trovate?
Tuttavia, secondo il cardinale Mauro Piacenza, non c’è nulla di cui preoccuparsi quando si tratta della cucina delle suore di Santa Marta. «Ricordo la minestra di verdure e la scaloppina a cena. Comunque, so cucinare abbastanza bene; quindi, quando le suore messicane non sono disponibili, mi prendo la libertà di prepararmi un piatto di pasta», afferma con un certo orgoglio.
Piacenza, oltre a portarsi dietro 7 camicie, si è imbattuto in due libri: «Erano L’imitazione di Cristo di Tommaso da Kempis e Meditazione sulla Chiesa di Henri-Marie de Lubac, ma non li ho letti molto; la maggior parte del tempo la passavamo a chiacchierare, già durante la colazione e prima della messa. Durante il Conclave si avverte una grande responsabilità, ma il Signore ci fornisce la forza necessaria».
L’americano Robert Francis Prevost, 69 anni, che è parte del conclave, si lascia sfuggire un po’ di evasività. «Non ho ancora pensato a cosa mettere in valigia, anche se manca solo una settimana all’extra omnes, ma scusate, ci hanno detto di non parlare…», dice, apparentemente preoccupato. Chissà cosa sta nascondendo!
Il cardinale francese Paul Poupard, 94 anni, un gigante della vecchia guardia, invece, è più semplice: «C’è una cosa che non mi è mai mancata nei miei Conclavi – il breviario. Quelli sono momenti cruciali per il destino della Chiesa, quindi è fondamentale pregare», afferma, come se nulla fosse. Ah, la sacralità!
Santos Abril y Castelló, 89 anni e nominato da Benedetto XVI, chiude in bellezza: «Nel Conclave del 2013 avrei voluto portare con me una racchetta da tennis, essendo un grande appassionato, ma sfortunatamente non è prevista un’ora di ricreazione nella Sistina».