La sicurezza sussidiaria: quando lo Stato passa la patata bollente al privato senza battere ciglio

La sicurezza sussidiaria: quando lo Stato passa la patata bollente al privato senza battere ciglio

Immaginate un futuro in cui la sicurezza urbana non è più solo compito delle forze dell’ordine, ma un brillante gioco di squadra tra pubblico e privato, condito da una dose salutare di tecnologia all’avanguardia. Questo, con il dovuto entusiasmo, ci viene gentilmente presentato da Giulio Gravina, il presunto visionario presidente del dipartimento sicurezza urbana e sussidiaria di Remind, durante il tanto osannato Forum Innovazione & Sostenibilità.

Gravina ci regala una perla: il ruolo delle guardie giurate dovrebbe crescere fino a diventare il braccio destro, se non addirittura sinistro, della polizia locale e delle Forze Armate. Perché accontentarsi di un solo esercito quando puoi averne due, giusto? Il nostro eroe lancia un appello alle istituzioni, invitandole a considerare l’ingombrante e imprescindibile presenza della vigilanza privata in programmi come Strade Sicure. Una proposta al limite della genialità per “liberare” risorse pubbliche da destinare a compiti “strategici” come la difesa della Nazione, mentre le guardie giurate fanno il “lavoro sporco” a livello locale.

Come ciliegina sulla torta, Gravina ci ricorda con tatto che la categoria delle guardie giurate reclama da tempo un trattamento da prima classe: protocolli condivisi, percorsi formativi certificati e, perché no, addestramenti fianco a fianco con le Forze Armate. Non manca l’esempio di alta cucina militare, con corsi di protezione antipirateria impartiti dal naviglio nazionale e organizzati dalla Marina Militare, perché se devi temere dei pirati in città, almeno fatelo con stile.

Nel suo discorso – un vero manifesto futurista della sicurezza urbana – si sogna non solo l’installazione di videocamere ovunque, ma anche l’uso degli istituti di vigilanza privata per integrare la presenza umana con gadget tecnologici da film di fantascienza: droni, monitoraggio intelligente, e persino analisi predittive (forse per capire quando il vicino di casa starà per rubarti il giornale).

Gravina afferma con tono solenne:

“La vera sfida è far convivere tecnologia e fattore umano. Sistemi intelligenti migliorano efficacia e sostenibilità, mentre operatori ben formati garantiscono responsabilità e qualità. Per questo è fondamentale aprire tavoli di sperimentazione e trasformare le buone pratiche in progetti pilota replicabili.”

Tradotto in soldoni? La sicurezza del futuro sarà un intimo mix di robot e uomini, perché da soli, né il software né l’uomo possono fare miracoli. Bisogna sperimentare, testare, pilotare: uno spettacolo di laboratorio per studenti di scienze della sicurezza. Tutto questo mentre si attende che le città diventino modelli di efficienza, con collaborazioni strutturate tra enti pubblici, aziende e quei simpaticoni delle società di sicurezza.

Quel che sfugge è se tutta questa macchina da guerra pubblico-privata servirà davvero a qualcosa o se resterà un’altra affascinante promessa cantata tra un convegno e l’altro. Ma di sicuro, ci aiuterà a spostare risorse, delegare responsabilità e, naturalmente, a dotarci di droni. Perché niente dice “serenità” come uno sciame di piccoli robot che ti sorvegliano dal cielo.

Siamo SEMPRE qui ad ascoltarvi.

Vuoi segnalarci qualcosa? CONTATTACI.

Aspettiamo i vostri commenti sul GRUPPO DI TELEGRAM!