La maestria tutta italiana nel produrre reddito che nessuno capisce a prezzi sempre attuali

La maestria tutta italiana nel produrre reddito che nessuno capisce a prezzi sempre attuali

Ah, il Sistema dei Conti Nazionali, quel brillante prodotto postbellico nato per misurare con precisione l’attività economica di una nazione, mica una cosa da poco! È come un enorme libro contabile dove si annotano non solo i valori che scorrono come il PIL, ma anche quella roba più interessante chiamata stock di ricchezza, ovvero i conti del capitale. Naturalmente, tutto è organizzato con meticolosità maniacale secondo la contabilità a partita doppia perché sappiamo bene quanto adorino complicarci la vita con tecnicismi pur di sembrare ultra-professionali.

Non serve certo essere maghi per capire che questa cassaforte di dati – chiamata Sistema dei Conti Nazionali – si è ingrandita negli anni seguendo pedissequamente le illuminanti direttive delle Nazioni Unite per poi subire l’ennesima rinfrescata da Eurostat. Non poteva essere altrimenti, perché senza una bella dose di armonizzazione e omologazione europea, rischieremmo il caos più totale.

In questo fantastico sistema, si distinguono e si spulciano come in un copione teatrale ben architettato i primi tre atti fondamentali: (1) la produzione di beni e servizi, quell’infinito calderone di ciò che il nostro sistema economico riesce a sfornare; (2) la generazione del reddito, ovvero il momento in cui si decide chi si prende cosa; e (3) l’allocazione di quel reddito, cioè come questa mega torta venga suddivisa tra felici e fortunati.

Le meraviglie dell’approccio multifonte

Costruire questi conti non è certo roba da poco: si pesca a piene mani da indagini statistiche, archivi amministrativi e chissà quale altra fonte che passa per mano di qualche esperto di nomenclature europee. Il tutto deve sfilare sotto l’occhio inflessibile di Eurostat, il vero custode della verità contabile del continente.

E come se non bastasse, grazie a un’alchimia unica chiamata “armonizzazione” e ai vincoli della cosiddetta “tavola delle risorse e degli impieghi”, si mettono alla prova i dati facendoli scontrare fra loro. Niente sfugge al controllo incrociato, perché in questo gioco di prestigio contabile la precisione è sacra. O almeno così piace farci credere.

L’economia invisibile: il tocco magico

Ora, il vero spettacolo del Sistema dei Conti Nazionali è l’implacabile capacità di catturare l’inafferrabile: quell’economia sommersa che nessuno vuole confessare di avere. Parliamo di tutte quelle attività che generano reddito ma sfuggono abilmente alle statistiche ufficiali, una specie di ninja economico che si fa beffe delle casse dello Stato.

Non bastasse, si include pure quella parte di economia criminale che raramente fa capolino nel bilancio ufficiale: contrabbando, prostituzione, traffico di stupefacenti… perché, ovvio, tutto funziona meglio se pure la malavita contribuisce – almeno nelle statistiche – a mantenere il conto in ordine.

E come si fa a misurare ciò che nessuno vede? Facile: con sofisticate metodiche statistiche degne di un investigatore privato, si stimano numeri dove la realtà si nasconde. Così si trasforma la fantasia in dati certificati, perché nel grande gioco della contabilità nazionale nulla dev’essere lasciato al caso, nemmeno il segreto peggiore dell’economia.

Per chi è questo capolavoro?

Se pensate che tutto questo sia solo un noioso manuale per impiegati di Stato, vi sbagliate di grosso. Questo sistema è il vostro migliore amico se volete apparire esperti di macroeconomia, quei presunti giganti capaci di analizzare la realtà con rigore e affidabilità quasi scientifica.

Ma attenzione, non è roba per chi si accontenta di slogan da bar o numeri a casaccio: per decifrare davvero il complesso mondo dei conti nazionali serve una preparazione che rasenta il mistico, perché dietro quei dati apparentemente impeccabili spesso si cela il solito impasto di contraddizioni, approssimazioni e ipocrisie ben confezionate.

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