La genialata del secolo: fingere di voler assumere per spennarti meglio

La genialata del secolo: fingere di voler assumere per spennarti meglio

Quando pensi che l’ingegno criminale abbia toccato il fondo, arriva l’ennesima truffa telefonica travestita da opportunità di lavoro, e ti accorgi che il fondo non esiste. Questa volta il colpo basso arriva con una frase tanto banale quanto infame: «Abbiamo ricevuto il tuo curriculum». Una pugnalata alla speranza di chi cerca lavoro e un’ulteriore conferma che, in Italia, il confine tra presa in giro e tragedia è ormai evaporato.

La farsa comincia con una chiamata “normale”

Numero italiano, prefisso +39, voce rassicurante e automatizzata. Ti dicono che hanno letto il tuo curriculum, che sei interessante, che potrebbero offrirti qualcosa. Tutto falso. L’unico curriculum che interessa a questi truffatori professionisti è quello delle loro vittime: devono essere abbastanza ingenue, abbastanza disperate, abbastanza illuse da credere ancora che esista un mercato del lavoro onesto.

Il grande salto: dal telefono a WhatsApp, dritti nella trappola

Dopo la chiamata arriva l’invito a continuare su WhatsApp. E lì inizia lo spettacolo dell’ipocrisia digitale. Ti contatta una fantomatica azienda, che ti propone di svolgere attività online tanto facili quanto inutili: mettere “Mi piace” qua e là, cliccare su link, dare prova di “engagement”. Ti senti finalmente considerato. Peccato che sei appena entrato nella gabbia.

Finta paga, vera truffa: la truffa dei “Mi piace” si rifà il look

All’inizio ti danno anche qualche spicciolo, giusto per farti sentire parte del gioco del guadagno facile. Poi ti suggeriscono “investimenti”, con promesse di guadagni miracolosi su piattaforme di trading che sembrano uscite da un film di fantascienza. Lì comincia l’agonia economica: versi 100 euro, poi 500, poi 2.000. E loro? Spariscono, lasciandoti con il portafoglio vuoto e una dignità umiliata.

Vittime perfette: disoccupati, giovani, e chi ha ancora fiducia nel sistema

La parte più disgustosa? Colpiscono i più fragili. Giovani alla ricerca del primo impiego, padri e madri disoccupati che sperano in una svolta, anziani poco avvezzi alle truffe digitali. A questi criminali non importa nulla: il loro business è fondato sullo sfruttamento della disperazione.

La tecnologia come complice: numeri italiani, algoritmi, WhatsApp

Non serve neanche più fingersi un principe nigeriano: oggi basta usare un numero italiano e una voce educata. La normalizzazione della truffa passa dalla tecnologia: numeri verosimilichat ben costruiteautomatismi studiati al dettaglio. E chi dovrebbe controllare? Totalmente assente, come sempre. Nessun filtro, nessuna tutela. Solo il solito consiglio: “blocca il numero”.

Lo Stato? Spettatore non pagante di una truffa a cielo aperto

Mentre i cybercriminali raffinano le tecniche, il sistema di prevenzione italiano arranca come una carretta arrugginita. Le autorità rilasciano comunicati e consigli inutili, i provider telefonici si limitano a “segnalare”. Nessuno che pensi a sistemi di verifica reali, a filtri sulle chiamate sospette, o – fantascienza! – a una campagna nazionale contro le truffe digitali.

Testimonianze: quando il lavoro diventa un incubo

Marco, 28 anni, disoccupato da 10 mesi: «Mi hanno offerto di guadagnare qualcosa da casa, sembrava serio. Dopo tre settimane avevo perso 1.200 euro».
Lucia, 47 anni, madre single: «Era la prima volta che ricevevo un’offerta. Mi sono fidata. Ora ho paura a rispondere al telefono».
E quante Lucie e Marco ci sono ancora là fuori, pronti a cadere nell’ennesimo trabocchetto?

L’ennesimo paradosso: il lavoro in Italia è così raro che pure i truffatori ci fanno soldi

Pensiamoci: in un Paese dove trovare lavoro è più difficile che vincere alla lotteria, la speranza di un’occupazione è diventata essa stessa materia prima per i criminali. Non serve inventare: basta copiare le stesse frasi delle agenzie interinali e il gioco è fatto. Le istituzioni? Inesistenti. Le piattaforme di comunicazione? Complici per inerzia.

E mentre loro spariscono, noi restiamo con le briciole (e le bollette da pagare)

Non solo perdi soldi: perdi tempo, perdi fiducia, perdi dignità. Perché a farti fregare così ti senti anche stupido. Ma non sei tu lo stupido. Lo è un sistema che permette a queste porcherie digitali di moltiplicarsi senza freni.

Le “soluzioni”? Ah, che spasso
  • Un filtro anti-truffa per i numeri sospetti? Troppo impegnativo.
  • Un’educazione digitale nelle scuole e nei centri per l’impiego? Ma per carità.
  • Una task force di risposta rapida contro i criminali online? Ma dai, mica siamo un Paese serio. Insomma, se qualcuno decidesse di muoversi, forse qualcosa si potrebbe anche salvare. Ma oggi, meglio non rispondere al telefono.
    Soprattutto se ti dicono che hanno ricevuto il tuo curriculum.

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