La CMA britannica si sveglia e tenta di mettere un freno a Google Search, buon divertimento

La CMA britannica si sveglia e tenta di mettere un freno a Google Search, buon divertimento

Oliver Bethell, direttore senior della concorrenza in Google, ci ammonisce:

“Molte delle idee di intervento sollevate durante questo processo impedirebbero l’innovazione e la crescita nel Regno Unito, influenzando negativamente il lancio di prodotti in un periodo di profonda innovazione basata sull’intelligenza artificiale.”

Insomma, meglio non mettersi contro Google se si vuole continuare a godere del miracolo tecnologico made in USA, vero?

Un’investimento da 5 miliardi: voto di fiducia o strategia di mercato?

A dispetto della sua posizione dominante, la casa madre di Google, Alphabet, ha annunciato appena lo scorso mese un investimento da 5 miliardi di sterline nel Regno Unito, puntando tutto sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Mica bruscolini, considerando che parte di questa somma servirà per costruire un centro dati all’avanguardia a nord di Londra.

Rachel Reeves, il ministro delle finanze britannico, ha definito questo passo come un “potente voto di fiducia” nell’economia UK e nel rapporto transatlantico con gli Stati Uniti, mentre Google si vanta di essere stata tra le prime a far arrivare le sue innovazioni alle aziende e ai consumatori britannici, mesi prima del resto d’Europa.

Curioso come la presunta incertezza normativa europea abbia trasformato il Regno Unito in un parco giochi tutto da esplorare per Google. Al riguardo Bethell ci regala un’altra perla di saggezza:

“Il Regno Unito dovrebbe evitare regolamentazioni troppo gravose, imparando dai disastri visti in altre giurisdizioni.”

In poche parole, l’invito è chiaro: lasciate fare a noi, non rovinate la festa e godetevi lo spettacolo di un gigante che fluttua indisturbato. E poi scusate se è poco.

La CMA sfodera i muscoli ma resta vaga

Questo marchio di “status di mercato strategico” è la prova tangibile del potere regolatorio neo-energico della Competition and Markets Authority, una risposta studiata apposta per ridare ossigeno alla concorrenza digitale e stimolare investimenti e crescita nell’economia UK. Entrata in vigore proprio quest’anno, questa mossa dovrebbe mandare un segnale forte ai colossi del tech.

Peccato però che mentre la CMA si dà da fare con tali designazioni, stia anche indagando su altre attività mobili di Google in un caso separato, senza però sbilanciarsi troppo su possibili sanzioni o interventi decisivi. Il messaggio sembra chiaro: “stiamo controllando, ma senza disturbare troppo il potere assoluto”.

Che sorpresa: Google è finalmente finita sotto la lente del regolatore britannico per presunto abuso di posizione dominante nelle ricerche online. Dopo circa nove mesi di indagini minuziose, la magica macchina da ricerca americana ha ricevuto un simpatico “bollino” chiamato “status di mercato strategico” per i suoi servizi di ricerca e pubblicità collegata. Per chi non lo sapesse, significa praticamente che Google è così potente da poter dettare legge – con una quota di mercato superiore al 90% nel Regno Unito, niente meno.

Il bello della storia è che il nuovo assistente AI Gemini, la star tecnologica di casa Google, scamperebbe a questa designazione “strategica”, mentre altre funzionalità di ricerca basate su intelligenza artificiale (naturalmente) ci rientrano a pieno titolo. Una premura notevole, senza dubbio.

Will Hayter, il direttore esecutivo per i mercati digitali della Competition and Markets Authority (CMA), ci regala perle di saggezza:

“Abbiamo scoperto che Google mantiene una posizione strategica nel settore della ricerca e della pubblicità collegata – con oltre il 90% delle ricerche nel Regno Unito sulla sua piattaforma.”

E non finisce qui, perché dopo i soliti “feedback” da parte degli interessati (cioè Google stessa) la designazione è diventata ufficiale. Peccato che questo cartellino giallo non sia una sentenza di colpevolezza, ma semplicemente un “avviso”, un preambolo a potenziali cambiamenti nel modo in cui Google pensa, agisce e domina le nostre vite di navigatori digitali.

Se vi state chiedendo quali saranno questi “cambiamenti”, beh, nemmeno la CMA ha la ricetta esatta in tasca. Nuove regole potrebbero richiedere una classifica più “equa” nei risultati di ricerca o magari dare agli editori un controllo maggiore su come i loro contenuti vengono usati – incluso in quelle adorabili risposte generate dall’intelligenza artificiale che tutti amiamo tanto.

Google non vuole freni: l’innovazione prima di tutto (o almeno così dice)

Naturalmente, Google non manca di sottolineare il suo ruolo vitale nell’economia britannica, con fiumi di sterline generate grazie alle sue magie digitali. La società ricordaccia ci avverte che qualsiasi limitazione potrebbe soffocare la “innovazione” e rallentare l’arrivo di nuovi prodotti in un momento storico in cui l’intelligenza artificiale spacca davvero tutto.

Oliver Bethell, direttore senior della concorrenza in Google, ci ammonisce:

“Molte delle idee di intervento sollevate durante questo processo impedirebbero l’innovazione e la crescita nel Regno Unito, influenzando negativamente il lancio di prodotti in un periodo di profonda innovazione basata sull’intelligenza artificiale.”

Insomma, meglio non mettersi contro Google se si vuole continuare a godere del miracolo tecnologico made in USA, vero?

Un’investimento da 5 miliardi: voto di fiducia o strategia di mercato?

A dispetto della sua posizione dominante, la casa madre di Google, Alphabet, ha annunciato appena lo scorso mese un investimento da 5 miliardi di sterline nel Regno Unito, puntando tutto sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Mica bruscolini, considerando che parte di questa somma servirà per costruire un centro dati all’avanguardia a nord di Londra.

Rachel Reeves, il ministro delle finanze britannico, ha definito questo passo come un “potente voto di fiducia” nell’economia UK e nel rapporto transatlantico con gli Stati Uniti, mentre Google si vanta di essere stata tra le prime a far arrivare le sue innovazioni alle aziende e ai consumatori britannici, mesi prima del resto d’Europa.

Curioso come la presunta incertezza normativa europea abbia trasformato il Regno Unito in un parco giochi tutto da esplorare per Google. Al riguardo Bethell ci regala un’altra perla di saggezza:

“Il Regno Unito dovrebbe evitare regolamentazioni troppo gravose, imparando dai disastri visti in altre giurisdizioni.”

In poche parole, l’invito è chiaro: lasciate fare a noi, non rovinate la festa e godetevi lo spettacolo di un gigante che fluttua indisturbato. E poi scusate se è poco.

La CMA sfodera i muscoli ma resta vaga

Questo marchio di “status di mercato strategico” è la prova tangibile del potere regolatorio neo-energico della Competition and Markets Authority, una risposta studiata apposta per ridare ossigeno alla concorrenza digitale e stimolare investimenti e crescita nell’economia UK. Entrata in vigore proprio quest’anno, questa mossa dovrebbe mandare un segnale forte ai colossi del tech.

Peccato però che mentre la CMA si dà da fare con tali designazioni, stia anche indagando su altre attività mobili di Google in un caso separato, senza però sbilanciarsi troppo su possibili sanzioni o interventi decisivi. Il messaggio sembra chiaro: “stiamo controllando, ma senza disturbare troppo il potere assoluto”.

E nel frattempo noi restiamo lì, spettatori affascinati – e un po’ rassegnati – del grande show della concorrenza digitale a senso unico.

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