È stata inaugurata oggi la più grande cittadella dello sport mai realizzata in un carcere italiano, proprio nel fantastico contesto della Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano. Naturalmente, si tratta del progetto “Rigiocare il Futuro” che, a quanto pare, ha trovato il modo di illuminare le menti chiuse tra le sbarre con un campo da calcio e due campi da padel. Non c’è niente come un po’ di sport per favorire l’inclusione sociale! Chi l’avrebbe mai detto?
Questo progetto è un vero e proprio esempio di come pubblico, privato e terzo settore possano unire le forze in un cocktail esplosivo. Grazie alla sinergia di diverse associazioni, i fondi sono stati forniti da un mare di aziende, tra cui Entain Italia e Ita Airways. E non dimentichiamo il supporto incondizionato della Regione Campania e del Comune di Napoli che, vediamo un po’, vogliono che la città sia “Capitale dello Sport 2026”. La commedia è servita!
A fare gli onori di casa all’inaugurazione c’erano nomi altisonanti, come Giulia Russo, direttrice del centro penitenziario, e Lucia Castellano, provveditore dell’Amministrazione Penitenziaria, che hanno discusso di come dedicare spazi sportivi ai detenuti possa trasformarli in cittadini migliori. Quasi come se il calcio potesse scrivere una soap opera della rieducazione!
Investire nella riabilitazione sociale attraverso lo sport? Ottima idea! Si tratta di un modo sicuramente originale per migliorare il sistema penitenziario, che già presenta una certa “ospitalità”. Secondo gli esperti, questo dovrebbe ridurre i tassi di recidiva. Ma certo, lo sport insegna disciplina e rispetto e chi lo avrebbe mai pensato? Sarà che da sempre ci hanno raccontato che un buon allenatore è meglio di un buon giudice!
La cittadella sportiva, che non è solo un cumulo di mattoni freschi di vernice, rappresenta, a detta di molti, un “laboratorio di educazione, disciplina e crescita personale”. Che bello! E chi meglio di un detenuto potrebbe capire l’importanza del rispetto delle regole, no? Qui, tutto dovrebbe girare attorno a sport e formazione per fornire nuove prospettive di vita. Diciamo che la fantasia è l’unico limite.
Alla fine del panel, la Cittadella dello Sport ha ospitato partite di calcio e padel con la partecipazione di ex calciatori del Napoli. Non è meraviglioso vedere che mentre la società tenta di “riabilitare”, c’è sempre posto per un po’ di show? Giocatori noti come Luca Toni e altri nomi leggendari hanno preso parte ai festeggiamenti, dimostrando come il legame tra sport e carcere possa produrre una narrazione interessante.
Chance e Sport Senza Frontiere, i promotori di questo ambizioso progetto, ritengono fermamente nel valore di una seconda chance e nel potere del sport come strumento di inclusione e trasformazione. “Con Rigiocare il Futuro introduciamo nel carcere un modello concreto di cambiamento, che mescola sport, formazione e sviluppo personale, mirando ad accompagnare i detenuti in un autentico e duraturo reinserimento. Abbiamo già visto il potenziale del progetto e siamo certi che continuerà a generare effetti positivi, contribuendo al cambiamento non solo all’interno del carcere, ma anche nella comunità circostante”.
Incredibile, non trovi? L’idea di creare una cittadella sportiva all’interno dell’istituto, con l’obiettivo di mescolare benessere fisico e crescita personale, sembra giusta proprio come una cuffia per nuotare in un deserto. Ma ecco che le menti illuminate affermano che accanto alla formazione scolastica, ora ci si aggiunge un Polo Universitario con la Federico II e laboratori che offrono formazione professionale certificata. A tutto ciò si aggiunge un Polo Sportivo accolto con entusiasmo da tutti, perché chi non vorrebbe prendersi una pausa per fare sport durante un soggiorno non proprio da resort? Questo progetto, secondo le autorità, soddisfa le esigenze dei detenuti… perchè chissà cosa c’è di meglio, giusto, che imparare a giocare a calcio mentre si tenta di rimanere in ordine con le regole? Se solo potessero evitare di confondere le norme penali con quelle di un gioco di squadra!
Giulia Russo, Direttrice della Casa Circondariale “Pasquale Mandato” di Secondigliano, ha dichiarato: “Questo progetto è stato candidato per l’Europris 2025, considerato il più meritevole, non sorprendiamoci, del resto.” Non sarebbe divertente che la capacità del settore pubblico di “fare rete” con privato e terzo settore potesse effettivamente risolvere i problemi? Geniale! Offrire opportunità a grande impatto reale è il nuovo motto dell’ente pubblico.
Andrea Faelli, CEO di Entain in Italia: “Siamo fermamente convinti che il vero cambiamento avvenga quando istituzioni, aziende e terzo settore decidono di collaborare”. Già, perché non collaborare a dare un senso a una vita in carcere? Questa rete di “collaborazione straordinaria”, mi pare di capire, produrrà risultati che faranno certamente invidia ai migliori progetti di riabilitazione di sempre. L’idea che lo sport possa abbattere barriere suona familiare, quasi come un sogno, solo che non ricordo l’ultima volta che un pallone ha risolto questioni legali.
Ah, ma non finisce qui. Sandro Pappalardo, Presidente di ITA Airways, ha voluto esprimere il suo orgoglio nel partecipare a questa iniziativa: “La riabilitazione sociale attraverso lo sport è un riflesso dei nostri valori”. Chi non vorrebbe un aeroplano che atterra in una prigione per una partita di calcetto? È davvero un modo originale di approcciare la responsabilità sociale d’impresa, non trovi? Ma, visto che l’azienda è legata allo sport, sono certo che vedremo decollo e atterraggio molto presto, anche in contesti meno comuni.
Emanuela Ferrante, Assessore allo Sport e Pari Opportunità del Comune di Napoli, ha poi dichiarato l’incredibile potere di Rigiocare il Futuro di generare valore per tutta la città. Certo, perché investire nel reinserimento dei detenuti è logicamente sinonimo di sicurezza e coesione. Chiunque abbia mai visitato una città sa che la sicurezza è inversamente proporzionale al numero di detenuti che decidono di praticare sport. Ma si sa, costruire una Napoli giusta, aperta e dignitosa è un gioco da ragazzi, basta che il “gioco” avvenga in un campo ben delimitato, naturalmente.
Stefano Gobbi, Responsabile Progetti Territorio e Terzo Settore di Sport e Salute, ha ribadito l’universalità dello sport: “Capace di educare, unire e offrire nuove prospettive”. Ma chissà se le prospettive si allargano anche quando il tuo “terreno di gioco” è un carcere. Progetti come questo non sembrano che… sarcasticamente direi, abbiano fuorviato l’attenzione sull’unico aspetto importante: che rimanere dentro le mura non è mai stato un gioco.
Ora, chiunque pensi che la pratica sportiva possa effettivamente aiutare a reinserire socialmente qualcuno, probabilmente non ha mai provato a giocare a pallone con un gruppo di gente in tuta. Ma, sentiamo un po’ queste affermazioni epocali. A quanto pare, se strutturata e ben accessibile, lo sport diventa una sorta di magico portale per la vita sociale. Che sorpresa!
Ce lo ricorda Sport e Salute, che si dice orgogliosa di investire in iniziative sportive dove ce n’è più bisogno. In altre parole, ci stanno dicendo che sono lì per promuovere un po’ di benessere e inclusione. Ma attenzione! Solo se tutto il resto non lo fa prima di loro. Oh, l’ironia della sorte!
C’è da chiedersi cosa abbia in mente Beniamino Quintieri, il Presidente dell’Istituto per il Credito Sportivo e Culturale, quando proclama le meraviglie dello sport praticato in carcere. Ci dice che migliora il benessere psicofisico, trasmette valori come il fair play e l’uguaglianza. Ma chi lo avrebbe mai detto? Chi avrebbe pensato che allenarsi tra quattro mura potesse aiutarli a sentirsi meglio e a vivere serenamente? Ha perfettamente ragione, soprattutto perché l’articolo 27 della Costituzione afferma che la pena deve avere una funzione rieducativa, quindi ovviamente devono starci anche gli allenamenti. Giusto? E non dimentichiamo l’incredibile iniziativa “Rigiocare il Futuro”, che, ovviamente, merita tutto il supporto che può ricevere.
Ecco cosa afferma Michele Affinito, Vicepresidente dell’AIA, riguardo la formazione: “Formare significa offrire strumenti per ripartire”. Ma dai! Non lo sapevamo! Molto utile per una lezione di vita, ma ci chiediamo quanti di loro avrebbero dovuto scoprire questo prima di finire in carcere. E chiaro, l’arbitraggio è la nuova frontiera della responsabilità e del rispetto. Chiarissimo che investire nella formazione in ambito penitenziario sia fondamentale, ma è questo l’”investimento” che volevamo davvero? Forse sarebbe meglio cominciare a investire nella vita reale prima di farlo nella vita dopo il carcere.



