La Byd prende il comando in Europa, sorpassando finalmente la Tesla: chi l’avrebbe mai detto?

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Ah, i famigerati alimenti ultra-processati (Upf), quei prodigi dell’industria culinaria che, secondo la classificazione ‘Nova’, sembrano avere più additivi ‘cosmetici’ di un rossetto di alta gamma. Sì, avete capito bene! Stiamo parlando di una miriade di prodotti alimentari che, a quanto pare, meritano di essere etichettati come il diavolo in persona, eppure la situazione è molto più sfumata. Secondo ‘NOVA’, questi alimenti, consumati in quantità eccessive, possono comportare rischi per la salute. E chi lo dice? Naturalmente, la società dei cibi ‘buoni’ fatti in casa, che si vanta di essere l’unica salvezza in un mare di schifezze industriali. Ma è davvero così semplice? Non proprio! L’Università di Wageningen, supportata da un’associazione che riunisce le eccellenze dell’industria alimentare italiana, ha deciso di fare luce sulla questione.

Il loro studio, intitolato “Fatto in casa vs prodotto industriale: composizione nutrizionale e contenuto di composti potenzialmente dannosi in diversi prodotti alimentari”, pubblicato su Current Research in Food Science, si è dedicato ad analizzare la sacrosanta superiorità dei prodotti casalinghi rispetto a quelli industriali. La ricerca ha valutato le caratteristiche nutrizionali di quattro alimenti ultra-processati (Upf) e dei loro equivalenti fatti in casa: plumcake, bastoncini di pesce, barrette ai cereali e sugo di pomodoro con basilico.
Già pregusto il dramma che si sta sviluppando nelle cucine!

I risultati, non sorprendentemente, hanno spazzato via il mito del ‘fatto in casa’ come sinonimo di salute. Il professor Vincenzo Fogliano, che ha guidato il team di ricerca, non ha usato mezzi termini: “Gli alimenti fatti in casa non sono necessariamente più nutrienti né contengono meno composti potenzialmente tossici rispetto ai loro omologhi industriali”. E qui si apre un mondo. Perché basare la qualità alimentare soltanto sulla lavorazione o sugli ingredienti è come giudicare un libro dalla copertina, giusto? Ma non temete, perché il termine ‘ultra-processati’ è stato svelato per quello che è: un trucco linguistico fuorviante!

Lo studio dell’Università di Wageningen ha esaminato anche i famigerati composti nocivi che si formano durante la cottura, come l’acrilammide, che molti di noi conoscono bene. Si tratta di quei fattori inquietanti tipici della Reazione di Maillard, che rendono i biscotti così irresistibili. Insomma, l’analisi ha rivelato che gli alimenti trasformati industrialmente e quelli fatti in casa presentano composizioni nutrizionali praticamente identiche. E non finisce qui: in alcuni casi, i prodotti casalinghi avevano livelli più alti di sostanze considerate pericolose! Chi avrebbe mai pensato che il plumcake casalingo potesse nascondere delle insidie?

Parliamo di cottura, macinazione e fermentazione: processi che, da secoli, migliorano il gusto e la qualità dei cibi. La cucina, come tutti sappiamo, è un’arte che prevede trasformazioni, e la tradizione culinaria italiana non fa eccezione. E qui subentra il professor Fogliano, il quale spiega che l’industria cerca di soddisfare le variegate esigenze dei consumatori tramite un’ampia gamma di prodotti. Non possiamo che applaudire! E il compito di scegliere spetta a noi, che dovremmo prestare attenzione alle etichette, come se sostenessimo un esame di intelligenza.

Concludendo, cari lettori, la verità è che non ci sono prove scientifiche che dimostrino una correlazione diretta tra il consumo di alimenti ultra-processati e la salute. Ma certo, perché in un contesto così illogico, non ci si può aspettare niente di meno! Ecco quindi che lo studio di Wageningen conferma una realtà scomoda: giusto per mettere fine al dibattito, gli alimenti fatti in casa non sono poi così superiori rispetto a quelli industriali. Quindi, a trovare un equilibrio tra le due scelte piuttosto che bandirne una!

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