Kering festeggia mentre Gucci si risveglia dal letargo con un’improvvisa ripresa da capogiro

Kering festeggia mentre Gucci si risveglia dal letargo con un’improvvisa ripresa da capogiro

Ah, la dolcezza del lusso parigino, dove si nota una donna con cintura e borsa Gucci durante la celeberrima Paris Fashion Week del 2018. Quel mondo scintillante finalmente ci regala una notizia degna di nota: le azioni di Kering, la casa madre di Gucci, hanno fatto un balzo del 9%, toccando un picco annuale proprio mentre, con euforia quasi comica, la società annuncia un rallentamento nella caduta delle vendite e un quarto d’ora di gloria negli utili trimestrali, leggermente sopra le stime pessimistiche degli analisti.

Il gigante francese del lusso, che non si limita a Gucci ma snobba anche Saint Laurent e Balenciaga, ha dichiarato ricavi per 3,42 miliardi di euro nel terzo trimestre. Un’elegante flessione del 5% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, che per gli appassionati delle curve discendenti rappresenta un miglioramento rispetto al 15% del calo del trimestre precedente. Che consolazione, vero?

Parliamo del pezzo forte: Gucci. Le sue vendite sono incappate in un malinconico -14%, raggiungendo 1,34 miliardi di euro. Però, non temete: qualche brand secondario ha tamponato la falla. Una barca che affonda con un ciuffo di capelli baciati dal vento, insomma. Il declino è addirittura definito un «netto miglioramento sequenziale» rispetto al crollo del 25% nel secondo trimestre. Come vedere il bicchiere mezzo pieno, senza dimenticare che il principale brand trainante è lontanissimo dai fasti precedenti.

Ecco, giusto per la cronaca, gli analisti si aspettavano vendite per 3,31 miliardi e Gucci avrebbe dovuto portarne “solo” 1,32. Tra superpoteri e magie finanziarie, la realtà si rivela sempre un po’ meno brillante della fantasia.

Perché, si sa, il cambio valuta è sempre un cattivo compagno di ballo: Kering cita un «vento contrario significativo» e indica che ben il 5% del declino è imputabile a questa insidiosa variabile. Colpa del destino, mica di scelte di mercato o strategie discutibili.

Luca de Meo, l’illuminato CEO di Kering, ci tiene a rassicurare tutti: il terzo trimestre è un chiaro segnale positivo, anche se la performance è ancora tristemente lontana dal livello del mercato. Evidentemente, l’incantesimo tarda a prendere forma del tutto.

Luca de Meo ha dichiarato:

«Questa conferma la mia determinazione a intervenire su tutti gli aspetti dell’azienda per riportare le nostre Maison e il Gruppo al prestigio che meritano. Stiamo lavorando senza sosta al nostro turnaround, come dimostrano le decisioni recenti.»

Risalita e altro colpo di scena: vendite e cessioni

Nel bel mezzo di questo “volo radente”, Kering ha anche annunciato qualcosa che fa molto crisi mode: la vendita del suo comparto bellezza a L’Oréal per la modica cifra di 4,7 miliardi di dollari. Una mossa pensata per tagliare i debiti e fissare la lente d’ingrandimento solo sui business fashion-core. Tradotto: via gli orpelli, spazio ai grandi nomi e alle borse di lusso a cifre esorbitanti.

Non si è fatta attendere la risposta di Deutsche Bank, che ha subito alzato l’obiettivo di prezzo per Kering a 300 euro, malgrado le azioni fluttuassero intorno a 340 euro. Par di capire che qui giocano al rialzo come si fa in borsa, anche se i conti restano una meraviglia di contraddizioni.

Adam Cochrane di Deutsche Bank ci ha regalato la sua illuminante analisi:

«Il miglioramento nella performance è diffuso in tutti i principali brand, con margini lordi e spese operative sotto controllo che assicurano un buon passaggio agli utili operativi. In particolare, Gucci ha guadagnato terreno grazie a una rinfrescata delle linee di pelletteria, soprattutto borse, negli ultimi 18 mesi, e ciò dovrebbe favorire la nuova collezione prêt-à-porter ispirata a Demna prevista per la prima metà del 2026.»

Ma non è finita qui: gli analisti di UBS ci informano che il rapporto di Kering è una conferma di un «contesto globale del settore migliorato» e del primo successo delle strategie di rilancio imboccate dal management.

Tuttavia, un brioso colpo di realismo giunge con una riflessione pungente:

«In definitiva, dal momento che la ripresa della storia azionaria ruota attorno al rilancio di Gucci, i pessimisti potrebbero argomentare che Gucci è migliorata allo stesso ritmo degli altri marchi, suggerendo quindi che i segnali di un momentum che supera il gruppo siano limitati.»

Il bubble del lusso tra boom e rischi serissimi

Con un’impennata del 33% in borsa da inizio anno, Kering cavalca l’onda di un settore lusso che appare in pieno boom. Che inganno! Tra vendita stagnante, rincari galoppanti e nuove tensioni commerciali, la domanda per i beni esclusivi è tutt’altro che una strada spianata.

Settimana scorsa il rally delle azioni europee del lusso, inclusa la nostra beniamina Kering, si è visto solo dopo la sorprendente ripresa di LVMH. Un enorme colosso francese che funge da indiscusso barometro per il settore. Ma mentre LVMH sembra sorridere, Kering si barcamena tra sfide uniche: domanda in calo per i marchi chiave, un cambio ai vertici e la spaventosa batosta del 25% di Gucci nel secondo trimestre che ha fatto rabbrividire gli investitori.

Riassumendo, tra dichiarazioni ottimistiche, cessioni strategiche e numeri che oscillano tra la speranza e il disastro imminente, il lato scintillante della moda di lusso ci regala la sua eterna commedia fatta di alti e bassi, se non proprio di cadute rovinose.

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