Juri Andriollo, il misterioso perdente di Bolzano: avvocato di professione e politico in cerca di riscatto, ma la rimonta è sfuggita di mano.

Juri Andriollo, il misterioso perdente di Bolzano: avvocato di professione e politico in cerca di riscatto, ma la rimonta è sfuggita di mano.

Juri Andriollo non ce l’ha fatta. Ha sfiorato la «rimonta impossibile» ma alla fine ha dovuto arrendersi: il candidato del centrosinistra sarà all’opposizione. Un distacco di ben 9 punti da Claudio Corrarati del centrodestra è un colpo durissimo, quasi come una punizione divina. E chi mai avrebbe potuto prevedere che l’assenza di supporto da parte della Svp, il partito autonomista che detiene un potere praticamente assoluto in Alto Adige, potesse influenzare così tanto il risultato? Ah, la sorpresa! Come se non fosse stata la loro mancanza di indicazioni sulle votazioni più importanti a piantare una bella bandierina rossa in questo spettacolo già tragicomico.

Ma parliamo di Juri Andriollo; è sposato, ha 49 anni e un figlio di nome Jacopo. Sicuramente, prepararci ad affrontare battaglie politiche non deve essere stato facile, e qui il curriculum di Andriollo potrebbe far invidia a molti: avvocato di professione, che ha sempre avuto un certo talento per l’arte della dialettica, intraprende il suo viaggio politici nel 2010 con l’Udc. Chiunque può confermare che l’inizio è davvero promettente, dato che finì subito dietro a due titani delle preferenze di Bolzano, Angelo Gennaccaro e Silvano Baratta. Ma il nostro eroe non ha fatto altro che tornare a fare l’avvocato.

Ma certo, non si può fermare un’astinenza da politica così profonda! I suoi impegni professionali si moltiplicano come le promesse elettorali: prima guida la cooperativa North South, poi diventa dirigente di Confcooperative e successivamente di Coperdolomiti. Una vera e propria corsa verso il successo, o forse una di quelle maratone in cui si fatica a vedere il traguardo. E ancor più ironico, la passione per la politica non fa altro che crescere, come un cattivo odore in un armadio chiuso. Nel 2016 entra nel Pd, sempre al fianco di Sandro Repetto, che allora ricopriva il ruolo di capolista. I suoi sogni di grandezza sembrano trovare spazio, fino a quando le luci della ribalta lo vedono diventare assessore alla cultura. Che salto, vero? Un onore e un pericolo, tutto in uno.

Ma attenzione! Il palcoscenico non tarda a beckonare il nostro protagonista di nuovo: nel 2020, con un consenso che cresce come l’erba infestante, viene acclamato come il secondo più votato nella lista del Pd, giusto dietro a Stefano Fattor. Una celebrazione che non passa inosservata al sindaco Caramaschi, che decide di affidarli un “assessorato caldo”, che porta sempre con sé una buona probabilità di scivoloni. Si sa, le politiche sociali sono un campo minato, ma chissà, forse Andriollo avrà l’opportunità di incidere concretamente sulla vita delle persone. Ecco a voi un candidato pronto a piegarsi a tutte le pressioni, ma che non esita a rimanere fedele alla sua natura, sognando una political comeback da far invidia a chiunque.

In questi anni, Andriollo ha dimostrato di avere un talento naturale per tessere rapporti con il mondo sociale di Bolzano; ha persino imparato a navigare i labirinti burocratici del Comune. Ma, ahimè, l’attesa investitura a delfino di Caramaschi non si è mai materializzata. Una piccola, insignificante frustrazione, che viene ribaltata nello scorso febbraio, quando il centrosinistra, in un momento di apparentemente lucida follia, decide di puntare su di lui come candidato sindaco. Qui, la trama si infittisce: il tavolo con i Cinquestelle e il Team K si frattura pesantemente, e chi lo avrebbe mai detto che non avrebbero gradito un assessore uscente? Per fortuna, Pd, Verdi, Restart e una lista civica con il suo nome sono lì a sostenere la causa. Ma la divisione si fa sentire eccome: al primo turno, ben 9 punti separano il centrosinistra dal centrodestra. Una bella prestazione, non c’è che dire!

Le cose, purtroppo per lui, si complicano ulteriormente quando l’Svp, in un atto di alta saggezza (chiamata anche strategia suicida), conferma di non voler dare sostegno né al centrodestra né al centrosinistra al ballottaggio. Ma lui, con la grinta di un gladiatore, continua a ripetere: «Possiamo vincere». Certo, come no? La vera magia sta nel come: «Parlando agli elettori di quello che siamo. È una scelta di campo, quella che si pone agli elettori: tra una città che guarda al futuro e una città chiusa, che separa gli uni dagli altri».

Ciononostante, la forbice si riduce, complice anche un generoso apporto dell’elettorato di lingua tedesca, ma non è sufficiente per la tanto agognata rimonta: alla fine, il conto dice 51 a 49. E così, Bolzano si destreggia verso destra come un ballerino sul ghiaccio.

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