Jannotti Pecci non si sbilancia ma i fan insistono: la candidatura fantasma continua a mietere tappezzate di messaggi

Jannotti Pecci non si sbilancia ma i fan insistono: la candidatura fantasma continua a mietere tappezzate di messaggi

Basta con i giochi politici, dice il presidente degli industriali napoletani mentre sfodera una schiera inaudita di ministri di Fratelli d’Italia. La Coppa America, quello straordinario evento dove si è scoperto che forse, dico forse, la collaborazione può servire a qualcosa, sembra essere il collante perfetto per mettere da parte coloriture ideologiche. Provate a trattenere l’entusiasmo.

Intanto, Fulvio Martusciello – la macchina del consenso firmata Forza Italia – si avvicina al povero Roberto Fico, ancora indeciso se farsi candidato per quel campo largo che piace a tutti meno che al governatore De Luca, che sembra piuttosto rigido nella sua riluttanza. Tra una battuta e l’altra, Martusciello si lascia scappare un luminoso “Ma perché non ci alleiamo?”. Ovviamente è uno scherzo, ma la battuta fa capire bene due cose: prima, quanto l’assemblea pubblica dell’Unione industriali di Napoli sia stata presa molto sul serio; secondo, che il vero argomento caldo da affrontare quest’estate sono sempre le Regionali. A proposito, Fulvio Bonavitacola, in rappresentanza del governatore intento a farsi un giro a Salerno, apre le braccia in segno di resa: “Ma cosa aspettano?”, sembra chiedersi, lasciando intendere che il Partito Democratico si illuda forse un po’ troppo di convincere De Luca a pigiare il freno o a mollare la presa.

E mentre il sindaco Gaetano Manfredi, l’abile regista dell’accordo Pd-5Stelle e ardente sponsor di Fico, parla di tutto tranne che di politica – curiosa strategia – prima che l’assemblea cominci si concede il lusso di un caffè in compagnia di Fico, Orsini e D’Amato. Se D’Amato è un nuovo volto del centrodestra, lo vedremo, ma il menù di caffè politici promette scintille.

Sul palco della Mostra d’Oltremare, invece, Costanzo Jannotti Pecci ha convocato l’intero partito meloniano (che hanno persino inviato la premier via video, non si poteva star senza). Il tutto per l’ultima assemblea che segna il suo mandato ormai al tramonto negli anni a venire. In sala qualcuno non può fare a meno di notare la bellezza dell’operazione: “È tutta destra”, sussurra qualcuno, a cui risponde un altro con la speranza scintillante di una candidatura imminente. Jannotti Pecci non si tira indietro ma declina con grazia: “Spero di concludere bene questo mandato e portarlo a termine nei prossimi mesi”.

A una domanda spietata se il centrodestra gli abbia ufficialmente chiesto di candidarsi, lui risponde furbamente: “Ho avuto molte richieste. Io so fare il mio mestiere. Però ci vogliono condizioni particolari perché un imprenditore faccia un passo del genere. Ringrazio chi continua a sollecitarmi, ma il vero problema non sono le persone, è ciò che si può effettivamente fare”.

E per sottolineare il suo ruolo di uomo da fare e da collegare istituzionalmente, aggiunge – manco fosse una rivelazione dal monte Olimpo: “L’ho detto anche nella mia relazione, serve collaborazione istituzionale, mettendo da parte i colori politici. Guardate la Coppa America, è la prova provata che funziona così. Anche il porto? Sembrava una matassa impossibile da sciogliere, e invece… voilà, missione compiuta”.

Ah, la sala non era proprio gremita, e l’intervento del presidente non ha ricevuto gli applausi scroscianti di un tempo. Chissà, forse avranno influito le ultime epiche revoche da parte sua di Anna Del Sorbo e Alessandro Di Ruocco dal consiglio di presidenza e dal consiglio generale. Ma probabilmente sì, specie considerando il caso dell’imprenditrice – delegata alle pari opportunità, non vorrete mica che le parole abbiano un peso? – cacciata senza troppe cerimonie perché, secondo il nostro caro Jannotti Pecci, conciliare incarichi così importanti con il business, l’associazionismo e la famiglia sarebbe un’impresa titanica.

Il presidente di Palazzo Partanna però non accetta assolutamente di essere tacciato di sessismo (sarebbe troppo comodo). Anzi, si schermisce: «Mi dispiace se qualcuno possa solo immaginare che io abbia pregiudizi verso una collega. Al vertice del mio gruppo c’è proprio una donna». Un tocco di classe, mica un’altra scaramuccia da condominio! Insomma, a detta sua, i problemi sono “dinamiche interne in un’associazione complessa” che non è più un semplice club da bar, ma un luogo di vero confronto. Che sollievo!

La conclusione a mo’ di lieto fine? «Le crisi in Confindustria ci sono sempre state e le abbiamo superate. Si sta esagerando. Ma mai ne avrei fatto una questione di genere». Ovviamente. Come se tutto fosse rose e fiori nell’organizzazione più illuminata del nostro paese.

Il tempo della responsabilità — o almeno così ci dicono

L’intervento del nostro beniamino potrebbe intitolarsi “il tempo della responsabilità”. A sentire lui, «questa vittoria della città è stata possibile grazie alla collaborazione tra realtà istituzionali di appartenenza politica diversa», un miracolo che, pare, dovrebbe essere la norma e non l’eccezione. Magari ce lo ricordassero ogni tanto, perché da quelle parti si respira soprattutto l’odore della contrapposizione perpetua.

Ecco la perla di saggezza: «Una cosa è lo Stato, l’interesse collettivo, altra cosa sono le dialettiche tra partiti e tra coalizioni». Certo, perché nel nostro paese le dialettiche politiche sono di solito un gioco da ragazzi, tutto sereni e collaborativi, no?

Jannotti Pecci si lancia poi in una predica sulla governance della tanto decantata Coppa America: «Perché possa davvero sviluppare tutte le sue potenzialità per Napoli, occorre un modello che superi localismi e logiche di parte». Insomma: bisogna fare squadra, istituzioni, imprese, cittadini. Un’utopia nei nostri tempo, ma bisogna provarci, giusto?

Nessuna crescita, dice il nostro, senza coesione – una verità che in certi ambienti sembra più difficile da mandare giù delle solite battute di cattivo gusto. La rigenerazione di Bagnoli, poi, deve proseguire “senza timore di rivedere scelte sbagliate che potrebbero pregiudicarne gli esiti”. Un’apertura alla revisione che però il sindaco Manfredi se la ride sotto i baffi: «Non c’è tempo da perdere. Si va avanti con il piano. Eventuali revisioni saranno valutate, ma non ora».

Insomma, meglio continuare a remare nella stessa direzione, senza nemmeno fermarsi a chiedersi se la rotta è giusta o meno. E i problemi? Che vadano a farsi benedire, la parola d’ordine è “andare avanti”. Nel frattempo, la platea non applaude, ma forse è solo stanca di sentire le stesse parole in salsa istituzionale, senza alcun cambiamento tangibile. L’arte del trionfo (apparente) è servita.

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