Antonio Tajani, il vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri per Forza Italia, si è presentato al «Forum in masseria» di Bruno Vespa con un’aria di chi sa che il terreno sotto i piedi scotta. Il tema? Lo Ius scholae, la famosa riforma della cittadinanza basata su un percorso scolastico decennale, su cui la Lega ha già chiuso ogni spiraglio definendola una semplice «velleità». Ma lui insiste, e come sempre si premura di non incartare troppo il governo, anche se le sue parole gridano altro.
Sotto il sole cocente e il frinire implacabile delle cicale di Manduria, Tajani ha sparato la sua verità: lo Ius scholae non è né un atto di lassismo né un cedimento debole, anzi. Secondo lui è «una norma per rendere più seria la concessione della cittadinanza». E per farlo, nemmeno a dirlo, si ispira all’illustre esempio dell’Impero romano, quel modello di integrazione che sicuramente piace tanto ai nostri alleati politici.
Non pago, il leader di Forza Italia ha sottolineato come questa normativa sia addirittura inserita al punto 6 del programma del centrodestra, sotto la voce integrazione degli immigrati regolari. “Lungi da me mettere in difficoltà il governo”, si è affrettato a precisare, come se cercasse di calmare un daumie invisibile con cui la Lega e Fratelli d’Italia lo stanno già aspettando al varco.
Per poi tirare fuori il classico jolly: “Il nostro programma non è solo cittadinanza, ci sono la riforma della giustizia, quella del fisco e la crescita dei salari”, un elenco che suona come un disperato tentativo di distogliere l’attenzione dal piatto principale e magari anche un po’ come un soliloquio interno per darsi coraggio.
Il disappunto di casa Berlusconi
Ed ecco la ciliegina sulla torta: il retroscena rubato dalle pagine di La Stampa suggerisce che la stessa Marina Berlusconi, perfetta incarnazione della famiglia che ha dato i natali all’ex Cavaliere, non sia proprio entusiasta di questa campagna a favore dello Ius scholae. Fonti riservate riportano infatti la sua indifferenza, se non outright opposizione, rispetto all’iniziativa politica imbastita da Tajani.
Chissà se la figlia del fondatore di Forza Italia apprezza tanto la prospettiva di una cittadinanza più accessibile con scuse burocratiche come «aver frequentato dieci anni di scuola». O forse preferisce restare fedele a un’idea più tradizionalista, anche se magari un po’ fuori dal tempo.
Insomma, la strategia del centrodestra sembra un perfetto esempio di tattica “due pesi e due misure”: mentre Tajani si mette in fila per tentare di convincere gli alleati e l’opinione pubblica della bontà del progetto, la Lega lo definisce un fantasma politico e Fratelli d’Italia, con quella quieta disapprovazione dietro le quinte, sembra pronta a ricacciare l’idea indietro appena possibile.
Ma magari, in questo gioco di equilibri sottili, il vero vincitore sarà proprio chi riesce a ignorare l’argomento senza mai dover prendere una posizione netta. Nel frattempo, noi restiamo a guardare il teatrino politico dove la cittadinanza diventa un oggetto di contesa più di quanto non lo sia mai stata.
L’eterna saga dello ius scholae si arricchisce di un capitolo tutto da ridere, in cui il buon Antonio Tajani rimpiange i tempi in cui si poteva puntare sui cavalli di battaglia più classici, quelli tanto cari al padre-padrone Silvio Berlusconi. Insomma, via gli “strani” esperimenti e tornare alla vecchia, buona, scelta liberale. Che nostalgia.
Alla domanda se abbia sentito la famosa Marina Berlusconi sulla questione, il nostro risponde diplomatico, con la stessa convinzione di chi nega di averlo fatto mentre tutti sanno il contrario: «Marina è un’amica, ma di quel tema non abbiamo mai parlato, non si è mai espressa». Ecco, il giornale che ha lanciato la bomba? Non riporta nessuna dichiarazione dalla giovane erede, quindi tutto a posto.
Ma ecco che Bruno Vespa, con il fiuto del cacciatore, provoca il povero Tajani chiedendogli se prenderebbe in considerazione una “maggioranza alternativa” per far passare la legge, magari più avanti. La risposta è una fuga degna di un ninja politico: «Prima voglio convincere i nostri alleati, discutendo nel merito – svicola – perché questa proposta è diversa da quella bocciata al referendum, ed è piaciuta alla sinistra». Ah, la sinistra, sempre la colpa è loro.
Adesso aggrappiamoci alla miglior dose di retorica perché si accende: «Non è il colore della pelle a fare l’italiano. E non temo alcuna invasione islamica nelle scuole. È il lassismo culturale a renderci deboli». Complimenti per la lucidità, peccato che passi subito dopo a una difesa disperata del crocifisso: «Togliere il crocifisso dalla scuola è un segnale di debolezza. Se siamo forti della nostra identità, perché aver paura di accogliere? Io voglio più italiani perché ce n’è bisogno anche come manodopera». Ovvero, accogliamoli pure, ma solo se servono per lavorare. E la ciliegina finale? «Io non ho mai fatto marce indietro». Ah, davvero? Non lo direste mai.
La Lega: «Mai passare questa riforma, parola d’ordine: passo avanti, non retrocessi»
Come prevedibile, pochi minuti dopo queste perle arriva il richiamo a tono della sempre coesa Lega, che praticamente invita il nostro amico Tajani a chiudere il discorso sull’innovazione della cittadinanza. Testuali parole: «Non passerà mai, non è nel programma del centrodestra, è stata pure bocciata dal referdendum promosso da sinistra. Il paese mica ha bisogno di un’estate piena di polemiche inutili». Chiaro, avanti tutta con il nulla di fatto e le beghe di partito.
Chi raccoglie il guanto della sfida diplomatica è il leader del Movimento 5 Stelle, Antonio Conte, fresco di masseria (ma senza la proverbiale calma): «Tajani sia coerente, noi a quella discussione parlamentare ci saremo. Se però fa queste sparate in luglio e agosto, non è un caso: è uno spettacolo pietoso per quei ragazzi che saranno i primi a non credere più nella politica». E poi? Niente, solo il canto delle cicale, perché qui si dimentica, si ignora, si rimanda.


