Italia tra fumo e scuse: la cannabis terapeutica che nessuno sa davvero come usare

Italia tra fumo e scuse: la cannabis terapeutica che nessuno sa davvero come usare

L’uso della cannabis terapeutica in Italia sta esplodendo con una puntualità quasi comica, specie nel 2025, l’anno d’oro delle prescrizioni. A ben dieci anni dalla gloriosa legge Lorenzin, pare proprio che l’unica cosa ferma sia la normativa, esausta e bisognosa di un aggiornamento urgente – perché la ricerca avanza, ma noi siamo rimasti fermi a guardare lo scorrere degli anni. A Firenze, durante il primo glorioso Forum Cbd & Cannabis medica, esperti e addetti ai lavori si sono riuniti per raccontare l’ennesima telenovela sull’uso terapeutico di cannabidiolo e tetraidrocannabinolo, quei farmaci che fanno impazzire medici e pazienti, ma che sono ancora avvolti in una fitta nebbia burocratica e culturale.

Secondo il solito monitoraggio dell’Istituto superiore di sanità, negli ultimi sei anni sono state registrate circa 100mila prescrizioni, distribuite su una platea di 28mila persone. L’età media degli utilizzatori è di 60 anni: insomma, non certo adolescenti sballoni ma piuttosto donne – il doppio rispetto agli uomini – che sembrano apprezzare particolarmente questa terapia “green”. Ogni paziente si è fatto prescrivere in media 3,5 volte questo intruglio magico, segno che la novità non è poi così fresca.

Marco Bertolotto, una volta direttore della Terapia del dolore a Pietra Ligure, non si trattiene dal lanciare il solito appello alla modernità: davvero, è ora di smettere di dormire sugli allori della legge Lorenzin. Questa norma, aggiunge, ha bisogno di un restyling urgente se vogliamo non solo stare al passo con la scienza, ma anche fare come fanno quelle nazioni illuminate che probabilmente hanno capito come far girare un po’ meglio questa giostra burocratica.

La cannabis medica in Italia è un affare serio, peccato che per ottenerla si debba fare il solito giro di prescrizioni, farmacie attrezzate e regole tanto precise da far impallidire un trattato di diritto. Un paziente che chiede cannabis terapeutica si vede esaminare la propria condizione con la lente di un rigore quasi maniacale; insomma, la politica dice “si, ma…”.

Chi sono i fortunati prescrittori? Principalmente specialisti come anestesisti, terapisti del dolore, reumatologi, neurologi e oncologi – praticamente la crème della medicina. Il 78% delle prescrizioni riguarda il trattamento del dolore cronico, mentre il 20% è dedicato a malattie caratterizzate da spasticità, tipo la celebre sclerosi multipla. Per il resto, si spazia nel mondo degli anticinetosici, antiemetici e stimolatori dell’appetito, tutte indicazioni che si aggirano intorno al 2%, tanto per non far mancare niente.

Il forum che doveva portare innovazione

Al Forum Cbd & Cannabis medica trionfa anche il progetto Clinn, l’ultimo capitolo del dramma sull’accesso ai trattamenti a base di cannabis terapeutica. “Siamo fieri di aver organizzato questo evento”, dice Salvatore Martorina, direttore operativo di Clinn-Gruppo Mava, come a indicare che l’informazione corretta è quella che qualche paziente e medico finalmente potrà capire meno male di cosa si tratta. O forse no. Il progetto si propone come un microcosmo, una sorta di oasi per medici, pazienti e farmacisti, una piccola rivoluzione nel deserto dell’informazione e nell’immobilismo legislativo che caratterizza il settore.

Insomma, in un paese che si vanta di sapersi prendere cura degli “ultimi”, il mondo della cannabis terapeutica continua a dimostrare quanto la burocrazia, l’incomprensione e le lentezze politiche siano dei complici perfetti nel far arrivare il sollievo un po’ come l’acqua nel deserto: con estrema parsimonia e infinita fatica.

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