Iran in fiamme: missili in volo, miliziani scatenati e il regime che promette vendetta come se fosse uno spoiler da serie tv

Iran in fiamme: missili in volo, miliziani scatenati e il regime che promette vendetta come se fosse uno spoiler da serie tv

Nelle strade di Teheran, tra cori che gridano vendetta, si aggira persino il presidente Masoud Pezeshkian. Cosa c’è di più genuino e spontaneo di un raduno organizzato a tempo di record proprio dopo qualche bombetta americano? Le folle, ben selezionate, sfilano con cartelli in inglese per far sapere al mondo che il popolo iraniano è profondamente offeso. Naturalmente, la scenografia è perfetta, con manifesti di civili fatti a pezzi da quei “delicati” bombardamenti. Chicca finale: la piazza, un tempo teatro delle proteste dell’Onda Verde che chiedeva riforme, si trasforma in un coro unanime di “Abbasso America, Morte a Israele”. Che ironia del destino.

Sembra quasi una recita ben orchestrata, dove il governo convoca e la gente, diligentemente, risponde pronta al grande show patriottico. Ecco spuntare la frase da manuale del perfetto nazionalista: «Il suolo dell’Iran è il nostro onore e la sua bandiera è il nostro sudario». Ovviamente, tutto condito da espressioni d’odio che fanno tanto anni ’80. Per non farsi mancare nulla, c’è pure il presidente Pezeshkian a fare da testimonial, a sottolineare l’unità tra potere e popolo. E chissà se qualche nostalgico dell’Onda Verde applaude?

Masoud Pezeshkian ha avuto anche il tempo di alzare la cornetta e chiacchierare con due illustri amici globali: Emmanuel Macron, dall’altra parte dell’Occidente tranquillamente diviso tra politiche economiche e chiacchiere ambientali, e il premier indiano Narendra Modi. Dal colloquio, ecco la perla:

“L’Iran non si arrenderà mai al bullismo.”

E naturalmente, dalla bocca di Modi arriva la solita promessa pomposa:

“Risponderemo duramente all’aggressione”.

Traduco: la Repubblica Islamica si intestardisce a voler restare quella di sempre, con la stessa indipendenza feroce e quell’ostilità verso l’ordine americano che si porta dietro da decenni. Peccato solo che l’orgogliosa “vendetta” potrebbe scatenare un contrattacco fulmineo, dal quale, indovinate un po’, Teheran non potrà difendersi efficacemente. Perché? Beh, Israele e Stati Uniti hanno armi nucleari, l’Iran… no.

Ma, ecco la chicca: Washington sostiene di aver fatto il suo dovere e ora vuole mollare la presa, senza neppure sognarsi un cambio di regime. Ah, quanto è rassicurante questa “sia pure provvisoria” ritirata! Sarà interessante vedere se a Teheran ci credono davvero, considerato che hanno un arsenale di ritorsioni capaci di trasformare ogni scintilla in un inferno senza precedenti.

Ed è proprio nelle mani della Guida Suprema Ali Khamenei e dei suoi amati pasdaran decidere quale mazzo di carte giocare. Scelta che potrebbe trasformare l’intera regione in un gioco di roulette russa geopolitica, con puntate altissime e conseguenze potenzialmente disastrose.

Facciamoci due risate sulle opzioni iraniane

Quali sono le scelte a disposizione dell’Iran, vi chiederete? Spoiler: nessuna soluzione elegante o razionale. Tra le opzioni più gettonate ci sono attacchi limitati via proxy, ovvero affidarsi ai soliti gruppi armati in zona per lanciare qualche missile qua e là, giusto per mantenere alta la tensione e far vedere che il paese risponde con “decisione”. Classico gioco del gatto col topo che piace tanto alle autarchie regionali.

Oppure la “vendetta eccessiva” che tutti temono, un’escalation che potrebbe portare a un conflitto aperto con potenze nucleari ben più armate. Ma tranquilli, questa è l’opzione meno probabile – perché pure i mullah devono avere un minimo di buonsenso strategico (almeno così speriamo).

In mezzo? Minacce verbali, sfilate patriottiche e un’infinita produzione di slogan bellicosi da distribuire alle telecamere. Tutto mentre la popolazione cerca di sopravvivere sotto il peso delle sanzioni e delle restrizioni interne, dimenticata da quelle stesse mani che ora sventolano la bandiera del riscatto nazionale.