Mark Antony Samson è stato sottoposto a giudizio immediato, una decisione presa dal gip di Roma su richiesta della Procura. Il giovane, che ha confessato di aver ucciso la sua ex fidanzata Ilaria Sula, l’ha brutalmente colpita a morte lo scorso marzo nell’appartamento di via Homs, nel quartiere Africano della capitale.
La vittima è stata recisa con tre coltellate al collo e poi abbandonata in una valigia gettata in un dirupo nella zona di Capranica Prenestina. La prima udienza è stata fissata per il 12 novembre, nell’aula bunker di Rebibbia, davanti ai giudici della Terza sezione della Corte di Assise.
I pm romani, guidati dal procuratore aggiunto Giuseppe Cascini, contestano a Samson il reato di omicidio volontario con l’aggravante della premeditazione, oltre a omicidio per futili motivi, il vincolo affettivo con la vittima e l’occultamento del cadavere.
Macabro dettaglio: tra i messaggi trovati nel cellulare del giovane spicca la minaccia “O torna con me o la uccido”, che ha fatto chiarezza sul piano lucido e malato del femminicidio.
Nel corso dell’ordinanza che ad aprile ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere, il gip Antonella Minunni ha rimarcato un aspetto davvero inquietante: “Ciò che colpisce è il suo atteggiamento di forte autocontrollo e lucidità, in particolar modo nella fase successiva all’omicidio di Ilaria. Nonostante avesse dichiarato più volte di non riuscire a vivere senza di lei, dopo averla brutalmente uccisa e aver smaltito il cadavere, è stato capace di tornare alla normalità quasi subito.”
Come se nulla fosse successo, insomma.
Ma non finisce qui. Anche la madre di Samson è stata chiamata a rispondere per concorso in occultamento di cadavere, aggravato dal nesso teleologico. Per lei è stato disposto il giudizio immediato, e la prima udienza è fissata per il 10 dicembre davanti al giudice monocratico.
Come si vede, questo caso raccoglie tutte le sfumature di un dramma contemporaneo: ossessione, premeditazione, doppio volto di chi si dichiara incapace di vivere senza una persona ma la uccide senza un briciolo di esitazione.
E l’ipocrisia del controllo di sé che si definisce “normalità” subito dopo un gesto così feroce? Quella è la ciliegina sulla torta di una vicenda che, purtroppo, deve ancora fare i conti con giustizia e verità.



