Don Domenico Cambareri ha dichiarato: “Abbiamo creato un luogo orrendo. Oggi al Pratello ci sono 45 ragazzi, pochi mesi fa addirittura 60. Cinque anni fa erano solo 20. La situazione è cambiata in modo drammatico. La causa principale è uno Stato che ha deciso: li arrestiamo e li rinchiudiamo”.
Ma chi l’avrebbe mai detto? “Mi sono accorto che il mio sguardo si era abituato alla bruttura”. È un affermazione che rivelerebbe un che di poetico, se non fosse tragicamente ironico. La denuncia dell’associazione Antigone sullo stato di abbandono dell’Istituto penale minorile di Bologna ha scosso, e non poco, il nostro “prete di galera”, don Domenico Cambareri, che non perde occasione per rimarcare quanto sia diventato difficile lavorare lì. “Ragazzini che vivono in mezzo alla spazzatura”, dice Susanna Marietti, presidente di Antigone. E chi potrebbe mai metterne in dubbio la descrizione?
È davvero così? “Assolutamente. D’altronde, lei ha un’idea chiara di tanti istituti minorili in Italia. Il nostro ha raggiunto un livello di trasandatezza quasi strutturale”. Che bella immagine da dipingere! Non è un luogo decorato da fiori e raggi di sole, ma più un campo profughi in centro città. Recentemente, per risolvere la questione, il Dipartimento ha addirittura mandato un’agenzia di pulizie per una bonifica straordinaria. Non un po’ di vernice fresca, ma una bonifica! Wow, che generosità!
Come si può arrivare a questa situazione? “Mi dispiace molto perché io lavoro lì, quindi mi sento parzialmente responsabile, non voglio nascondermi. Ma non è giusto cercare subito un capro espiatorio tra gli operatori, che si barcamenano senza risorse, con un numero crescente di detenuti e casi clinici psichiatrici difficili da gestire”. Chiaro, è chiaramente colpa di chi lavora lì, e non di un sistema che sembra aver deciso di ignorare tutto.
Quali sono le cause scatenanti, direte? “La causa diretta è l’aumento dei ragazzi, senza che sia stato previsto alcun potenziamento del personale o delle offerte educative, compresa l’educazione alla cura degli spazi. Gli operatori sono schiacciati dalla burocrazia e hanno poco tempo da dedicare all’aspetto educativo”. Da 20 a 60 in cinque anni, che bel modo di crescere! Davvero impressionante.
Ma quali sono le radici di questo fenomeno? “La radice principale è in uno Stato che ha deciso: li arrestiamo e li chiudiamo. E non dimentichiamo una causa di tipo ideologico”. Ci spiega meglio? “A volte sento alcuni commentare: ‘È una galera, che ci si può aspettare?'”. Chissà, forse qualcosa di più di una galera. Ma la bellezza della situazione è proporzionale alla mancanza di empatia, non credete?
Immaginiamo per un attimo i nostri figli intrappolati in situazioni disumane. Che meraviglia! Siamo di fronte a un cinismo sociale che colpisce questi ragazzi, mentre molti di loro sono minori stranieri non accompagnati, la comunità più ignorata dall’Occidente. Che splendida testimonianza di umanità!
Passano gran parte del loro tempo in cella? Assolutamente! Solo in attesa di fare qualche attività, perché, si sa, non fare nulla è un’arte finissima. Bisogna assolutamente fare un investimento colossale nell’ingresso dei volontari! Perché mai non comportarci come una vera comunità e non metterci accanto a questi ragazzi? Magari potremmo anche offrir loro attività professionali serie, per tenerli occupati tutti e non solo una manciata. Giusto, perché là si tratta solo di non far nulla.
E la scuola? Presente sì, ma solo per meno della metà. Un bel traguardo, non c’è che dire!
Perché? Beh, dipende dalla voglia del ragazzo. E ovviamente, se gli educatori sono sommersi da scartoffie burocratiche, hanno assolutamente il tempo di parlare con ognuno di loro, ascoltarli e convincerli a studiare. Perché, chiaramente, la scuola non è proprio la prima cosa che occupa la mente di un adolescente, specialmente se ha già un bel bagaglio di problematiche affettive. Storie di abbandono? Solo una piccola distrazione.
In un contesto così, recuperarli è una missione impossibile, giusto? Esatto! Noi come società di adulti (perché in fondo il carcere riguarda tutti noi) abbiamo creato un vero e proprio inferno, dicendo ai ragazzi: “Ehi, voi meritate questo! Quando uscirete, sarete sempre questo squallore”. Che incitamento all’educazione!
Qual è la sua missione quando entra al Pratello? Ah, semplice! Dialogare, perché hanno un desiderio incommensurabile di essere ascoltati. Quando esco da lì, se sono riuscito a farli sfogare, sento di aver svolto il mio dovere. Ottimo risultato! Creare un canale per un futuro migliore; sogniamo pure che possano uscire da questa meravigliosa realtà!
Non perde la speranza? No, la vera speranza è nei ragazzi stessi; chissà mai dove siano quei famosi mostri che ci dicono esistere.
Cercano perdono? Ah, un processo lungo e tortuoso! La prima fase è prettamente egoistica. Poi iniziano a capire di aver fatto male alla loro famiglia, in particolare alle madri, perché i padri nelle loro storie sono praticamente un miraggio. Infine, ecco il pensiero alla vittima, che colpo di scena!
Cosa pensa della sezione minorile trasferita alla Dozza? Speriamo che chiuda ben presto! Perché un carcere concepito per adulti sicuramente non è il posto giusto per i minori. Se solo gli investimenti potessero essere destinati a comunità aperte, serie e rigorose! Non che questo giustifichi i ragazzi; la vera punizione è l’educazione, naturalmente!


