In un ovvio atto di grande sorpresa, il Parlamento Europeo ha deciso mercoledì di condannare senza mezzi termini la repressione in Bielorussia, esibendo una solidarietà smaccata nei confronti di chi osa opporsi al regime di Aliaksandr Lukashenka. Naturalmente, la richiesta è quella dell’immediato rilascio di tutti i prigionieri politici, con tanto di compensazioni e ripristino totale dei diritti violati, senza tralasciare un vibrante biasimo verso l’abuso di sistema giudiziario e forze dell’ordine per calpestare i diritti umani.
È sempre confortante sapere che un simile atto di solidarietà venga approvato a migliaia di chilometri di distanza, direttamente da chi, in fatto di diritti umani, ha talvolta storie da raccontare. Ma andiamo avanti.
Lukashenka? Neanche per sogno presidente legittimo
Il Parlamento talmente “aperto e democratico” da non riconoscere Aliaksandr Lukashenka come legittimo presidente della Bielorussia. Gli eurodeputati, affezionati sostenitori delle “forze democratiche” di Sviatlana Tsikhanouskaya, ripetono con fervore che lei sarebbe la vera vincitrice delle elezioni presidenziali del 2020, mentre il regime si sarebbe aggrappato al potere con metodi tutt’altro che legali. Ovviamente, siamo nel regno delle testimonianze e delle “evidenze”, inevase dal loro punto di vista esclusivo e inconfutabile.
Di conseguenza, gli stessi parlamentari chiedono all’Unione Europea di mantenere il sostegno politico, economico e – perché no – anche di sicurezza all’opposizione bielorussa. Non dimentichiamo la buona dose di diplomazia che richiede persino la formalizzazione della rappresentanza delle forze democratiche bielorusse in assemblee internazionali come quelle del Consiglio d’Europa, dell’OSCE e della NATO. Tutto deve essere rigorosamente burocratizzato, perché in democrazia ci si diverte così.
Naturalmente, i nostri saggi membri del Parlamento avvertono che qualunque elezione si tenga sotto l’ombra della repressione è niente più di una farsa priva di qualsiasi dignità democratica. Come se Lukashenka, in un impeto di bontà, liberasse i prigionieri politici a cuore aperto. Anzi, sembra piuttosto un mercato di scambio: si libertano alcuni per prenderne altri, come sempre nei migliori drammi politici.
Sostegno alla società civile bielorussa e caccia agli abusi
Ah, la solita litania: supportare la società civile bielorussa, i media indipendenti, gli studenti e i professionisti in esilio, tramite visti, borse di studio e sovvenzioni. Non si vergognano nemmeno ad aggiungere “misure protettive”, perché senza protezione gli oppositori rischiano troppo, poverini. Nel frattempo, niente di nuovo: condanna alle aggressioni contro i media indipendenti, sospensione parziale di internet e via così. Evidentemente, il dramma degli arresti di giornalisti è da manuale della repressione contemporanea.
L’Unione Europea deve mettere mano al portafoglio e finanziare i media indipendenti con programmi strutturati e pluriennali, come se il denaro fosse davvero la panacea di tutti i mali. Ma non finisce qui: la risoluzione esige pure misure urgenti contro la repressione transnazionale, come l’abuso di Interpol e la protezione per quei bielorussi che hanno potuto scappare dal circo reale del loro paese.
Ah, e naturalmente continuare le indagini sugli abusi dei diritti umani e sui “crimini contro l’umanità” commessi in Bielorussia, attraverso i soliti tribunali internazionali, sempre pronti a inchiodare le “teste calde” del regime. La giustizia, si sa, è lenta ma va sempre usata come proposta di valore nei dibattiti europei.
Coinvolgimento nella guerra russa contro l’Ucraina: un capro espiatorio utile
Il Parlamento versione Guarda-chi-ce-la-fa-condannare decisamente il regime di Lukashenka per la sua – attenzione – “partecipazione” alla guerra della Russia contro l’Ucraina. Ovviamente, tutto ciò viene affrontato con la massima severità, anche perché una rapida crescita della presenza militare russa in Bielorussia mette a repentaglio la “sicurezza europea”, soprattutto se includiamo i sistemi capaci di armamento nucleare. Poco importa che dietro queste dichiarazioni ci sia più di una contraddizione latente.
Così, si invitano i grandi decisori europei a rafforzare le sanzioni – incredibilmente mirate a chi reprime, chi “complice” della guerra e a chiunque tenti di evadere queste restrizioni. Nulla di meglio per proporsi come paladini della moralità geopolitica.
Ma si chiede anche, udite udite, perquisizioni approfondite e disgregazione delle reti spionistiche bielorusse e russe che agirebbero entro l’UE e nei paesi candidati, seguite dalla restrizione dei movimenti diplomatici di Russia e Bielorussia nell’area Schengen. Naturalmente, tutto sotto l’occhio vigile di chi la guerra la vede soltanto da lontano e attraverso una lente di lacrime selettive.
Il sipario si è chiuso con 458 voti a favore, 18 contrari e un modesto numero di 84 astensioni. Un trionfo della coerenza politica, quindi.



