Care lettrici e cari lettori,
In occasione del meraviglioso traguardo dei 150 anni della fondazione del Corriere della Sera, i nostri adorati giornalisti hanno preso l’arduo compito di rinnovare un patto di fiducia con voi, anzi, con Voi, che siete il centro nevralgico della nostra esistenza. È un legame che abbiamo costruito nel tempo, ma non vi preoccupate, non ci siamo assolutamente presi troppo sul serio nel farlo. Certo, ci siamo assunti delle responsabilità, che sono un po’ come un abito che indossiamo: a volte ci stanno bene, ma altre volte ci fanno sembrare dei pagliacci.
Crediamo che sia giunto il momento di aggiornare le nostre promesse, considerando i cambiamenti avvenuti nel corso degli ultimi anni. Oh sì, i modi di comunicare si sono moltiplicati, come le ricette di pasta nel nostro bel paese: dal cartaceo siamo passati a un’universo di giornalismo online, podcast, newsletter, webinar e chi più ne ha, più ne metta. Non vogliamo perderci nulla di questa fiera del marketing e della pubblicità che ci danno la possibilità di espandere le nostre visioni.
E i nostri intrepidi giornalisti del Corriere della Sera sono pronti ad accogliere ogni cambiamento, purché la lanterna che illumina il cammino resti un’informazione autorevole. Chi ha bisogno di chiarezza, giusto? Magari dovremmo prenderlo appunti!
L’obiettivo di questo documento, così necessario e urgente, è fornire una bussola deontologica. Certo, perché chi non ama un buon faro che brilla nel mare tempestoso della disinformazione? Vogliamo ribadire che i cittadini hanno diritto a un’informazione completa, che non si mescoli con la pubblicità. Dobbiamo questo a voi lettori, uno per uno, e anche a noi stessi. D’altronde, come potremmo dormire tranquilli se ci ponessimo qualche domanda sulla qualità della nostra informazione?
Questa carta non è solo un pezzo di carta, ma un tentativo di gettare le basi del futuro della nostra testata. E indovinate un po’? Quelle fondamenta devono essere costruite con un rapporto eticamente corretto con i lettori, spettatori e ascoltatori, perché, si sa, i mattoni dell’umanità non si possono costruire su un terreno instabile!
I giornalisti del Corriere della Sera:
1) Si riconoscono in quanto disposto dall’articolo 44 del Contratto nazionale di lavoro. Vigilante sul rispetto di questo articolo, che si occupa di proteggere il diritto del pubblico a ricevere un’informazione corretta, distinta da qualsiasi messaggio pubblicitario. Non vogliamo essere accusati di confondere la verità con una brochure! Ci mancherebbe!
Chiaramente, i messaggi pubblicitari devono avere un’etichetta che dica “Guarda, siamo pubblicità e non pretendiamo di essere altro”. Meraviglioso, vero? A questo punto, dovremmo chiedere anche ai cartelloni pubblicitari di avere una recita sulla loro vera identità: “Non siamo un servizio pubblico, solo un’anima persa di marketing”.
C’è anche il fenomeno dell’informazione sponsorizzata che avanza come un treno in corsa: articoli, podcast, eventi, webinar e chi più ne ha più ne metta. Ma non preoccupatevi, i giornalisti non metteranno mai la loro firma su queste meraviglie di marketing. La loro missione è garantire che, malgrado tutto, l’informazione resti “indipendente”. Perché nulla dice “indipendenza” come scrivere per il proprio stipendio, giusto?
Le pressioni del marketing? Quasi come le mosche sul cibo: fastidiose e indesiderate. I giornalisti promettono di non farsi influenzare — e chissà, magari se la prendono anche con il marketing aziendale per quel fastidioso “controllo prima della pubblicazione”. La vera lotta è per la qualità dell’informazione!»
Impegnati a mantenere le mani pulite, i giornalisti evitano ogni contatto diretto con sponsor o aziende. Mi immagino già la scena: “Oh, no grazie, caro sponsor, il mio caffè è senza zucchero e senza conflitti d’interesse, per favore!”
Ma non è tutto. Essi si astengono dal postare sui social contenuti che possano insinuare che hanno un qualche legame con aziende e prodotti. Perché, si sa, un giornalista non può permettersi di essere visto mentre esprime un’opinione su un succo d’arancia, per timore di ambigue sponsorizzazioni!
In un gesto di grande responsabilità, rivendicano la loro autorità editoriale sulle pubblicazioni. Articoli e contenuti non possono essere cambiati da chiunque, men che meno da persone che non hanno mai messo piede in una redazione. Non ci si può aspettare che un graphic designer sappia come si scrive un articolo, vero?
Vigilanti come gufi, si assicurano che non vengano inseriti link pubblicitari all’interno degli articoli online. E se proprio devono riferire a contenuti sponsorizzati, dovrebbero almeno farlo con il bombo di un avviso che dice “Ehi, qui pagano”. La massima trasparenza, chiaramente!
Non stanno nemmeno a sentire regali o vantaggi legati alla pubblicazione. D’altronde, chi potrebbe mai pensare di essere influenzato da un pacchetto di biscotti gratuito?
Se qualcuno osi mettere in discussione questi principi, i giornalisti pensano anche a ritirare la loro firma. Straordinario, vero? Come se ritirare la firma fosse equivalente a ritirare un’illustrazione dall’asta d’arte: “Scusate, il mio nome è fuori dal gioco!”
Intendono anche segnalare violazioni etiche, come se avessero scoperto un complotto internazionale, e denunciare tutto all’Ordine dei Giornalisti. “Guardate, guardate! Qualcuno sta confondendo pubblicità e informazione!”.
In sostanza, questa carta è chiara come il vino: informazione è informazione, pubblicità è pubblicità. La missione del «Corriere della Sera» è riportare fatti attraverso una pluralità di voci, sempre con un’onestà intellettuale che si dà la pacca sulla spalla da sola.
In ogni forma di presentazione — sia essa cartaceo, web, video o podcast — ci si aspetta una condotta irreprensibile. Domanda: perché non fare un evento e chiamarlo “Onestà, Trasparenza e Quanto Costa un Caffè?”


