Il governo finalmente si decide a far partire gli alcolici senza alcol, come se fosse la scoperta dell’acqua calda

Il governo finalmente si decide a far partire gli alcolici senza alcol, come se fosse la scoperta dell’acqua calda

Sbloccare la dealcolazione dei vini in Italia: un’incognita risolta con un decreto che ha rischiato di aspettare fino al 2026.

L’approvazione del decreto-legge fiscale arriva finalmente a rimuovere un ostacolo che sembrava destinato a durare anni, o almeno fino al 2026, almeno secondo il segretario generale di Unione Italiana Vini (Uiv), Paolo Castelletti. Con un tempismo che rasenta il miracolo, il decreto anticipa la scadenza per l’adozione del decreto interministeriale tra Ministero dell’Economia e Ministero dell’Agricoltura, aprendo ufficialmente la strada alla regolamentazione dei vini dealcolati in Italia.

“Ora i ministeri potranno mettersi al lavoro subito per definire le condizioni e le autorizzazioni fiscali necessarie alla produzione di vini dealcolati sul territorio nazionale”, commenta Castelletti; un passaggio che finora sembrava più una chimera che un fatto concreto. Insomma, una speranza finalmente supportata da un atto concreto, dopo mesi di vuoti normativi che hanno fatto invecchiare di anni intere bottiglie ancora ferme nello stand-by burocratico.

Secondo Uiv, questo decreto rappresenta l’ultimo nodo fiscale da sciogliere per permettere alle aziende italiane di entrare finalmente nel business della dealcolazione domestica. Per chi non lo sapesse, a marzo il decreto legge numero 43 aveva già modificato in modo sostanziale il Testo Unico delle Accise, inserendo l’articolo 33-ter che disciplina il processo fiscale di dealcolazione. Peccato che si fosse pensato bene di far entrare in vigore questa norma solo dal 1° gennaio 2026, paralizzando di fatto la produzione e costringendo Uiv a un pressante appello per un intervento transitorio che colmasse questo vuoto normativo.

Per dare un’idea del potenziale commerciale di questo segmento, l’Osservatorio Uiv-Vinitaly stima che il mercato italiano dei vini No-low (a basso contenuto alcolico o dealcolati) valga oggi appena 3,3 milioni di euro. Una cifra quasi ridicola rispetto alle prospettive entusiasmanti: nel giro di quattro anni, la dimensione di questo mercato potrebbe quintuplicarsi, toccando quota 15 milioni di euro. E se guardiamo oltre i confini nazionali, il mercato globale si aggira attualmente intorno ai 2,4 miliardi di dollari, con una proiezione di crescita fino a 3,3 miliardi entro il 2028. Insomma, un settore che potrebbe rivelarsi il prossimo oro liquido, se solo si smettesse di procrastinare.

In definitiva, dopo anni di stallo che sembravano voler far passare un’era geologica prima di regolamentare i vini dealcolati, ora finalmente l’Italia si avvia a raggiungere almeno il treno dell’innovazione. Resta solo da vedere quanto rapidamente i ministeri riusciranno a concretizzare questa svolta burocratica, perché tra decreto approvato e decreto operativo il salto sembrava destinato a rimanere eterno.

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