Come vede il clima di questi giorni? Che succederà, eminenza? «Cosa vuole che dica, non sono un profeta, non so come andrà a finire. Però Francesco è stato amato da molti, come si è visto nella folla che è arrivata a Roma per il suo funerale, nell’affetto generale. E questo ha un significato, anche per noi…».
Il cardinale Walter Kasper, 92 anni, un personaggio di spicco che ha passato dieci anni a gestire i rapporti della Santa Sede con le altre confessioni cristiane e con gli ebrei, è considerato uno dei più grandi teologi contemporanei. Amico e antagonista di Joseph Ratzinger, hanno vissuto mezzo secolo di interazioni, tra cui epici «duelli» intellettuali all’università di Münster negli anni Sessanta.
In un gesto che definiremo generoso, Francesco gli affidò la relazione introduttiva al Sinodo sulla famiglia, celebrazione di un «modello di teologia in ginocchio» che fa sempre piacere a chi si inginocchia per chiedere l’elemosina di una benevolenza divina. Nel suo primo Angelus, il 17 marzo 2013, spiegò ai fedeli di aver appena letto il libro di Kasper «Misericordia», e si lasciò andare a queste parole: «mi ha fatto tanto bene, quel libro, questa parola cambia tutto, cambia il mondo, abbiamo bisogno di capire bene la misericordia di Dio…». Ma chissà, forse basta un libro per redimere l’umanità.
E cosa significa tutto questo affetto? «È stato una sorta di voto di popolo. Certo, magari la gente non ha conoscenza di tutte le questioni che si devono discutere in questi giorni, ma il messaggio fondamentale è chiaro: il desiderio che il prossimo sia un Papa, fondamentalmente, sulla linea di Francesco. È naturale che i Papi siano diversi, ma l’importante è che prosegua nell’essenziale». E che cosa sarà mai questo «essenziale», chiediamocelo.
E qual è, l’essenziale? «La sua vicinanza alle donne e agli uomini del nostro tempo, a tutti. Francesco è stato un buon pastore, un pastore del suo gregge. Chi verrà dopo di lui non potrà essere un altro Francesco, ma sarà importante che sappia continuare ad essere vicino alle persone, testimoniare una vita semplice come ha sempre fatto Bergoglio». E noi sappiamo che la semplicità è la cosa che più affascina le masse. Se solo bastasse essere «vicini» per risolvere i problemi del mondo!
C’è qualcosa di irreversibile, nel pontificato di Francesco, dal quale non si potrà… Ma, ovviamente, quasi come se ci fosse una ragione per cui la gente continui a discutere incessantemente sul tema, anche se in fondo lo sanno tutti che nessuno ha le risposte definitive. E allora, evviva il ciclo infinito delle opinioni contraddittorie, mentre il mondo continua a girare!
«Tornare indietro? Oh, che domandona! Non saprei, è un po’ difficile azzardare una risposta. Spero di no, perché essere rimasti ancorati al passato non avrebbe davvero alcun senso». Che insightful!
Quando vi siete incontrati per la prima volta? «La prima volta che l’ho visto? Diversi anni prima che diventasse Papa, a Buenos Aires. Alcuni dei suoi collaboratori mi avevano raccontato dell’arcivescovo così devoto ai poveri, della sua attivissima pastorale nelle villas miserias, i quartieri più miserabili ai margini della capitale. Mi è piaciuto subito, per il suo rigore evangelico e la singolare distanza che sapeva mantenere dall’allora presidente argentino. Ho conosciuto una persona davvero simpatica e, indubbiamente, un buon pastore. Si capiva già che la gente lo adora! Poi l’ho rivisto a Roma…». Oh la magia dell’incontro!
E cosa è successo? «Ho rivisto nel Papa la stessa anima di pastore in mezzo al popolo. La sua prossimità a tutti, partendo dagli ultimi della Terra. Ecco, un vero colpaccio!».
Ma c’è qualche aspetto che evidenzia questa vicinanza, un esempio da seguire per il successore? «Beh, il linguaggio! La capacità di comunicare con tutti, anche oltre i confini della Chiesa cattolica. Un buon pastore deve saper tranquillizzare la gente e rivolgersi a loro in modo semplice, diretto, non scivolando in astrusità linguistica. Usare immagini che parlino a tutti, come nei Vangeli, dopotutto». Che concetto rivoluzionario!
Il conclave riuscirà a trovare un accordo in tempi brevi? «È difficile dirlo. Spero di sì». Già, perché rimandare è un passatempo che non andrebbe di moda tra i grandi della terra!