Grandi magazzini: l’oro verde sui tetti che ignorano mentre sprecano milioni e inquinano senza pudore

Grandi magazzini: l’oro verde sui tetti che ignorano mentre sprecano milioni e inquinano senza pudore

Mentre gli Stati Uniti cercano disperatamente di sganciarsi dal loro atavico amore per i combustibili fossili e di abbracciare qualche fonte di energia un po’ meno inquinante, gli esperti si sono finalmente accorti di una risorsa quasi dimenticata: quei mastodontici tetti e parcheggi vuoti di supermercati e centri commerciali. Che genio, no?

Gli spazi sterminati sopra i negozi di Walmart, Target e Costco sono così sfruttati quanto un divano Ikea inutilizzato, ma evidentemente perfetti per allestire pannelli solari. Si profila così il miraggio di una nazione che ridurrebbe la sua dipendenza energetica dall’estero, taglierebbe le emissioni di gas serra e risparmierebbe milioni di dollari. Tutto grazie a qualche raggio di sole e a un po’ di buona volontà – o almeno si spera.

Prendiamo l’esempio del negozio Ikea di Baltimora. Installando pannelli solari sul tetto e coprendo il parcheggio con queste magiche cucuzze, hanno ridotto dell’84% l’energia acquistata e tagliato i costi del 57% nel solo periodo da settembre a dicembre 2020. Bonus: i clienti trovano anche l’auto al fresco quando c’è il sole. Ma quanti altri store seguono questa illuminata (letteralmente) strada?

A febbraio 2021, Ikea vantava 54 impianti solari installati in oltre il 90% delle sue sedi negli Stati Uniti. Roba da far impallidire chiunque, eppure rimane un esempio isolato in mezzo a un oceano di tetti inutilizzati.

Secondo un rapporto di un’organizzazione ambientalista e di uno studio di ricerca, i megastore e i centri commerciali potrebbero tranquillamente coprire metà del loro fabbisogno elettrico semplicemente sfruttando lo spazio disponibile sui tetti per l’energia solare. Sembra una strategia geniale, quasi naif, se solo qualcuno avesse il coraggio di farlo davvero.

Il potenziale? Elettricità sufficiente per alimentare quasi 8 milioni di case medie statunitensi. Riduzione equivalente delle emissioni? Tolto dalla strada l’equivalente di 11,3 milioni di auto a benzina. Non esattamente bruscolini.

Per fare un esempio concreto, il tetto medio di un Walmart misura 180.000 piedi quadrati, pari grosso modo a tre campi da football. Abbastanza per fornire energia a 200 abitazioni. Ma solo un numero esiguo di questi luoghi ha scelto di investire in questa energia rivoluzionaria chiamata “sole”. Oh, l’ironia.

Johanna Neumann, direttore senior della campagna per il 100% di energie rinnovabili di Environment America, ha detto a proposito:

“Ogni tetto in America che non produce energia solare è un tetto sprecato mentre cerchiamo disperatamente di liberarci dalla dipendenza dai combustibili fossili e dai circoli viziosi della geopolitica che li accompagnano. Ora è il momento di puntare sulle energie rinnovabili locali, e non c’è posto migliore dei tetti dei megastore.”

Non solo il pianeta e il portafoglio ringrazierebbero, ma anche le economie locali potrebbero beneficiare di un’impennata grazie a un’economia verde in ascesa: corsi di formazione per lavoratori nel settore energetico pulito, nuova occupazione. Sarebbe perfetto se non fosse che la rivoluzione solare nel retail di massa resta una chimera per motivi che non hanno nulla a che vedere con la voglia di salvare il mondo.

Infatti, anche se gli esperti giurano che il solare sia uno dei rimedi più semplici e immediati per tagliare emissioni e costi, i giganti della distribuzione tirano in ballo regolamenti kafkiani, costi del lavoro insostenibili e – come ciliegina sulla torta – la fragilità strutturale dei tetti stessi. Insomma, scuse colossali per non dover fare sul serio.

Edwin Cowen, professore di ingegneria civile e ambientale alla Cornell University, ha commentato:

“Siamo in grave ritardo, per dirla con gentilezza. Avrei voluto vedere leggi e incentivi per il solare sui tetti almeno quindici anni fa, non cinque. C’è ancora tantissimo lavoro da fare.”

E intanto i tetti restano vuoti, le emissioni salgono e il cambiamento climatico continua a fare il suo triste spettacolo, mentre qualcuno aspetta ancora la rivoluzione solare nei mega store. Meglio stare comodi, no?

Walmart, il più grande rivenditore del paese, detiene con distacco il potenziale solare più enorme. Con circa 5.000 negozi negli Stati Uniti e più di 72,8 milioni di metri quadrati di superficie sui tetti — un’area più estesa di quella di Manhattan — il gigante della distribuzione dispone di un potenziale solare annuo di oltre 8.974 gigawattora, secondo un recente rapporto.

Questa elettricità potrebbe alimentare più di 842.000 case. Sì, avete letto bene: solo i tetti di Walmart potrebbero far funzionare centinaia di migliaia di abitazioni. Ma evidentemente installare pannelli solari è troppo “rivoluzionario” per un colosso così avanguardista.

Johanna Neumann di Environment America ha affermato senza mezzi termini:

“Ogni tetto in America che non produce energia solare è un tetto sprecato, mentre cerchiamo di spezzare la nostra dipendenza dai combustibili fossili e dai conflitti geopolitici che ne derivano.”

Peccato che Mariel Messier, portavoce di Walmart, abbia spiegato a CNN che, sì, l’azienda è coinvolta in progetti di energie rinnovabili in tutto il mondo, ma molti non sono installazioni solari sui tetti. Piuttosto parliamo di impianti eolici e solari on-site e off-site che insieme superano i 2,3 gigawatt di capacità, mica bruscolini. Però, non esattamente il tetto sopra la testa.

Naturalmente Environment America ha incontrato più volte Walmart, implorandolo di impegnarsi a installare pannelli solari sui tetti e nei parcheggi. Il colosso ha dichiarato di puntare al 100% di energia rinnovabile entro il 2035, una data che sembra lontana ma che si spera non rimanga solo una bella intenzione da calendario.

Neumann ha sintetizzato la questione con sferzante ironia:

“Tra tutti i rivenditori americani, Walmart potrebbe fare il salto di qualità più grande se decidesse di mettere pannelli solari su ogni negozio. Questo rapporto serve solo a ricordare quanto impatto potrebbero davvero avere, se solo osassero.”

Secondo i dati di Environment America, alla fine dell’anno fiscale 2021, Walmart aveva installato quasi 194 megawatt di capacità solare nei suoi stabilimenti statunitensi, con ulteriore potenza acquisita da impianti solari off-site. In California, i sistemi installati avrebbero dovuto fornire tra il 20% e il 30% dell’energia necessaria a ogni sito. In altre parole, grandi promesse con realizzazioni parziali, come al solito.

I Competitor Non Restano A Guardare

Target ha avuto il primato nel 2019 per la maggiore capacità solare on-site, secondo l’ultima relazione ufficiale dell’industria del solare. Attualmente, conta 542 sedi con impianti solari sui tetti, circa un quarto dei suoi negozi, che producono tra il 15% e il 40% del fabbisogno energetico di ciascuna struttura.

Il direttore finanziario di Costco, Richard Galanti, ha invece candidamente dichiarato che il suo gruppo ha 121 negozi dotati di pannelli solari sui tetti nel mondo, di cui 95 negli Stati Uniti. Perché fermarsi qui?

Curiosamente, non si sa esattamente quali siano quegli ostacoli insormontabili per i colossi Walmart, Target e Costco nel moltiplicare l’installazione di pannelli solari su tetti e parcheggi, dato che nessuno ha voluto rispondere direttamente su questo punto.

Environment America ha stimato il potenziale di case che potrebbero essere alimentate grazie al solare sui tetti di queste catene, e i numeri sono più che eloquenti:

Walmart: 842.700 case
Target: 259.900 case
Home Depot: 256.600 case
Kroger: 192.500 case
Costco: 87.500 case

Johanna Neumann ha poi aggiunto, con quel tocco di cinismo che solo chi segue queste situazioni può permettersi:

“Sospetto che vogliano una ragione commerciale ancora più forte per deviare dal business as usual. Tradizionalmente, quei tetti hanno fatto solo da tetto alle loro sedi, ma ripensarli come generatori di energia richiederebbe solo un piccolo sforzo innovativo nel loro modello di business.”

È il caso di Home Depot, che conta circa 2.300 negozi: ha completato 75 impianti solari sui tetti, 12 sono in costruzione e più di 30 pianificati. Secondo Craig D’Arcy, direttore della gestione energetica dell’azienda, il solare copre in media metà del fabbisogno energetico di questi negozi. Un bel passo avanti, soprattutto se confrontato con il resto del clan dei grandi magazzini.

Ma ahimé, come sempre nell’industria, ci sono dettagli poco entusiasmanti: il degrado dei tetti esistenti rappresenta un ostacolo “enorme” all’installazione, ha lamentato D’Arcy. Se il tetto deve essere rimpiazzato, la questione si complica non poco. Insomma, le ristrutturazioni non sono esattamente il passatempo preferito di queste multinazionali, figurarsi quando si tratta di ristrutturazioni ecologiche.

Come se fosse una rivelazione scientifica, ci viene detto che installare pannelli solari sui tetti dei grandi magazzini non conviene “oggi” perché i numeri non tornano – almeno per i prossimi 15-20 anni. Un colpo di genio finanziario targato Home Depot che ha deciso saggiamente di restare ancorata al passato, ignorando quale sarà la fonte energetica del futuro, semplicemente perché “non fa senso” economicamente nel breve termine.

D’Arcy di Home Depot ci rassicura dicendo:

“Abbiamo l’obiettivo di installare impianti solari sui tetti quando la situazione economica è davvero interessante.”

Nel frattempo, Kroger, un gigante con 2.800 negozi sparsi negli Stati Uniti, vanta con piglio quasi eroico “solo” 15 proprietà con pannelli solari, comprese sedi di distribuzione e impianti di produzione. E, attenzione, tra i tanti “fattori che influenzano la fattibilità dell’installazione” troviamo addirittura… la capacità dei tetti di supportare fisicamente i pannelli. Che colpo di scena!

Secondo un professore di ingegneria del Cornell, la tecnologia solare è ormai “attraente,” ma tra i costi del lavoro, i tanto amati incentivi (che brillano per assenza) e la giungla regolatoria, le aziende arrancano. Insomma, la complessità sembra quasi fatta apposta per scoraggiare chiunque voglia rischiare.

Il professore spiega con candore che installare pannelli solari significa assumere ditte locali esperte di una burocrazia locale altrettanto intricata. Ma certo, perché cambiare quando si può far continuare lo spreco e la confusione?

Sean Casten, deputato dell’Illinois che presiede la task force sul settore energetico alla Camera, dà un quadro altrettanto roseo:

“Gli Stati Uniti hanno completamente fallito nel fornire gli incentivi a chi ha le competenze per realizzare questi impianti. Il motivo per cui le grandi catene e il settore energetico non si sono mossi è che il nostro sistema è un caos completo con normative assurde.”

Casten non si ferma e smaschera l’ipocrisia di un sistema federale che da un lato si strugge per il clima, dall’altro continua a regalare miliardi all’estrazione di combustibili fossili mentre punisce l’energia pulita. E l’ostacolo principale? Le distribuzioni locali nemiche dei pannelli solari perché “non vogliono perdere carico.”.

Non solo si poteva fare tutto decenni fa, sostiene Casten con la saggezza di chi vede benissimo ma non può nulla, ma non l’abbiamo fatto e ora siamo nelle mani della crisi climatica, nonché in bolletta come non mai. Complimenti per la lungimiranza!

Il paradosso delle grandi superfici e l’opportunità sprecata

Charles Callaway, direttore organizzativo di un’associazione ambientalista di New York, sembra quasi impazzire a vedere il potenziale non sfruttato delle superfici solari sui tetti dei grandi magazzini. Se solo le aziende volessero collaborare con le comunità locali, assumendo chi vuole lavorare nell’installazione o condividendo indirettamente l’energia prodotta, sarebbe una svolta. Ma non accade. Sicuramente per un capriccio.

Callaway ha persino organizzato corsi di formazione per più di 100 persone di comunità locali – soprattutto persone di colore, perché la giustizia sociale vuol dire anche questo – per farle diventare installatori di pannelli solari. Inoltre ha fondato una cooperativa per garantire occupazione in un mercato del lavoro tutt’altro che facile.

Negli ultimi due anni, oltre a installare pannelli solari su abitazioni a basso costo, sono riusciti a produrre 2 megawatt solari su centri commerciali nello stato di New York. Ovviamente la chiave è assumere locale: loro conoscono comunità e normative altrettanto complicate.

Un altro “piccolo” dettaglio di cui si dimenticano in molti è la giustizia sociale. Secondo il professore Cowen, l’accesso alle energie rinnovabili resta un lusso per pochi privilegiati e trovare il modo di democratizzarlo sembra un’impresa della NASA. Quanto ci piace complicare le cose!

Jasmine Graham, responsabile politiche energetiche dell’associazione, è un po’ più ottimista ma con riserva: per far sì che l’energia solare sui grandi magazzini diventi praticabile e “giusta”, ci vogliono lavoro locale, salari dignitosi e modelli di “solar community” che riducano le bollette a chi è nella stessa zona di distribuzione.

Nel frattempo, i capi del mondo vengono incalzati a correre ai ripari per la crisi climatica dopo che l’ONU ha avvertito che la finestra d’azione si chiude rapidamente. Che tempismo!

Neumann crede fermamente che gli Stati Uniti potrebbero coprire il fabbisogno energetico con le rinnovabili, purché ci sia la volontà politica – che fino a oggi è stata di una fantasia pari al mito di Atlantide – e si coinvolga la comunità locale per evitare che qualcuno resti indietro.

Neumann conclude con un messaggio edificante:

“Prima facciamo questa transizione, prima avremo aria pulita, un ambiente migliore, salute più sana e un futuro vivibile per i nostri figli. E anche se serve investire, è un investimento che vale la pena fare.”

Peccato che quel “prima” sembri nascere da un altro pianeta vista la realtà che rallenta a vista d’occhio, e che preferisce inseguire vecchie logiche economiche piuttosto che abbracciare la rivoluzione verde che sta anche perdendo tempo prezioso. Nel frattempo, continuano a farsi beffe del pianeta e di chi lo abita.

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