Con l’Intelligenza Artificiale, l’ingegnere di domani non sarà più un semplice tecnico, ma un regista d’eccezione di dati e decisioni. Addio ore spese in compiti ripetitivi: benvenuti sguardi lungimiranti e strategie piene di sostenibilità. Ecco l’ambizioso obiettivo che Vito Grassi, amministratore delegato di Graded, ci dipinge all’ombra del Vesuvio, presentando il nuovo corso di formazione sull’AI firmato dalla compagnia Data Masters. Naturalmente, questa rivoluzione tecnologica è a disposizione di tutti: dipendenti e collaboratori del gruppo partenopeo nel settore energetico sono chiamati a raccogliere la sfida.
Dodici ore di lezione spalmate su sei settimane, gestite con la precisione di un’orchestra sinfonica dall’Area organizzazione coordinata dalla Ludovica Landi, affiancata dai noti esperti Gerardo Cardillo per l’Area Ingegneria e Gennaro Ardolino per l’Area Digital/IT. Una squadra di nomi che promette di trasformare i partecipanti in paladini digitali.
Un corso per formati o per conquistare il futuro digitale?
Non si tratta solo di imparare qualche nozione su intelligenza artificiale come se fosse il manuale dell’ultimo gadget; qui si parla di far salire a bordo un’intera flotta di collaboratori, rendendoli protagonisti della rivoluzione digitale in atto. Tra gli argomenti in scaletta: Prompt Engineering e Advanced Prompt Engineering (per chi pensa che scrivere comandi sia roba da giovani smanettoni), introduzione alla Generative AI, e magari anche qualche storiella sui campioni del momento come ChatGPT, Claude, Perplexity, Automation, con uno spotlight irresistibile dedicato a Google Gemini.
Da sempre campione nel giocare d’anticipo, Graded vede nell’IA una specie di turbo per i servizi di ingegneria focalizzati sull’efficienza energetica: dalla gestione high-tech degli edifici e dei consumi, all’ottimizzazione industriale con digital twin e simulazioni che farebbero impallidire qualsiasi film di fantascienza. Non manca la manutenzione predittiva – roba da sensori e algoritmi più svegli di certe maestranze – fino all’analisi della sostenibilità, con la speranza di ridurre quella temutissima carbon footprint.
Vito Grassi ci mette la firma sull’ambizione, puntualizzando che la vera montagna da scalare non è prettamente tecnologica, ma piuttosto il delicato bilanciamento tra formazione, regolamentazione e un’etica condivisa. Insomma, niente automazione che escluda, ma uno strumento da usare per emancipare—sempre ammesso che non si preferisca il solito modello delle macchine che sostituiscono l’uomo anziché liberarlo.
In pratica, stiamo di fronte alla promessa di un futuro dove l’intelligenza artificiale diventa la bacchetta magica di un ingegnere moderno, capace di dirigere scenari complessi e di trasformare un’azienda tradizionale in un faro digitale. Ovviamente, senza mai dimenticare che dietro ogni algoritmo ci sono persone da formare, responsabilizzare e – perché no? – anche proteggere dall’inevitabile tsunami tecnologico.