Quando Rebecca, capo del team medico a bordo della Ocean Viking di SOS Mediterranee, ha visto il numero scritto a penna sulla mano di un migrante appena soccorso, non poteva crederci. Quel numero indicava la sua glicemia. “L’equipaggio di Astral”, la nave che lo aveva recuperato, “aveva identificato un diabetico tra i superstiti e aveva fatto un test, segnando il risultato sulla mano. Ciò che ho visto è stato scioccante: quel valore era talmente alto da sembrare un errore. Uno zucchero nel sangue sette volte sopra la norma e lui camminava e parlava normalmente.” Dopo un secondo controllo, il livello era addirittura più alto. Il dialogo era complicato, ma hanno capito che l’uomo aveva ricevuto la diagnosi di diabete di tipo 2 pochi mesi prima, da allora senza accesso a cure adeguate e totalmente incapace di gestire la sua condizione.
Molti migranti come lui portano con sé malattie croniche non curate, una realtà tra le tante che i soccorritori devono fronteggiare mentre solcano il Mediterraneo, quel vasto lago di sofferenza e speranza forzata. Persone ferite, stanche, traumatizzate, donne incinte; tutte accolte da una clinica galleggiante: a bordo della Ocean Viking, un team di quattro professionisti — infermiera, ostetrica, medico e leader del gruppo medico — si occupa delle prime cure. Tra loro c’è Rebecca, ostetrica di formazione, che si dedica da anni a questo lavoro, un impegno impegnativo e sempre imprevedibile.
Rebecca racconta: “Le condizioni mediche che affrontiamo spaziano da patologie croniche debilitanti a disabilità, malattie tropicali, traumi e cure primarie. Aggiornare le mie competenze cliniche è stato fondamentale, imparo sempre qualcosa di nuovo a ogni intervento.”
In molti Paesi di origine, i migranti non hanno mai visto un dottore prima: un bagaglio pesante a cui si aggiungono problemi acuti della traversata come ipotermia, mal di mare, disidratazione o ustioni da carburante. Il team si è persino trovato a prestare soccorso a persone con disabilità, inclusi minori accompagnati dai genitori. Nel solo 2023, circa 20 persone con disabilità hanno ricevuto assistenza a bordo della Ocean Viking.
Ma ovviamente non si tratta solo di salute fisica. I disturbi mentali e i traumi legati ai campi di detenzione libici o al viaggio in mare sono all’ordine del giorno. Rebecca osserva con ironia amara: “È sorprendente vedere come, a bordo, queste comunità di disperati spesso sconosciuti prima della traversata, si uniscano per fare da sostegno reciproco nella gestione delle difficoltà emotive. A volte, sopravvissuti si aiutano a vicenda a chiedere aiuto all’équipe medica quando non riescono a dormire o si trovano in difficoltà a prendersi cura di sé, preoccupandosi spesso più degli altri che di se stessi, creando attorno a sé uno strano ma efficace supporto solidale.”
Infine, Rebecca confessa che ciò che la spinge a continuare è proprio “la possibilità di aiutare chi, molto spesso, non ha mai avuto accesso alle cure: vittime di violenze, torture, abusi sessuali, persone ignorate da ogni sistema sanitario o affette da malattie croniche trascurate. Poder fare la differenza e dimostrare che a qualcuno importa davvero di loro è la vera ricompensa.”