Guardate un po’, gli hedge fund sembrano davvero in forma: la montagna di soldi che gestiscono ha schizzato a un nuovo record storico, addirittura a 5 trilioni di dollari. Come hanno fatto? Semplice, un rapido balletto tra un aumento delle allocazioni nel terzo trimestre e qualche furtiva vincita negli investimenti.
Un’analisi appena sfornata dall’inarrestabile osservatorio del settore, il Hedge Fund Research (HFR), ha mostrato che alla fine di settembre le attività globali sotto gestione toccavano quota 4,98 trilioni di dollari. Nei soli tre mesi del terzo trimestre, la torta è cresciuta di 238,4 miliardi di dollari, roba che neanche al miglior buffet di lusso.
Quanto di questa crescita è “nuovo”? Beh, 33,7 miliardi arrivano direttamente dai portafogli freschi freschi di pensioni, compagnie assicurative, fondi sovrani e qualche famiglia con il vizio di investire in modo “strategico”. A voler essere esatti, è stato il più ricco afflusso netto trimestrale dal lontano 2007, ovvero prima che la crisi finanziaria spazzasse via qualche certezza e milioni di sogni di ricchezza facile.
Il resto del balzo in alto? Proviene da quei maghi della finanza, i manager hedge, che nel giro di tre mesi si sono guadagnati un bel 5,4% – il loro indice composito di riferimento, che monitora più di 1.400 fondi, lo certifica con entusiasmo. Da inizio 2025, poi, il rally è stato ancora più spudorato, con una crescita complessiva del 9,5%.
Kenneth Heinz, presidente di HFR, non perde l’occasione per sventolare questo “storico aumento” e spiega che questo boom è spinto da una miscela molto sofisticata: fusioni e acquisizioni a go-go, le scommesse azzeccate sulla febbre dell’intelligenza artificiale e della tecnologia, e le speranze, mai vane, che i tassi di interesse si abbassino come la curva di attenzione dei politici.
Secondo Heinz, “anche se il mercato è rimasto in modalità ‘rischio acceso’, i rischi non sono spariti: i manager non si limitano a cavalcare l’onda, ma tengono anche un occhio vigile su potenziali inversioni di tendenza, che si tratti di azioni, materie prime, valute o persino criptovalute”. Insomma, ai buonisti della finanza piace vedere l’avventura a doppio taglio.
Chi ha vinto la corsa? Gli Hedge Fund Equity
Nel buffet di questa festa di miliardi, i veri trionfatori del terzo trimestre sono stati gli hedge fund azionari, quei geni che giocano in lungo e corto sui titoli, spesso armati di analisi tematiche, studi di settore e una buona dose di ricerca fondamentale sulle singole aziende.
Hanno portato a casa un roboante 7,2% di ritorni negli investimenti e hanno fatto lievitare il loro patrimonio di quasi 97 miliardi, con ben 18 miliardi provenienti da nuovi afflussi di investitori entusiasti. Così, i fondi concentrati sulle azioni si sono consolidati come la strategia principale per dimensioni, con un capitale complessivo che ha raggiunto 1,5 trilioni di dollari. Il risultato da inizio anno? Un osmoticamente insopportabile +13,6%.
Il macro, l’altra star nascosta
Non da meno sono i macro hedge fund, quei raffinati investitori che puntano tutto o quasi sulle dinamiche macroeconomiche e geopolitiche, sfruttando non solo azioni, ma anche obbligazioni, valute, materie prime e ogni altro strumento con cui si può fare un po’ di magia finanziaria.
Il terzo trimestre ha portato loro una crescita pari a 33,5 miliardi, con un flusso netto di capitali di 1,7 miliardi, portando il totale gestito a 759 miliardi di dollari. I loro ritorni d’investimento nel trimestre sono stati del 4,7%, un traguardo che ha permesso di recuperare le ferite subite all’inizio dell’anno e di presentarsi con un saldo positivo del 3,8% nei primi nove mesi del 2025.
Secondo Kenneth Heinz, gli hedge fund possono prepararsi a incassare ancora più soldi, nonostante, o meglio proprio a causa di, un mondo dove la geopolitica sembra una soap opera senza fine e la politica commerciale fa impazzire i trader della domenica.
Kenneth Heinz ha detto:
“Le istituzioni desiderano posizionarsi strategicamente di fronte a questi trend, che vedono tanto accelerazioni continue quanto ritorni difensivi. È quasi certo che aumentaranno le allocazioni a manager che hanno già dimostrato di saper navigare con bravura sia le ondate di entusiasmo sia i repentini contraccolpi del mercato. Saranno questi flussi a spingere la crescita del settore ben oltre la soglia fatidica dei 5 trilioni entro la fine dell’anno.”



