Un’iniziativa tanto lungimirante quanto prevedibile, dove i giovani caregiver italiani — quei valorosi studenti o neofiti del lavoro che si sobbarcano il peso di una persona cara affetta da malattia o disabilità — trovano finalmente uno spazio per esprimere le proprie fatiche attraverso l’arte e l’ormai onnipresente intelligenza artificiale. Il tutto grazie ai talenti emergenti della Rufa – Rome University of Fine Arts, mentre un pittoresco assortimento di fondazioni, associazioni e societĂ benefit si presta a celebrare questa tanto necessaria quanto fin troppo trascurata realtĂ .
Il progetto ribattezzato Impressions of Humanity (per chi ancora fosse incuriosito dall’inglesismo a tutti i costi) non è altro che la manifestazione tangibile del doppio ruolo della Fondazione Msd: ascoltare con finta umiltĂ i bisogni reali per poi fantasticarne in modo astratto e intellettuale. L’obiettivo dichiarato? Arrivare a un’alfabetizzazione sanitaria che, a quanto pare, solo le nuove generazioni possono sbloccare, grazie a una combinazione tra innovazione, arte e, perchĂ© no, quel pizzico di filantropia da salotto che fa tanto ‘progetto di speranza’.
Nel frattempo, quei giovani caregiver normalmente relegati all’ombra dei grandi numeri demografici e di un paese che invecchia a ritmo sostenuto, vengono finalmente illuminati da questa vetrina artistica, concedendo alla società la rara opportunità di scoprire che sì, esistono, e sì, si danno da fare almeno sette ore a settimana — ma di solito molte di più — a prendersi cura di nonni (nel 42% dei casi) e genitori (30%), come se fossimo tornati agli anni ’50, con i nipoti eroi silenziosi dell’assistenza familiare.
Per dare un tocco di scientificità all’impresa, Eikon Strategic Consulting ha condotto una lunghissima, impegnativa e segretissima indagine su scala quasi nazionale (17 regioni!) intervistando centinaia di giovani tra i 18 e i 30 anni. Questi “eroi” hanno rivelato di vivere spesso una condizione di grande stress e impegno, con ben due terzi di loro che confessa di considerare il ruolo di caregiver un peso non da poco. Perfino otto su dieci reclamano a gran voce un riconoscimento sociale e istituzionale, segno che la loro esistenza invisibile comincia finalmente a bussare alle porte di una società che, forse, vorrebbe solo ignorarli.
Nel cuore di questo progetto multiforme ci sono associazioni di ogni tipo, dalle malattie reumatologiche alle patologie oncologiche, passando per malattie rare e molto altro ancora, a riprova che il concetto di “assistenza giovanile” non è certo una nozione astratta, ma un caleidoscopio di problematiche reali e fitte di contraddizioni. Il risultato? Un mosaico vivente di umanità in lotta con un sistema che non sa ancora se valorizzare o se soffocare i propri giovani custodi.
Un ritratto impietoso ma necessario dei giovani caregiver italiani
Il quadro che emerge dall’indagine non è affatto rassicurante, ma nemmeno sorprendente: i giovani caregiver hanno in media 25 anni, divisi fra chi ha appena varcato la soglia del mondo del lavoro e chi è ancora intento a studiare. Nel frattempo, si sommano ore e ore di fatica silenziosa — da un minimo di sette fino a oltre trentacinque ore settimanali — con responsabilità che gravano soprattutto sulla cura delle generazioni più anziane e fragili.
Come se non bastasse, il riconoscimento, sociale e istituzionale, che da tempo viene loro richiesto, appare una chimera. Il sentimento di invisibilità è amplificato da un sistema di welfare familiare ancora troppo legato a vecchi schemi, in un’Italia che accelera verso una vecchiaia diffusa e spesso abbandonata.
L’antropologa Cristina Cenci ci illumina con il suo commento lapidario: i giovani caregiver si sentono, e probabilmente sono, socialmente invisibili. Aggiungiamo quel tocco finale di amarezza al quadro: invisibili ma indispensabili, ignorati ma al centro di un’emergenza demografica e sociale.
Questa combinazione di arte, tecnologia e studio statistico è l’ultimo tentativo di mettere un punto fermo su una realtà che nessuno sembra voler affrontare fino in fondo. Se non altro, il progetto dà voce a chi voce non ha ancora trovato, anche se, guardando bene, la socialità promessa rischia di rimanere un ecosistema chiuso in sé stesso, un’eco delle proprie ambizioni intellettuali.
Resta quindi da vedere se queste “Impressions of Humanity” riusciranno davvero a scuotere l’opinione pubblica, o se finiranno in un angolo della memoria collettiva assieme a tanti altri progetti più o meno lodevoli, ma destinati a svanire nell’oblio dell’indifferenza istituzionale.
Ah, l’Italia, quel paese dove l’invecchiamento della popolazione è un’emergenza, ma l’attenzione mentale a chi si prende cura degli anziani sembra essere un optional. Eppure i caregiver, coloro che quotidianamente fanno da scudo e sostegno ai nostri nonni sempre più numerosi, urlano al mondo: vogliamo essere riconosciuti e ascoltati! Peccato che solo il 36% di loro ritenga adeguato il supporto sanitario offerto – sorpresa, sorpresa!
Ma non finisce qui. Per svecchiare un po’ il concetto di “cura”, qualche giovane talento della Rufa si è messo all’opera, sotto la guida dell’artista e performer Francesca Fini, per creare opere d’arte studiate proprio per raccontare salute e sociale tramite l’intelligenza artificiale. Tecnologia e arte: la combo perfetta per far credere che, finalmente, la questione dei caregiver venga affrontata con serietĂ e innovazione. O quasi.
Marina Panfilo, direttrice di Fondazione Msd, ha osato definire questo progetto una “stella polare”. Peccato che sia una stella un po’ lontana dalla realtà di chi vive quotidianamente il peso del caregiving. Ma lodevole l’impegno a “riposizionare metodologie e linguaggi” per rendere l’informazione sulla salute “accessibile, pertinente ed efficace”, ovvero: parola d’ordine, far sembrare tutto più semplice di quanto non sia.
Le associazioni dei pazienti, tanto per non essere da meno, si sono dette «felici» di questa trovata celebrativa, pur evidenziando. con il loro consueto candore, che la narrazione proposta contrasta violentemente con il gravissimo vuoto istituzionale che grava sul tema. Tradotto: le leggi latitano, ma almeno qualche bel quadro c’è.
Sempre fantasticando sull’incrocio tra tecnologia e umanità , Marta Jovanovic, performer e docente a Rufa, ha elogiato l’uso dell’intelligenza artificiale come magico alleato creativo, capace di dare potenza espressiva alle opere degli studenti. Peccato che nella realtà quotidiana di un caregiver un algoritmo non faccia miracoli, ma è meglio lasciare lo spazio alla sperimentazione artistica, che rende tutto più “narrativo”!
Premi, Mostre e Altre Feste Dell’Apparire
Alla fine della festa, cinque opere sono state premiatamente selezionate da una giuria composta da tutti i partner del progetto. Con la solita pomposità è arrivata anche la cerimonia con il giovanissimo artista e divulgatore Jacopo Veneziani. Tutto rigorosamente in presenza nel raffinato spazio della Fondazione Pastificio Cerere a Roma, un indirizzo ormai noto per le sue aperture al contemporaneo e al sociale – almeno a parole.
La direttrice, Claudia Cavalieri, ha colto l’occasione per parlare di “inclusione sociale” e “valorizzazione del territorio”, due locuzioni passepartout per qualsiasi evento culturale che voglia apparire sensibile. Ovviamente la mostra non morirà al tramonto della cerimonia: continuerà a vivere in formato digitale e persino nel calendario della Rome Art Week, perché nulla è più democratico di ammirare l’arte dal divano di casa.
In sintesi, mentre facciamo il girotondo intorno alle belle parole e ai progetti patinati, il tema centrale – quel piccolo dettaglio chiamato “supporto concreto e legge sul caregiving giovane” – resta lì, a fumare nel dimenticatoio istituzionale. Ma tranquilli, c’è sempre l’arte e un po’ di intelligenza artificiale per consolare gli animi!



