Sono iniziati a Ginevra i colloqui diretti di de-escalation tra Stati Uniti e Cina, i primi di un drama già ben recitato nella guerra globale dei dazi che è stata avviata dall’illustre amministrazione di Donald Trump. Nella pittoresca cittadina svizzera, il segretario al Tesoro e il rappresentante per il Commercio statunitensi, Scott Bessent e Jamieson Greer, si sono riuniti con il vicepremier cinese, He Lifeng. Ma non è finita qui! Wang Xiaohong, il principale consigliere per la sicurezza del presidente Xi Jinping, fa il suo apparire da star in questa conferenza, sottolineando quanto la questione del fentanyl, una vera piaga sociale negli USA, stia diventando un tema caldissimo nei dibattiti. Chi l’avrebbe mai detto che la droga potesse unire i colossi mondiali?
Attualmente, i dazi imposti a Pechino toccano il vertiginoso 145%, con alcuni prodotti che uccidono con dazi cumulativi che arrivano fino al 245%. E la Cina, con quel galante gesto di reciproca cortesia, ha risposto applicando dazi del 125% sulle merci statunitensi. Quasi come se avessero deciso di decidere che tipo di embargo avrebbero voluto inventare tra le due maggiori economie del pianeta.
Trump, quel maestro dell’ambiguità, ha accennato a possibilità di ridurre le tariffe sulle importazioni cinesi, twittando che “un dazio dell’80% sulla Cina sembra la scelta giusta!”, perché chi non ama un buon affare a base di tariffa? La sua portavoce, Karoline Leavitt, è corsa a specificare che questo non sarebbe avvenuto unilateralmente; la Cina doveva pure piegarsi ad alcune concessioni, perché, giusto per chiarire, gli affari si fanno sempre in due, no? Venerdì, il vicepresidente svizzero, Guy Parmelin, che dovrebbe pure avere una sua occupazione da Ministro dell’Economia, ha suggerito che tra Washington e Pechino ci si potesse addirittura aspettare “una sospensione reciproca dei dazi doganali” durante questi colloqui, se non altro per mantenere il livello di entusiasmo e prolungare la sessione. Ah, il dialogo a Ginevra è già stato proclamato “una vittoria”!
