Giancarlo Gentilini e il suo sogno imperituro di governare per due decenni: pizzini e un passato mai sepolto.

Giancarlo Gentilini e il suo sogno imperituro di governare per due decenni: pizzini e un passato mai sepolto.

Il municipio di Treviso, luogo che ospiterà martedì mattina la camera ardente, è il posto ideale per imbatterti in Gentilini durante i suoi venti anni di regno. Sempre che, ovviamente, non fosse in giro per i cantieri o, più probabilmente, nei suoi amati Do Pomi o Do Mori, i suoi ristoranti preferiti. L’atrio del municipio era il punto in cui risuonava il suo caratteristico «tiri tiri» ad ogni ingresso, un avviso sonoro della sua presenza, che echeggiava nei corridoi mentre saliva verso le stanze nobili. Questo era anche il luogo dove si radunavano i cittadini, pronti a stringergli la mano o a chiedere un incontro. C’è chi ricorda un episodio in cui un cittadino, con tono deciso, chiese di essere ricevuto dal sindaco, ma l’usciere, con una calma olimpica, rispose che Gentilini era uscito e non sapeva quando avrebbe fatto ritorno. Il cittadino insisteva per il colloquio fissato, ma il mistero sul rientro del sindaco si risolse solo all’ultimo: «Gobbo mi sta aspettando», disse uno; e l’usciere rispose: «Mi scusi, pensavo cercasse Gentilini». Perché, in effetti, Gentilini era vicesindaco o pro sindaco, ma i cittadini lo continuavano a salutare con un caloroso «buongiorno sindaco» a Treviso. E chi può dimenticare il rumore distintivo dell’auto, un revival del cinema degli anni ’70, che per decenni ha riempito il cortile interno, frequentemente soggetta a manutenzione?

Passato fascista e appunti scritti a mano

Ah, Gentilini, un vero sognatore del ventennio alla Mussolini, ispirato nei toni, nella dialettica, e persino nel saluto romano, esibito dal balcone come un trofeo. Non ha mai ceduto alle pressioni di rinnegare il suo passato, un elemento che, ironicamente, ha contribuito a renderlo tanto detestato quanto amato. Gentilini, il sindaco dell’era pre-social, che non si degnava di inviare messaggi via WhatsApp, ma preferiva appunti scritti a mano per i suoi dirigenti e assessori. Naturalmente, questi non erano semplici suggerimenti; erano ordini, e erano costretti a preoccuparsi dei problemi che lui si ostinava a notare o che gli venivano segnalati.

Pacchi e pacchi di «pizzini» segnalati. E chi lo avrebbe mai detto? A quanto pare, il suo ex assessore Bepi Basso, un compagno di viaggio sin dagli anni Novanta, riceveva ancora scatole rigurgitanti di articoli di giornale con annotazioni marginali. Già, perché i suggerimenti, si sa, devono essere messi in pratica, e chi meglio di lui, lo Sceriffo, poteva dare lezioni in merito? E non dimentichiamo la giunta di Giuseppe Conte, che si è trovata sommersa da un diluvio di rimproveri, accusata di non essere all’altezza del grande maestro.

Da notare, poi, il fenomeno Gentilini, che ha fatto la sua comparsa nel palcoscenico burocratico senza mai afferrare un microfono, ma la sua voce era un vero e proprio megafono, capace di fare il giro della sala. Un uomo che non seguiva mai script precisi e si concedeva sempre un po’ di libertà espressiva—o chiamatela pure improvvisazione. La sua allergia al politicamente corretto lo ha portato a pronunciare frasi ben poco eleganti nei confronti di rom, stranieri e omosessuali, non lesinando invocazioni a cannoni e blocchi navali, tutto mentre, con la sua dolce metà, Teresina Pini, offriva aiuto alle famiglie di immigrati nel suo condominio—ovviamente nel silenzio più totale, per mantenere l’immagine di un politically incorrect di prim’ordine.

Che paradosso, vero? L’uomo che si erge a paladino della correttezza sotto certi aspetti, mentre con l’altra mano lancia offese a destra e a manca, all’insegna di una coerenza che fa rabbrividire. Ma come sempre accade, l’apparenza spesso inganna, e i gesti più “umani” si celano dietro a una cortina di contraddizioni. E così, mentre si ergeva a custode delle tradizioni, non disdegnava di scivolare nel fango della xenofobia, pur mantenendo un volto sorridente per le foto di rito. E il pubblico? Beh, il pubblico è sempre pronto a rimanere colpito dalla giostra di ipocrisie, a patto di ricevere un buon spettacolo.

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