Come da tradizione di famiglia, i due genitori hanno architettato un inganno degno di un thriller da quattro soldi per portare la figlia in Bangladesh sotto mentite spoglie. Una volta arrivata, sono spariti documenti e carta di credito — dettagli irrilevanti, si sa — e la povera ragazza ha finalmente capito il copione scritto per lei: matrimonio con un uomo molto più anziano, appartenente a una ricca famiglia. Un vero e proprio sogno infranto, condito da minacce, maltrattamenti e una sorveglianza degna di una prigione a cielo aperto.
Il peggio, come se ce ne fosse bisogno, è arrivato dopo le nozze: la giovane è stata costretta a ingurgitare farmaci “per favorire la gravidanza”, accompagnati a dovere da calmanti per spegnere ogni cenno di volontà personale. Fantastico, no? La presunta felicità di una rapida maternità è diventata così la scusa perfetta perché la ragazza potesse purtroppo diventare ostaggio non solo fisico, ma anche chimico dei suoi stessi genitori.
Come in ogni bella storia, c’è un barlume di speranza: sfruttando proprio l’insistente voglia di maternità dei genitori, la giovane ha furbescamente ottenuto un permesso temporaneo per tornare in Italia e respirare un poco di libertà. Giunta all’aeroporto di Bologna ad aprile, è stata subito “salvata” dai carabinieri del Nucleo investigativo, che l’hanno portata in un luogo segreto dove ha potuto finalmente raccontare l’incubo vissuto.
Ovviamente, il salvataggio non è stato fatto in solitudine: associazioni e strutture dedicate alle donne vittime di violenza hanno tessuto una ragnatela di supporto, in sinergia perfetta con l’Arma, dando finalmente alla ragazza quella rete di protezione che nessuno dei suoi cari aveva mai mostrato.
E cosa dire dei genitori? Beh, non sono fuggiti in qualche remoto angolo del pianeta, ma sono stati trovati tranquillamente nella loro casa e messi agli arresti domiciliari, con la speranza che almeno l’autorità giudiziaria riesca a fare il minimo indispensabile per impedire che questa telenovela finisca male di nuovo.



