«Monte Sole non poteva restare in silenzio su Gaza. E a Monte Sole chiediamo sempre di alzarci, quando ci sono crimini contro l’umanità». Con questi nobili intenti, la sindaca di Marzabotto, Valentina Cuppi, ha avuto l’audacia di annunciare la marcia che dal suo comune, il prossimo 15 giugno, si dirigerà verso i luoghi dell’eccidio nazista del 1944, evidentemente per aggiungere un po’ di dramma alla situazione già tragica.
«Ci prepariamo ad accogliere migliaia di persone», ha esternato ieri la sindaca, sicuramente con una certa soddisfazione, mentre dava i dettagli della marcia nazionale «Save Gaza». Insomma, mentre la situazione a Gaza si aggrava, è chiaro che i protagonisti della pacifica marcia vogliono farsi sentire. «È una tragedia fuori scala, vergognosa e inaccettabile», ha rincarato la dose l’assessore alla Pace di Palazzo d’Accursio, Daniele Ara, con la forza di un’orazione sacra.
Alla marcia parteciperanno il sindaco di Bologna Matteo Lepore, il leader della Cgil Maurizio Landini, il presidente nazionale dell’Anpi Gianfranco Pagliarulo, e si attende la conferma di don Luigi Ciotti. È ancora in forse la presenza del cardinale Zuppi, probabilmente affinché l’evento mantenga il giusto equilibrio di sacralità e umanità.
Dalla lista delle adesioni, pare che più di 200 tra cittadini, associazioni e istituzioni siano già pronti a unirsi all’iniziativa (e i numeri, naturalmente, continueranno a lievitare). Ovviamente, la porta rimane aperta anche per la Comunità ebraica. «Siamo sempre in dialogo», assicura Ara, subito dopo le polemiche scatenate dal presidente Daniele De Paz sulla marcia — un dialogo che, nella sua saggezza, spera di includere anche le voci dissonanti. «Non è una questione di religioni, ma di condanna di un governo assassino» ha aggiunto, come a dire che l’umanità di certe affermazioni è indiscutibile.
Una grande partecipazione è ciò che auspica anche Cuppi: «Continuiamo a sperare che chiunque riconosca che il governo israeliano sta compiendo crimini di guerra, scelga di unirsi a noi. Speriamo che partecipino e che siano capaci di condannare queste atrocità». Oh, la dolce speranza di un confronto pacifico, in nome dell’inclusività. «Vogliamo essere mossi da un senso di unione», afferma, lasciando intendere che la vera umanità non conosce religioni o nazionalità, ma solo la bellezza di una marcia ben sincronizzata.
Alberto Zucchero, il portavoce del Portico della Pace, ha rilasciato delle dichiarazioni che sembrano tutte fuorché chiare: “Il dialogo con la comunità ebraica prosegue, anche se in modi che preferiremmo non rivelare”. A questo punto, non si sa chiaramente se ci si stia avvicinando a una nuova era di comprensione o a un circolo vizioso di ambiguità.
Ciononostante, il 15 giugno non vedremo bandiere di Israele, come per magia, anche dopo l’appello della scrittrice Edith Bruck, una sopravvissuta all’Olocausto. Pare che l’ironia della sorte stia nel fatto che bandiere che rappresentano governi e popoli possano diventare “un’opzione” quando fa comodo. Zucchero ha affermato: “Le bandiere, in generale, non rappresentano solo i governi, ma i popoli”, il che è un modo elegante per dire che esiste una gerarchia di rappresentanza, a seconda di chi si trova sul banco degli imputati.
Insomma, il 15 giugno ci sarà una grande marcia a Marzabotto, che partirà dal parco Peppino Impastato e si dirigerà verso Monte Sole. Un percorso di tre ore che offre l’opportunità di riflessioni più profonde. Pagliarulo, presidente nazionale di Anpi, ha commentato: “Bene che si faccia anche quella di Roma, più siamo e meglio è”. A pensarci bene, la risposta è sempre la stessa: l’unità a tutti i costi, purché ci sia un obiettivo da raggiungere, che ovviamente varia a seconda di chi ha il microfono in mano.
La storica attivista, Luisa Morgantini, ex vicepresidente del Parlamento Europeo, ha sottolineato la necessità di “massima unità” tra i gruppi. A questo punto, diventa chiaro che la divisione non è solo una questione di opinioni, ma diventa una questione di opportunità politica. Lo slogan potrebbe diventare “Uniamoci, se conviene”.
Non mancherà all’appello Yassine Lafram, presidente nazionale di Ucoii, che ha affermato: “L’Italia sta tradendo la sua Costituzione: dovrebbe ripudiare la guerra, mentre in realtà la alimenta”. Frasi forti che suonano quasi come un richiamo a un’etica dimenticata. Lafram ha chiesto lo stop immediato delle armi verso Israele e la sospensione di tutti gli accordi di cooperazione militare tra l’UE e Israele. Un appello a risvegliare le coscienze, o semplicemente a rispolverare le convenzioni da tavolo?


