I pochi dati grezzi che il professor Francesco De Stefano ha preferito non allegare alla sua perizia saranno finalmente messi sul piatto della bilancia. Probabilmente già la prossima settimana, questi dati finiranno nelle mani di Denise Albani, la perita e genetista che adesso si deve districare in questo intricato giallo legato all’omicidio di Chiara Poggi. Nel mirino, tra le altre cose, c’è il nuovo fascicolo che vede indagato Andrea Sempio, amico del fratello della povera ventiseienne uccisa a Garlasco il 13 agosto 2007. Sorpresa, sorpresa.
Era inevitabile: uno degli elementi chiave dell’incidente probatorio è proprio quel fastidioso bisogno di avere tutti i dati in mano. Certo, la faccenda rimane più che altro teorica, visto che le unghie della vittima si erano già consumate nel tentativo precedente di cavar fuori qualche traccia di DNA maschile. Inutile dire che questa fragilità ha costretto a chiedere una proroga per indagare ancora, con la giudice per le indagini preliminari Daniela Garlaschelli di Pavia che dovrà prendere la fatidica decisione nella prossima udienza del 26 settembre.
Perché tutta questa insistenza sul DNA maschile? Beh, è il nodo gordiano di questa ennesima inchiesta su un delitto che, almeno in teoria, ha già un colpevole. Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva a 16 anni di carcere per quell’omicidio. Nel famigerato processo d’appello bis contro il suo ex fidanzato, si è anche portata in aula la perizia di De Stefano, che però ha sfornato risultati più incostanti di una soap opera: tracce genetiche troppo degrade per attribuire un’identità certa. Fino a oggi, tutti – compresa la difesa di Stasi – hanno sottolineato questa impossibilità. Ora, però, la Procura di Pavia e persino gli avvocati del condannato si sono fatti coraggio e puntano dritti a identificare Sempio come il proprietario del DNA rinvenuto sul bordo delle unghie di Chiara.
Inutile dire che le parti opposte – cioè i difensori di Sempio e la famiglia Poggi – non sono d’accordo. Come sempre, insomma, il gioco si riapre ma con l’ironia che non manca mai nel doversi soffermare sul fatto che sotto le unghie di Chiara, l’esame del Ris di Parma non aveva portato a rilevare alcun DNA maschile. Alla disperata caccia del killer, si decise allora di raccogliere tutti i frammenti delle unghie di entrambe le mani per un’ulteriore analisi. Peccato che anche questa seconda perizia non sia servita a identificare un unico uomo: i due DNA degradati rilevati non sono mai stati attribuiti a un soggetto maschile specifico.
Adesso, il pallino passa a Denise Albani. Sarà lei a stabilire come procedere con l’analisi degli elettroferogrammi, quei grafici che mostrano i dati grezzi del sequenziamento del DNA sotto forma di picchi. E soprattutto dovrà decidere se ha abbastanza spunti per tentare un confronto degno di questo nome. Sarà uno spettacolo istruttivo guardare come si muoveranno questi dati tra i tanti dubbi, le molte promesse e le infinite polemiche che da anni scandiscono questa vicenda a dir poco controversa.