Funzionari della Casa Bianca rivelano: 50 richieste di trattativa sui dazi, il clima è incandescente

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Il 25 aprile è alle porte e l’Italia si prepara a festeggiare l’80° anniversario della Liberazione, un momento che viene spacciato per “fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione”. Parole che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ben articolato nel suo ultimo discorso di fine anno, ma che nascondono un’affermazione ben più complessa nel contesto attuale. Questo approccio al passato sembra farci credere che ogni giorno sia una celebrazione, ma cosa accade quando contempliamo il presente?

Un pellegrinaggio laico o un girotondo propagandistico?

Il discorso di Mattarella è segno di un pensiero che si è voluto tutto racchiudere in un volume curato da Roberto Cicala. Mentre ci viene venduto come un percorso di lettura sulla identità italiana e sulla storia dell’Europa, ci si potrebbe chiedere: in quale realtà stiamo davvero vivendo? La patria descritta sembra più un’idea gloriosa del passato piuttosto che una sostanza fissa nella nostra attualità, dove valori come libertà e solidarietà sembrano vacillare sotto le pressioni di una crisi sociale sempre più marcata.

Una pace precaria?

Il percorso di pace che ci propinano è un’illusione basata su una comunanza di ideali che, rivelandosi, non si traduce in concretezza. Le attese storiche dei partigiani di liberare l’Europa dall’orrore della guerra sono state tradotte in un retorico “la pace è stata la promessa realizzata dalla Repubblica”. Ma le fratture sociali e le tensioni geopolitiche sembrano suggerirci altro. Siamo forse un paese dove la commemorazione ha sovrascritto la necessità di azioni reali nel presente?

Radici o rami secchi?

I luoghi evocati dalla memoria del presidente, simboli di lotta per la dignità, rischiano di diventare monumenti di un passato idealizzato. Per ogni ossario e mausoleo ci dovrebbe essere una riflessione su cosa realmente hanno significato per le vite di gente comune, costretta a dire di “no” ai soprusi. Queste storie, che dovrebbero renderci orgogliosi, possono anche risultare un’arma a doppio taglio se non ricordano la realtà delle sofferenze quotidiane.

Ritorno al passato o una lezione da ricordare?

Il lockdown della pandemia ha visto il presidente rendere omaggio all’Altare della Patria, un momento purtroppo carico di simbolismo. Ci si ricorda della resilienza italiana, ma ci si dimentica di come le crisi del presente richiedano azioni concrete e non solo belle parole. Riflessioni sulla Resistenza si intrecciano con la narrazione della guerra in Ucraina, ma la domanda è: dove sono le risposte serie e tangibili che dovrebbero emergere da chi ci governa?

Possibili soluzioni: il mondo ideale vs. il mondo reale

Se dovessimo cercare possibili soluzioni a questa apparente contraddizione, potremmo iniziare da una maggiore trasparenza nei discorsi ufficiali e una responsabilità tangibile nell’applicazione delle promesse passate. È semplice esaltare una gloriosa storia, ma cosa succederà quando le parole dovranno tradursi in azioni affrontando le emergenze sociali, politiche e umanitarie attuali? Un’improbabile unità europea non basta, se non c’è un reale impegno a garantire dignità e rispetto per ogni individuo. E così, ci rimane una domanda: possiamo permetterci di continuare a celebrare una storia illustre mentre trascuriamo il presente? E, soprattutto, a quale costo?

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