Ironia della sorte: mentre il dibattito sul terzo mandato per il presidente della Provincia si accende, pare che le acque non siano poi così tranquille all’interno della coalizione di centrodestra. In un contesto dove si predica un’unità di intenti, scopriamo che sotto la superficie ci sono già delle defezioni. Ne è un esempio il leghista Mirko Bisesti, il quale afferma con nonchalance: «Voto segreto? Io non lo chiederò». Eppure, parrebbe che la lezione del passato non sia stata appresa.
Un’ora di dibattito o un’opera teatrale?
Il presidente del consiglio Claudio Soini ha messo in agenda riunioni “extra-large”, ma quanto di queste ore saranno veramente dedicate a dibattere l’argomento? Con la delicatezza della questione in ballo, è probabile che i veri confronti scoppieranno solo nei prossimi giorni, mentre le prospettive di una «quadra» all’interno della maggioranza rimangono nebulose. Per ora, sembra più un episodio di teatro dell’assurdo che una seduta realmente costruttiva.
Alla ricerca del voto perduto
Il disegno di legge sul terzo mandato agita il centrodestra, ma non per il motivo che ci si potrebbe aspettare: il Fratelli d’Italia, da sempre contraria, si rivela più flessibile del previsto, con indiscrezioni che suggeriscono una coesione meno granitica tra i meloniani di quanto qualcuno vorrebbe far credere. L’opposizione, da parte sua, sfrutta l’occasione per osservare le disputatio interne. Dopo aver chiesto a gran voce di non avere «tempi contingentati», sembra quasi godere dello spettacolo di un’associazione di partiti che si dimena per trovare un consenso.
Questioni di urgenza o improvvisazioni legali?
Il disegno di legge, che è stato accettato in modalità urgente, presenta un solo articolo per estendere i mandati del governatore a tre. Ma la decisione di non toccare altri aspetti della legge elettorale ha sollevato più di qualche sopracciglio. È paradossale che proprio l’idea di una legge elettorale “blindata” possa diventare motivo di contention: il Patt e altri partiti avrebbero voluto ampliare il dibattito a temi più ampi, ma la risposta è stata un secco rifiuto.
Possibili soluzioni o solo illusioni?
Quindi, quali sono le soluzioni a questa farsa? Sostenere realmente un dialogo tra le forze in campo, abbandonando la retorica dei mandati perpetui? Forse sarebbe opportuno dare un’occhiata a paesi attratti da modelli più efficaci di governance che mettono il bene comune sopra le ambizioni personali. Ma chissà, la sinfonia della politica potrebbe continuare a suonare sempre le stesse note, mentre il pubblico resta a seguirne il concerto, quasi rassegnato nel suo attento disinteresse.
Un dramma politico si consuma nella quiete apparente del consiglio, dove gli scontri per il terzo mandato si intrecciano con promesse vuote e manovre più che discutibili. Sorprende come il disegno di legge presentato da Claudio Cia (Misto) trovi in Fratelli d’Italia un clima tanto nervoso che, pur di mantenere il proprio corso, si affida a Simone Marchiori per piantare bandierine su modifiche future in cambio di un appoggio tanto traballante quanto opportuno.
La conta dei voti
All’inizio di marzo, la prima commissione ha bloccato il progetto, evidenziando un contrasto netto: i membri dell’opposizione uniti contro una maggioranza che serpeggia nel dubbio. Solo Carlo Daldoss, di Fratelli d’Italia, si distingue, creando un preludio per un confronto tanto delicato quanto sconclusionato. Attualmente, con 17 voti a favore, la situazione è precipitata: per ottenere il via libera, servono almeno 18 consensi, quello che parrebbe essere un nodo cruciale incastrato fra ambizioni e incoerenze.
La posizione di Fratelli d’Italia
Il coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia ha fissato una posizione contraddittoria: pur affermando una linea di contrarietà, non esclude che Daldoss e Christian Girardi possano decidere di migrare dai loro principi. Eppure, Daniele Biada, il capogruppo meloniano, si chiede: “Cosa succederà se il nostro disegno di legge viene bocciato da Roma?” Un esempio emblematico di come la coerenza sembri avere un valore puramente decorativo in un contesto politico dove pragmatismo e opportunismo si intrecciano con preoccupante disinvoltura.
E la volontà di votare?
Bisesti, da parte sua, sembra mantenere una finta ottimismo. Si permette il lusso di affermare che la questione, “non è nel programma di coalizione” ma, incredibilmente, “le considerazioni sono andate in questa direzione”. Ma, nella sua cautela, si pone una domanda fondamentale: sarà possibile il voto segreto? La risposta, chiara nella sua ambiguità, è che il loro voto “è chiaro”. Chiaro per chi, però? E quale chiarezza si può attribuire a decisioni che si muovono tra furbizie e rassegnazioni?
Conclusione e riflessioni finali
Riflettendo su questo ingorgo burocratico, diventa evidente che i giocatori di questa scena politica sembrano più preoccupati del risultato immediato che non di una vera riforma. La coerenza interna è andata in frantumi a beneficio di alleanze temporanee che promettono più confusione che soluzioni. Davanti a tali contraddizioni, quale potrebbe essere un piano di salvezza? Potremmo proporre una maggiore trasparenza e un dialogo reale nelle decisioni politiche, ma chi ha davvero interesse a perseguire queste nobili ambizioni? La visione di un’assemblea politica sana è a dir poco un sogno irraggiungibile davanti a una realtà che continua a scrivere scenari assurdi.